Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10338 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10338 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME COGNOME nato a TRANI il 30/12/1979
avverso l’ordinanza del 14/12/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette/sentite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 14 dicembre 2022 del Tribunale di sorveglianza di Taranto, che ha rigettato la richiesta di applicazione della misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova ex art. 47 legge 25 luglio 1975, n. 354, con riferimento alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, di cui al provvedimento di esecuzione di pene concorrenti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto del 14 settembre 2020, evidenziando che l’interessato non aveva allegato lo svolgimento di un’attività risocia I izza nte.
Il Tribunale di sorveglianza, considerata l’entità della pena, in accoglimento della gradata richiesta di COGNOME ha concesso la misura alternativa della detenzione domiciliare.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, perché il Tribunale di sorveglianza, contrariamente a quanto stabilito dal legislatore e chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, avrebbe rigettato la richiesta di applicazione della misura alternativa dell’affidamento in prova solo in forza del fatto che non era stata allegata alcuna attività lavorativa, senza valorizzare correttamente il fatto che l’UEPE di Roma aveva elaborato un programma e aveva reso parere positivo all’accoglimento della richiesta.
Nel ricorso, poi, si evidenzia come il Tribunale di sorveglianza non avrebbe potuto considerare, quale elemento negativo, il fatto che COGNOME NOME presentava precedenti penali. Rileva – sotto il profilo dell’affidabilità – l’evoluzione della sua personalità, che è giunta, successivamente al fatto commesso, ad uno stadio che permette una prospettiva di effettivo reinserimento sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Giova premettere che il condannato può ottenere la concessione della misura alternativa alla detenzione quando, non allegando alla richiesta la prospettiva di un lavoro stabile, dimostri quantomeno di impegnarsi in attività utili (Sez. 1, n. 26789 del 18/06/2009, COGNOME, Rv. 24435).
La sussistenza di un lavoro, pertanto, non è prevista dalla legge come requisito indispensabile per la concessione del beneficio in oggetto.
La giurisprudenza ha affermato, infatti, che in tema di affidamento in prova al a servizio sociale, l’impossibilità per il condannato di svolgere attività lavorativa p ragioni di età o di salute non osta alla concessione della misura, in presenza di altri elementi idonei a fondare il giudizio prognostico favorevole al suo reinserimento sociale (Sez. 1, n. 14003 del 28/11/2023, dep. 2024, Mignolo, Rv. 286257).
La mancanza di attività lavorativa, di conseguenza, rappresentando uno dei parametri apprezzabili, unitamente agli altri elementi sottoposti alla valutazione del giudice di merito, avrebbe imposto all’istante l’onere di prospettare un’altra attività socialmente utile da svolgere.
Il ricorrente, al contrario, non si confronta con il provvedimento impugnato, nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato come non fosse stata ;Idm indicata alcuna attività risocializzante da svolgere alternativa all’attività lavorativa che avrebbe dovuto svolgere, e non fosse allegata la relativa documentazione.
Ritiene il Collegio, in definitiva, che il giudice di merito, rilevati i preceden penali e i procedimenti pendenti del condannato, ha fornito una motivazione ineccepibile e completa, concludendo così per il rigetto della richiesta principale e applicando la misura della detenzione domiciliare.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 09/01/2025