Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43847 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43847 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI VENEZIA,
nel procedimento nei confronti di NOME nato il 22/09/1987
avverso l’ordinanza del 28/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Venezia, con l’ordinanza in preambolo, ha concesso a NOME COGNOME libero in sospensione della pena ex art. 656, comma 5, cod. proc. pen., la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla residua pena di due anni e tre mesi di reclusione, di cui alla sentenza del GIP del Tribunale di Venezia del 16/06/2021, per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990 commesso nel 2020.
A ragione, il Tribunale osservava come a carico del Kikaj, che dispone di un domicilio idoneo, non vi fossero né pendenze né iscrizioni né segnalazioni da parte delle forze dell’ordine, ma un solo precedente risalente al 2015, e che, dopo la commissione del reato in espiazione, il condannato aveva mantenuto una condotta regolare; concludeva pertanto come la concessione della più ampia misura alternativa, pur in assenza della relazione sull’indagine socio familiare dell’UEPE, e nonostante l’assenza di revisione critica rispetto al reato commesso «permetterà al COGNOME di proseguire l’attività in proprio avviata solo a gennaio 2024, di svolgere l’attività gratuita in favore della collettività e di coltivare il rapporto con la figlia, favorendo così il riadattamento sociale del reo e la conservazione delle attuali risorse personali».
Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia che chiede l’annullamento con rinvio del provvedimento, evidenziando innanzitutto la gravità del fatto attualmente in espiazione; osserva poi come non risulti comprovata l’attività lavorativa asseritamente intrapresa in proprio dal condannato nel gennaio 2024, e censura la decisione del Tribunale assunta senza avere acquisito la relazione dell’UEPE.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Giova premettere che ai fini della concessione di una misura alternativa alla detenzione non è sufficiente l’assenza di indicazioni negative, quali il mancato superamento dei limiti massimi, fissati per legge, della pena da scontare e l’assenza di reati ostativi, ma occorre che risultino elementi positivi, che
consentano un giudizio prognostico favorevole della prova (quanto in particolare all’affidamento in prova) e di prevenzione del pericolo di recidiva. Tali considerazioni, peraltro, devono essere inquadrate alla luce del più generale principio per il quale l’opportunità del trattamento alternativo non può prescindere dall’esistenza di un serio processo, già avviato, di revisione critica del passato delinquenziale e di risocializzazione – che va motivatamente escluso attraverso il riferimento a dati fattuali obiettivamente certi -, oltre che dalla concreta praticabilità del beneficio stesso, essendo ovvio che la facoltà di ammettere a una misura alternativa presuppone la verifica dell’esistenza dei presupposti relativi all’emenda del soggetto e alle finalità rieducative. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, inoltre, il giudice, pur non potendo prescindere, nella valutazione dei presupposti per la concessione di una misura alternativa, dalla tipologia e gravità dei reati commessi, deve, tuttavia, avere soprattutto riguardo al comportamento e alla situazione del soggetto dopo i fatti per cui è stata inflitta la condanna in esecuzione, onde verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e condizioni che rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa (Sez. 1 n. 20469 del 23/04/2014, Canterini, e Sez. 1, n. 17021 del 09/01/15, Nucera). Lo svolgimento di attività lavorativa, pur rappresentando un mezzo di reinserimento sociale valutabile nel più generale giudizio sulla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, non costituisce da solo, qualora mancante, condizione ostativa all’applicabilità di detta misura, trattandosi di parametro apprezzabile unitamente agli altri elementi sottoposti alla valutazione del giudice di merito (Sez. 1, n. 5076 del 21/09/1999, COGNOME, Rv. 214424) e potendo tale requisito essere surrogato da un’attività socialmente utile anche di tipo volontaristico (Sez. 1, n. 18939 del 26/02/2013, E. A., Rv. 256024).
Il provvedimento impugnato fa buon governo dei principi giurisprudenziali menzionati.
Invero, nel valutare la personalità del condannato nell’ottica del suo reinserimento sociale e della sua rieducazione, il Tribunale a quo evidenzia che: l’unico precedente (per il reato di cui all’art. 55 co. 2 d.lgs. 231 del 2007) riguarda un fatto commesso nel 2015; il condannato non ha né pendenze né ulteriori iscrizioni; dopo la commissione del reato in espiazione, dall’ottobre 2020, il condannato ha mantenuto una condotta regolare; egli ha un domicilio idoneo; ha avviato un’attività in proprio nel gennaio 2024, come ritenuto comprovato dall’allegazione della visura dell’impresa intrapresa.
Il Tribunale ha quindi ritenuto che le emergenze procedimentali emerse nel corso del giudizio fossero sufficienti a fondare una positiva valutazione dei
presupposti per l’accesso alla misura alternativa richiesta, pur in assenza della relazione dell’UEPE.
Ritiene a tale proposito il Collegio che il principio di diritto ripetutamente affermato da questa Corte di legittimità, a mente del quale «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, il tribunale di sorveglianza, chiamato a decidere su u un’istanza presentata da un condannato in stato di libertà, non ha l’obbligo di effettuare accertamenti ulteriori sulla personalità del richiedente, qualora le risultanze documentali rivelino l’inidoneità della misura richiesta» (Sez. 1, n. 26232 del 07/07/2020, COGNOME, Rv. 279581 – 01; Sez. 7, n. 7724 del 12/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 261292 – 01), debba trovare applicazione anche nel caso, come avvenuto nel caso di specie, in cui la valutazione degli elementi positivi sottoposti dall’istante al Tribunale siano sufficienti a ritenere il condannato meritevole di essere ammesso ad una misura alternativa.
A fronte del percorso argomentativo sopra esposto, scevro da vizi logici e giuridici, posto dal Tribunale a fondamento della decisione, il Procuratore generale nel suo ricorso invita, nei termini sopra riportati, ad una mera rivalutazione, non consentita, degli elementi fattuali posti, correttamente e coerentemente con i principi sopra menzionati, a fondamento della concessione della misura alternativa.
La natura pubblica della parte ricorrente osta alla condanna alle spese processuali, in deroga agli ordinari principi in materia di soccombenza (Sez. U, n. 3775 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271650-01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 16/10/2024