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Affidamento in prova: si può concedere senza UEPE?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Procuratore Generale contro la concessione dell’affidamento in prova a un condannato. La Suprema Corte ha stabilito che il Tribunale di Sorveglianza può concedere la misura anche in assenza della relazione dell’UEPE, a condizione che disponga di elementi positivi sufficienti (come buona condotta, domicilio idoneo e attività lavorativa) per formulare un giudizio prognostico favorevole sul reinserimento sociale del soggetto.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: Concessione Possibile Anche Senza Relazione UEPE

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nell’ambito delle misure alternative alla detenzione: la possibilità di concedere l’affidamento in prova al servizio sociale anche in assenza della relazione informativa dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE). La decisione chiarisce che la valutazione del giudice di sorveglianza può fondarsi su altri elementi positivi, a condizione che questi siano sufficienti a formulare un giudizio prognostico favorevole sul percorso di reinserimento del condannato.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia aveva concesso la misura dell’affidamento in prova a un uomo condannato per un reato legato agli stupefacenti, con una pena residua di due anni e tre mesi. La decisione si basava su diversi elementi positivi: il condannato disponeva di un domicilio idoneo, non aveva pendenze né segnalazioni recenti, vantava un unico precedente risalente a diversi anni prima (2015) e, dopo la commissione del reato per cui era stato condannato (2020), aveva mantenuto una condotta regolare. Inoltre, aveva recentemente avviato un’attività lavorativa in proprio, documentata da una visura camerale.

Il Tribunale ha ritenuto che questi fattori, nel loro complesso, fossero sufficienti a giustificare la concessione della misura alternativa, anche in mancanza della relazione sull’indagine socio-familiare dell’UEPE, considerandola idonea a favorire il riadattamento sociale del reo e a preservare le sue attuali risorse personali e familiari.

Contro questa ordinanza, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la gravità del reato, la presunta assenza di prova sull’effettiva attività lavorativa e, soprattutto, la decisione del Tribunale di procedere senza acquisire la relazione dell’UEPE.

La Decisione della Cassazione e l’affidamento in prova

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del Procuratore Generale inammissibile. I giudici di legittimità hanno ribadito che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza era immune da vizi logici o giuridici. L’organo di sorveglianza aveva correttamente bilanciato tutti gli elementi a sua disposizione, giungendo a una conclusione motivata e coerente.

Il ricorso del Procuratore è stato interpretato come un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, un’operazione preclusa in sede di legittimità, dove il giudizio della Cassazione è limitato alla corretta applicazione della legge e non al merito delle scelte fattuali operate dai giudici dei gradi precedenti.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione risiede nel principio secondo cui, per la concessione di una misura alternativa, non basta l’assenza di elementi negativi (come il rispetto dei limiti di pena o l’assenza di reati ostativi), ma è necessaria la presenza di elementi positivi che supportino un giudizio prognostico favorevole. Tali elementi devono indicare che il percorso alternativo al carcere possa prevenire il pericolo di recidiva e favorire il reinserimento sociale.

La Corte di Cassazione ha evidenziato come il Tribunale di Sorveglianza abbia fatto buon governo di questi principi. Ha valorizzato:

1. La condotta post-reato: il mantenimento di un comportamento regolare dopo la commissione del fatto è un sintomo di una possibile evoluzione positiva della personalità.
2. La stabilità personale: la disponibilità di un domicilio idoneo e l’avvio di un’attività lavorativa autonoma sono stati considerati indici concreti di un percorso di reinserimento già in atto.
3. L’assenza di altri segnali di pericolo: l’unico precedente era datato e non vi erano altre pendenze a carico del soggetto.

Cruciale è il passaggio in cui la Corte affronta la questione della mancata relazione dell’UEPE. Citando la propria giurisprudenza consolidata, la Cassazione ha affermato un principio applicabile in entrambe le direzioni: così come il giudice non è obbligato a disporre ulteriori accertamenti se gli atti già rivelano l’inidoneità della misura, allo stesso modo non è tenuto a farlo se gli elementi positivi forniti dall’interessato sono già sufficienti a fondare una valutazione favorevole. La decisione di procedere senza attendere la relazione dell’UEPE è, quindi, una scelta discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata, come nel caso di specie.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza la discrezionalità del Tribunale di Sorveglianza nella valutazione delle istanze di misure alternative. Stabilisce che la relazione dell’UEPE, pur essendo uno strumento di grande importanza, non è un presupposto indispensabile e insostituibile. Laddove il condannato fornisca prove concrete e sufficienti del suo percorso di risocializzazione (stabilità lavorativa, familiare, condotta irreprensibile), il giudice può legittimamente concedere l’affidamento in prova. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di una valutazione individualizzata e basata su dati di fatto concreti, finalizzata a promuovere l’effettivo reinserimento sociale del condannato, in linea con il principio costituzionale della funzione rieducativa della pena.

È possibile ottenere l’affidamento in prova senza la relazione dell’UEPE?
Sì, è possibile. La Corte di Cassazione ha chiarito che se il Tribunale di Sorveglianza dispone di elementi fattuali positivi e sufficienti (come una condotta regolare, un domicilio idoneo e un’attività lavorativa comprovata), può concedere la misura anche in assenza della relazione dell’UEPE, ritenendo tali elementi adeguati a formulare un giudizio prognostico favorevole.

Quali elementi positivi valuta il giudice per concedere l’affidamento in prova?
Il giudice valuta il comportamento tenuto dal condannato dopo la commissione del reato, la sua situazione personale e familiare, l’eventuale svolgimento di un’attività lavorativa, l’assenza di ulteriori pendenze giudiziarie e, più in generale, ogni sintomo di una positiva evoluzione della sua personalità che renda possibile il reinserimento sociale.

Il Procuratore Generale può ricorrere in Cassazione per chiedere una nuova valutazione dei fatti?
No. Il ricorso in Cassazione è consentito solo per vizi di legittimità (violazione di legge o vizi di motivazione). Non può essere utilizzato per chiedere una rivalutazione degli elementi di fatto già esaminati dal giudice di merito, la cui valutazione, se correttamente e logicamente motivata, non è sindacabile dalla Suprema Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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