Affidamento in prova: perché un’attività lavorativa o di volontariato è cruciale
L’ordinamento penale italiano prevede diverse misure alternative alla detenzione, finalizzate alla rieducazione e al reinserimento sociale del condannato. Tra queste, l’affidamento in prova al servizio sociale riveste un ruolo centrale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per accedere a questa misura, non basta la semplice assenza di pericolosità, ma è necessario un progetto concreto di reinserimento, fondato su attività tangibili come il lavoro o il volontariato.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato riguarda un condannato che si è visto negare l’affidamento in prova dal Tribunale di Sorveglianza. Al posto della misura richiesta, i giudici avevano optato per una soluzione più contenitiva, la detenzione domiciliare. La motivazione di tale scelta risiedeva nella mancanza, da parte del richiedente, di una proposta concreta di attività (lavorativa, di volontariato, formativa o di pubblica utilità) che potesse sostenere un percorso rieducativo. Ritenendo ingiusta la decisione, il condannato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un difetto di motivazione.
L’analisi della Corte e il valore dell’affidamento in prova
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in pieno la validità del ragionamento del Tribunale di Sorveglianza. I giudici supremi hanno chiarito che il ricorso, in realtà, non evidenziava reali vizi giuridici, ma mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità.
Nel merito, la Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato. Se è vero che un contratto di lavoro stabile non è un prerequisito assoluto per la concessione dell’affidamento in prova, è altrettanto vero che l’esistenza di un’attività strutturata è uno degli elementi più importanti per formulare un giudizio prognostico favorevole. L’assenza totale di proposte concrete – siano esse lavorative, di volontariato o formative – rende impossibile per il giudice prevedere un esito positivo della prova, poiché manca la base stessa su cui costruire un percorso di reinserimento sociale.
Le motivazioni
La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa dell’affidamento in prova. Questa misura non è una semplice alternativa al carcere, ma un percorso attivo di rieducazione. La sua efficacia dipende dalla capacità del condannato di impegnarsi in attività che lo riconnettano positivamente con la società. Secondo la Corte, il Tribunale di Sorveglianza ha correttamente valutato che l’assenza di qualsiasi prospettiva lavorativa o di impegno sociale rendeva la misura inidonea a contribuire concretamente alla rieducazione del soggetto. La valutazione del giudice di merito è stata considerata esaustiva, logica e rispettosa dei presupposti normativi, in quanto ha legato la prognosi negativa proprio alla mancanza di elementi concreti su cui fondare un percorso di recupero.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame offre un’indicazione pratica molto chiara: chi aspira a ottenere l’affidamento in prova deve presentare al Tribunale di Sorveglianza un progetto di vita credibile e strutturato. Non è sufficiente manifestare l’intenzione di cambiare; è indispensabile dimostrare, con proposte concrete, come si intende impiegare il proprio tempo in modo costruttivo. Che si tratti di un lavoro, di un’attività di volontariato, di un percorso di studi o di lavori socialmente utili, è fondamentale fornire al giudice gli elementi necessari per formulare un giudizio prognostico positivo. In assenza di ciò, come dimostra questo caso, i giudici sono legittimati a negare la misura e a optare per soluzioni alternative più contenitive.
È obbligatorio avere un contratto di lavoro stabile per ottenere l’affidamento in prova?
No, secondo la Corte non è un requisito indispensabile. Tuttavia, l’assenza totale di un’attività lavorativa, di volontariato o formativa può impedire la concessione della misura, in quanto tali attività sono elementi fondamentali per una prognosi favorevole sul reinserimento del condannato.
Perché il Tribunale di Sorveglianza ha negato l’affidamento in prova al ricorrente?
Lo ha negato per la mancanza di proposte concrete di attività lavorative, lavori socialmente utili, volontariato o percorsi formativi. Questa assenza ha reso impossibile formulare una prognosi positiva sull’esito della prova e sulla concreta rieducazione del condannato.
Cosa significa che il ricorso è stato dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte di Cassazione non ha esaminato il caso nel merito perché ha ritenuto che i motivi del ricorso non fossero validi. Il ricorrente, invece di denunciare una reale violazione di legge o un difetto di motivazione, stava semplicemente chiedendo ai giudici di rivalutare i fatti, cosa che non è permessa in quella sede.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27553 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27553 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a VENEZIA il 04/12/1964
avverso l’ordinanza del 26/03/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Rilevato che entrambi i motivi dedotti da NOME COGNOME per quanto formalmente denunzino rispettivamente violazione di legge e vizio di motivazione, si risolvono nella sollecitazione di apprezzamenti da sovrapporre a quelli, non manifestamente illogici, del giudice del merito e sono comunque manifestamente infondati laddove pongono questioni giuridiche o deducono vizi motivazionali.
Il Tribunale di sorveglianza ha giustificato, con apparato argomentativo esaustivo e rispettoso dei presupposti normativi, la scelta della misura alternativa più contenitiva della detenzione domiciliare e della preferenza accordata a quest’ultima rispetto all’affidamento in prova con l’inidoneità della misura a contribuire concretamente alla rieducazione per la mancanza o inadeguatezza delle attività proposte. In particolare, nota correttamente il Tribunale, l’assenza non solo di attività lavorative ma anche di lavori socialmente utili o di attività d volontariato o formative equipollenti e, quindi, della possibilità in radice d formulare una prognosi positiva in ordine all’esito della prova.
Trattasi di valutazione ineccepibile sul piano giuridico, posto che secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte se è vero che lo svolgimento di un’attività lavorativa in forma stabile non rientra tra i requisiti per la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, è altrettanto vero che essa rappresenta, insieme con l’attività di volontariato, uno degli elementi idonei a concorrere alla formazione del giudizio prognostico favorevole al reinserimento sociale del condannato, salvo soltanto il caso in cui l’interessato non possa prestare tale attività per ragioni di età o di salute (ex plurimis Sez. 1, n. 1023 de 30/10/2018 , dep. 2019, Rv. 274869; Sez. 1, n. 26789 del 18/06/2009 Rv. 244735 – 01).
Il ricorrente nulla di concreto ha opposto a siffatte argomentazioni, limitandosi, nella sostanza a sollecitare una diversa lettura delle fonti di prova da sovrapporre a quella non illogica del Tribunale ed un nuovo apprezzamento fondato sulle medesime circostanze già valutate nel giudizio prognostico meno pregnanti rispetto a quelle di segno contrario.
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, in Roma 10 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente