Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22969 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22969 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Livorno il DATA_NASCITA;
avverso il decreto del Presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze del 09/11/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria COGNOME del difensore AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME che ha insistito per I’ annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto in epigrafe il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art.666, comma 2, cod. proc. pen., l’istanza di affidamento in prova proposta in data 24 agosto 2021 nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento alla condanna inflittagli dalla Corte di appello di Firenze con sentenza pronunciata il 21 luglio 2020.
La inammissibilità della richiesta è stata motivata sulla base della entità della pena residua superiore al limite di anni quattro stabilito dall’art.47 Ord. pen.
Avverso il predetto decreto il condannato, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo p l’annullamento del provvedimento impugnato.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma l, lett. e) , cod. proc. pen., il vizio di motivazione non essendo state esplicitate le ragioni della declaratoria di inammissibilità della richiesta, considerato che nel decreto è stata richiamata una successiva condanna inflitta a NOME COGNOME con sentenza della Corte di appello di Firenze del 22 novembre 2022, senza che la relativa pena sia stata sommata a quella oggetto della originaria richiesta.
Inoltre, secondo il condannato, vi è stato il mancato rispetto dei termini di cui all’art.21.241/90 per decidere sulla domanda di affidamento in prova, che qualora fossero stati rispettati avrebbe permesso la concessione della invocata misura alternativa alla detenzione poiché la pena inflitta con la sentenza del 21 luglio 2020 era inferiore al limite di anni quattro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Anzitutto il richiamo all’art.21.241/90 è inconferente atteso che esso riguarda il procedimento amministrativo e non già i procedimenti giurisdizionali come quello in esame. Ciò posto, si osserva che il ricorso è manifestamente infondato e che, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
2.Invero, il provvedimento impugnato – pur non avendo riportato il provvedimento di cumulo di cui appresso – ha comunque esplicitato le ragioni della declaratoria di inammissibilità della istanza di affidamento in prova poiché la pena, complessivamente ancora da espiare da parte dell’odierno ricorrente, era superiore ad anni quattro. Tale circostanza, peraltro non specificamente contestata dal condannato, risulta dal provvedimento di cumulo n.NUMERO_DOCUMENTO
della Procura generale presso la Corte di appello di Firenze del 2 novembre 2023 allegato allo stesso ricorso.
Al riguardo va ricordato il condivisibile principio secondo cui la declaratoria di inammissibilità di istanza di affidamento in prova al servizio sociale, adottata “de plano” dal Presidente del Tribunale di sorveglianza, sul rilievo che l’entità della pena residua da espiare è superiore al limite massimo previsto dalla legge per l’ammissione alla misura alternativa è legittima anche se, trattandosi di pena risultante da più sentenze di condanna, ancora non sia intervenuto il provvedimento di unificazione da parte del competente ufficio del pubblico ministero (Sez. 1, Sentenza n. 17029 del 27/03/2003, Rv. 224160 – 01).
Pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 10 maggio 2024.