Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2640 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2640 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/05/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BRESCIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/06/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME, che ha chiesto una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Torino rigettava l’istanza di affidamento in prova al servizio e di detenzione domiciliare proposta da NOME COGNOME. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che il condanNOME, per numerosi fatti ricondotti all’art. 640 cod. pen. commessi sino al 2018, non avesse un’abitazione, né un lavoro e neanche una famiglia a cui fare riferimento, in più il parere dell’UEPE era stato negativo, mentre la detenzione non era concedibile perché la pena complessiva è superiore a due anni.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del difensore, affidandosi a un unico motivo.
2.1. Con tale motivo, il difensore deduce la violazione dell’art. 47 I. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.) e , il vizio di motivazione dell’ordinanza ritenendo che il condanNOME, pur non avendo un’abitazione e un lavoro non possa ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato quindi meritevole di rigetto.
Il motivo di ricorso propone censure che, pur dirette a denunciare il vizio motivazionale in cui sarebbe incorso il Tribunale, riguardano il merito e la valutazione degli elementi offerti / chiedendone una rivalutazione non possibile in sede di legittimità.
Il Tribunale ha adeguatamente motivato il diniego alla misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova non solo sull’assenza di un’abitazione e di un’attività lavorativa bensì sulla mancanza di un percorso di riabilitazione personale, così ritenendo che vi fosse ancora una pericolosità sociale residua tale da essere ostativa al beneficio richiesto.
Il Tribunale, peraltro, sulla base degli elementi valutati, insieme alla relazione dell’UEPE (anche sull’assenza di fattori positivi di valutazione rispetto ai dati personali già conosciuti), non ha alcun obbligo di effettuare accertamenti ulteriori sulla personalità del richiedente, qualora abbia ritenuto, come nel caso in esame, che le risultanze già in atti rivelino l’inidoneità della misura richiesta.
Va, su detto punto, qui ribadito che «in tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non potendo prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e dai procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la condotta successivamente serbata dal condanNOME” (in motivazione, la Corte ha chiarito che rilevano, a tal fine, l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse
condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva dir/socializzazione » (Sez. 1, n. 44992 del 17.09.2018, Rv. 273985).
Sul diniego della detenzione domiciliare, il Pm di La Spezia era tenuto a rideterminare la pena complessiva a seguito dell’esecutività di ulteriori condanne, con la conseguenza che, così unificata la pena, essa è superiore ai limiti di legge cui è subordinata la possibilità di concessione della predetta misura alternativa, per cui la decisione qui impugnata è corretta, rimanendo impregiudicato il diritto del ricorrente di richiedere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra le sentenze di cui al cumulo, ma non altrettanto il diritto ad ottenere il rinvio della decisione impugnata per ottenere nelle more il provvedimento invocato ai sensi degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen
Dalle considerazioni che precedono deriva il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso, il 24 maggio 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente