Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30152 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30152 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 25/12/1972
avverso l’ordinanza del 23/01/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato, in linea generale, che l’affidamento in prova al servizio soc disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativ detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della p che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista d legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condan condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si riteng essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato;
che il giudizio in merito alla ammissione all’affidamento si fonda, dunqu sull’osservazione dell’evoluzione della personalità registratasi successivament fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale: è i consolidato, presso la giurisprudenza di legittimità, l’indirizzo ermeneu secondo cui «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giud prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non pot prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la condotta successivamente serbata dal condannato» (Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S. Rv. 273985), in tal senso deponendo il tenore letterale dell’art. 47, commi 2 legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui condiziona l’affidament convincimento che esso, anche attraverso le prescrizioni impartite al condannat contribuisca alla sua rieducazione ed assicuri la prevenzione del pericolo che commetta altri reati;
che, dunque, il processo di emenda deve essere significativamente avviato ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Se n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, COGNOME, Rv. 202413);
che, se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella mis reputata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il perico commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv 243745);
che il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal car più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinamental
sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata;
che rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, delle misure alternative – alla cui base vi è la comune necessità di una prognosi positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un unitari accertamento (Sez. 1, n. 16442 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 247235) – e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto;
che le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, COGNOME, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio;
che, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso l’istanza di ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale presentata da NOME COGNOME sul rilievo dell’assenza, nel condannato, di sintomi di positiva evoluzione della sua personalità, comprovata, in primo luogo, dall’avere egli commesso in tempi assai recenti (il 26 novembre 2023), e pur dopo avere espiato precedente pena in forma alternativa e con esiti in apparenza positivi, un grave reato, sintomatico – anche per le peculiarità che lo hanno contraddistinto (stante, in particolare, il rinvenimento, nella disponibilità di COGNOME, di 75.000 euro in contanti) – di prossimità a più vasti e perniciosi ambienti delìnquenziali;
che nella medesima direzione militano, a giudizio del Tribunale di sorveglianza: le precedenti condanne per reati in materia di narcotraffico, commessi nel 2004, nel 2009, nel 2013 e nel 2016, oltre a quella per favoreggiamento personale, risalente al 2003; la pendenza per analoga fattispecie, consumata il 9 agosto 2013; l’aleatorietà della prospettata attività lavorativa, che il condannato svolge, dal 2016, in forma individuale ma che non risulta avere prodotto, negli anni, redditi significativi per periodi congrui;
che, a fronte di un giudizio scevro da vizi logici e saldamente ancorato alle emergenze procedimentali, il ricorrente si pone in un’ottica di sterile confutazione, che non riesce ad individuare fratture logiche nel ragionamento sotteso alla decisione impugnata, incentrato sull’omesso avvio di un effettivo processo di emenda, testimoniato dall’assenza di segni, anche embrionali, di resipiscenza o, comunque, di acquisizione di valori di legalità, e sulla persistente pericolosità sociale di COGNOME, da ultimo attestata dalla condanna per fatti relativamente recenti;
che il provvedimento impugnato resiste, pertanto, alle censure difensive, in quanto legittima manifestazione della discrezionalità riconosciuta al Tribunale di sorveglianza in vista della delibazione dell’istanza del condannato che, nella
fattispecie, è stata rigettata sulla scorta di argomentazioni aliene da qualsi deficit
di linearità o coerenza razionale;
che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, i
mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cass
delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Così deciso il 08/05/2025.