Affidamento in prova: la Cassazione chiarisce i requisiti indispensabili
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una delle più importanti misure alternative alla detenzione, finalizzata al reinserimento del condannato nella società. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e richiede una valutazione approfondita da parte del giudice. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per accedere a questo beneficio, è necessario dimostrare un concreto percorso di revisione critica del proprio passato deviante.
Il caso in esame: richiesta di affidamento in prova respinta
Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un uomo contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo, pur ammettendolo alla detenzione domiciliare, aveva respinto la sua istanza di affidamento in prova.
La decisione del Tribunale di Sorveglianza
Il giudice di primo grado aveva ritenuto che non sussistessero le condizioni per concedere la misura più ampia dell’affidamento. La valutazione si basava sull’assenza di un percorso di revisione critica dei disvalori che avevano determinato la sua condotta criminale. Questa conclusione era stata tratta dall’attento esame della relazione fornita dall’equipe di trattamento, che non evidenziava progressi significativi in tal senso.
I motivi del ricorso in Cassazione
La difesa del ricorrente sosteneva che la decisione del Tribunale fosse viziata da illogicità e contraddittorietà, oltre che dalla violazione dell’art. 47 dell’Ordinamento Penitenziario. Secondo il legale, un corretto esame della documentazione avrebbe dovuto portare il giudice a concedere la misura richiesta.
La valutazione della Suprema Corte sull’affidamento in prova
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno colto l’occasione per riaffermare i paletti entro cui deve muoversi la valutazione per la concessione dell’affidamento in prova.
L’inammissibilità del ricorso
Il ricorso è stato giudicato, oltre che infondato, anche generico. La difesa, infatti, non contestava un vizio logico specifico nella motivazione, ma mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della vicenda. Questo tipo di richiesta, tuttavia, esula dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non riesaminare i fatti.
Le motivazioni: il ruolo della revisione critica
Il cuore della decisione risiede nella centralità del concetto di “revisione critica”. La Corte ha spiegato che l’affidamento in prova non è solo una modalità alternativa di esecuzione della pena, ma un percorso trattamentale che presuppone la volontà e la capacità del condannato di rimettere in discussione le proprie scelte passate. È necessario che sia “positivamente avviato quel processo di revisione critica dei disvalori che hanno determinato la condotta deviante”.
La discrezionalità del Giudice di Merito
La formulazione di un giudizio sull’idoneità della misura a raggiungere la “completa emenda” rientra nella discrezionalità del giudice di merito (in questo caso, il Tribunale di Sorveglianza). Tale giudizio non può essere censurato in Cassazione se è sorretto da una motivazione adeguata e rispondente a canoni logici. Nel caso di specie, il Tribunale aveva adeguatamente motivato la propria decisione basandosi sugli elementi concreti emersi dalla relazione dell’equipe, ritenendo ostativa l’assenza di un percorso di revisione critica.
Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza
L’ordinanza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: per ottenere l’affidamento in prova, il condannato deve fornire la prova di un cambiamento interiore già in atto. Non sono sufficienti mere dichiarazioni di intenti o una condotta formalmente corretta. È richiesta una riflessione critica sul proprio passato, un processo che deve essere concreto, verificabile e positivamente avviato. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, basata su elementi oggettivi come le relazioni degli esperti, assume un peso determinante e può essere contestata in Cassazione solo per vizi di legittimità e non per una diversa interpretazione dei fatti.
 
Per ottenere l’affidamento in prova è sufficiente la buona condotta?
No, secondo quanto stabilito dalla Corte, non è sufficiente. È necessario che sia stato positivamente avviato un processo di revisione critica dei disvalori che hanno portato alla condotta criminale, la cui esistenza deve essere valutata dal giudice.
Il giudice ha piena libertà nel decidere sulla concessione dell’affidamento in prova?
Il giudice di merito gode di un potere discrezionale nella valutazione dell’idoneità della misura. Questa decisione non è censurabile dalla Corte di Cassazione se è supportata da una motivazione adeguata, logica e non contraddittoria basata sugli atti.
Cosa succede se il ricorso contro il diniego dell’affidamento in prova è considerato generico?
Se il ricorso si limita a criticare la valutazione del giudice di merito senza evidenziare vizi logici o di legge specifici, ma mirando a una nuova valutazione dei fatti, viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4077 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4077  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROSSANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/01/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha ammesso NOME COGNOME all’espiazione della pena detentiva nella forma della detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47-te, comma 1, lett. c) Ord. pen., al contempo dichiarando non luogo a provvedere sull’istanza di semilibertà e rigettando l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale.
Ritenuto che l’unico motivo addotto, a mezzo del difensore, AVV_NOTAIO (inosservanza dell’art. 47 Ord. pen., nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione) è manifestamente infondato, tenuto conto che l’affidamento in prova richiede che sia positivamente avviato quel processo di revisione critica dei disvalori che hanno determinato la condotta deviante, nonché un giudizio di idoneità della misura al raggiungimento della completa emenda, la cui formulazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e rispondente ai canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caroso, Rv. 189375).
Rilevato, invero, che, nel caso di specie, il giudice a quo ha ritenuto ostativa al suddetto giudizio l’assenza di un percorso di revisione critica, desunta, in via non manifestamente illogica, dall’attento esame della relazione dell’equipe di trattamento, sicché dalla lettura del provvedimento impugnato non emergono i vizi censurati nel ricorso.
Rilevato, altresì, che l’insussistente vizio motivazionale è articolato in modo del tutto generico e mira alla non consentita rivalutazione del merito della decisione impugnata, esaurendosi la doglianza nella considerazione secondo cui l’esame dei documenti in atti avrebbero dovuto indurre il giudice a quo a concedere la misura dell’affidamento in prova.
Ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore
Così deciso, in data 11 gennaio 2024
Il Presidente