Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31736 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31736 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SOLOFRA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha rigettato l’istanza di affidamento in prova, dichiarando inammissibile quella di detenzione domiciliare, presentate da NOME COGNOME, soggetto detenuto in espiazione della pena di anni tre, in forza di provvedimento di cumulo del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino del 15/12/2023,
Ricorre per cassazione l’interessato, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 47 e 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, per erroneità delle affermazioni inerenti alla gravità dei precedenti e dei processi in corso a carico del condannato, oltre che per errata formulazione del giudizio prognostico e, infine, per mancata considerazione della disponibilità di un domicilio e della possibilità di espletare attività lavorativa.
Vengono anzitutto articolate censure non consentite in sede di legittimità, in quanto costituite da mere doglianze versate in fatto e non scandite da specifica critica del complesso delle argomentazioni poste a base dell’ordinanza, che ha motivato il rigetto compiutamente, oltre che in maniera non manifestamente illogica o contraddittoria. Invero, il giudice a quo, nell’esercizio del potere discrezionale di cui è titolare (Sez. 1, n. 8712 del 08/02/2012, Tanzi, Rv. 25292101), ha sottolineato come i procedimenti penali gravanti sul condannato e la natura non tranquillizzante – in prospettiva risocializzante – dell’attività lavorat svolta, siano fattori che impongono cautela nella concessione degli invocati benefici, non potendosi mutare – in modo significativo – il quadro complessivo, in conseguenza della definizione di alcune pendenze.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di una somma – determinabile in tremila euro – in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 20 giugno 2024