Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35853 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35853 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
avverso l’ordinanza del 05/06/2025 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA di BRESCIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Brescia ha rigettato l’istanza volta all’affidamento in prova al servizio sociale, presentata da
XXXXXXXXXXXXXXXX, detenuto in espiazione di un cumulo di pena pari ad anni quattro e mesi sei di reclusione, con fine pena fissato al 08/01/2028.
Ricorre per cassazione XXXXXXXXXXXXXXXX, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo un motivo unico, mediante il quale denuncia vizi ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., per violazione di legge e vizio della motivazione, stante la erronea applicazione degli artt. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 e 125 comma 3 cod. proc. pen., nonchØ motivazione apparente, incongrua, illogica, travisamento del fatto e, infine, omessa valutazione delle risultanze del trattamento penitenziario.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il ricorso non individua specifici profili del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, ma tende a provocare la rivalutazione dei presupposti per la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale. In vista della concessione delle misure alternative alla detenzione, però, non si può prescindere dal vaglio della condotta tenuta dal condannato, in epoca sia antecedente, sia susseguente alla commissione dei reati in espiazione, in funzione della valutazione prognostica da compiere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł da dichiarare inammissibile.
Ai soli fini dell’inquadramento in diritto della dedotta questione, giova premettere che – mediante la misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova al servizio sociale l’ordinamento tende a realizzare una modalità di esecuzione della pena in ambiente esterno, da attuare nei confronti di condannati in relazione ai quali – in forza dell’osservazione della personalità, oltre che sulla base di ulteriori acquisizioni ed elementi di valutazione e
conoscenza – possa essere formulata una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale, all’esito del periodo di sottoposizione a tale misura alternativa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
2.1. Conformemente alla peculiare finalità dell’istituto, la giurisprudenza di legittimità Ł orientata – in modo concorde – a ritenere che, ai fini della concessione di tale misura, non possa essere riconnesso un decisivo rilievo negativo, ad elementi quali la gravità del reato per cui Ł stata riportata la condanna o i precedenti penali annoverati dal soggetto; nemmeno può esigersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia portato definitivamente a compimento il percorso di revisione critica del proprio passato deviante, essendo sufficiente, al contrario, che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato quantomeno avviato (Sez. 1, n. 771 del 6/2/1996, Tron, Rv. 203988 – 01; Sez. 1, 19/11/1995, COGNOME, Rv. 203154 – 01). Si Ł così precisato che, ai fini della formulazione di un positivo giudizio prognostico, la natura e la gravità dei reati per i quali Ł stata irrogata la pena da espiare deve costituire, unitamente ai precedenti (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062 – 01), nonchØ alle pendenze e alle informazioni di polizia (Sez. 1, n. 1970 dell’11/3/1997, COGNOME, Rv. 207998 – 01), il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto; la compiuta ed esauriente valutazione in tal senso non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta dal condannato in tempi successivi e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali, ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale, oltre che della prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01; Sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, COGNOME, Rv. 244322 – 01; Sez. 1, n. 371 del 15/11/2001, dep. 8/1/2002, COGNOME, Rv. 220473 01; Sez. 1, n. 6783 del 13/12/1996, COGNOME, Rv. 206776 – 01; Sez. 1, n. 688 del 5/2/1998, COGNOME, Rv. 210389 – 01).
¨ stato anche precisato come – fra gli elementi che, in tale ottica, possono assumere una specifica valenza evocativa – vadano ricompresi l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985 – 01).
2.2. L’affidamento in prova al servizio sociale, inoltre, postulando un contatto diretto fra il servizio sociale e la persona fisica dell’interessato, presuppone indefettibilmente la continua reperibilità del medesimo, sia prima dell’applicazione del beneficio che nel corso della sua esecuzione, atteso che soltanto in presenza di detta condizione può essere valutato il di lui comportamento e, segnatamente, l’osservanza delle prescrizioni concernenti i rapporti con il servizio sociale, oltre che la dimora, la libertà di locomozione, il divieto di certe frequentazioni e, infine, il lavoro da svolgere (Sez. 1, n. 4322 del 24/6/1996, Messina, Rv. 205695 – 01).
L’irreperibilità del condannato, al momento della decisione in merito alla sua richiesta di misura alternativa alla detenzione, dunque, può legittimamente essere considerata quale circostanza atta a precludere l’accoglimento dell’istanza stessa, nella misura in cui si riveli, in concreto, sintomatica di disinteresse verso la procedura e impedisca – in modo assoluto – la verifica circa la sussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio invocato (Sez. 1, n. 12411 del 20/12/2000, dep. 2001, Sow, Rv. 218455 – 01).
3. Nella concreta fattispecie, il ricorrente si trova al momento in espiazione di una pena complessiva ammontante ad anni quattro e mesi sei di reclusione, riportata per i reati – posti in essere dal 2014 al 2022, in diverse regioni italiane – di ricettazione, associazione per delinquere e furto, sia aggravato sia tentato.
A fronte della domanda finalizzata ad ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale, Ł stato adottato l’impugnato provvedimento reiettivo. Questo Ł fondato, essenzialmente, sulla ritenuta notevole caratura criminale del condannato; tale caratteristica Ł stata desunta dai precedenti annoverati dallo stesso, oltre che dall’essersi egli recentemente reso protagonista di una evasione dal regime degli arresti domiciliari (piø in particolare, ha sottolineato il Tribunale di sorveglianza come il ricorrente – una volta evaso – si sia recato nel Paese d’origine, raggiungendo la consorte, per poi raggiungere la Francia e il Regno Unito).
3.1. Tanto chiarito, non vi Ł chi non rilevi come l’impugnazione si componga di plurime doglianze di variegata natura, cumulativamente dedotte in maniera sostanzialmente indistinta. Ciò conduce – in via preliminare – a richiamare il principio di diritto secondo il quale ‹‹Il ricorrente che intende denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., ha l’onere – sanzionato a pena di a-specificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso – di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica›› (Sez. 2, n. 19712del 06/02/2015, Alota, Rv. 263541 – 01).
Le indistinte modalità di deduzione delle censure, allora, cristallizzano già un primo profilo di inammissibilità dell’impugnazione.
3.2. In disparte tale considerazione, il ricorso risulta improntato alla pura e semplice contestazione del provvedimento attaccato, del quale auspica una vera e propria rivalutazione, posto che:
non potendo ovviamente negare il fatto storico e oggettivo addebitato, rappresentato dall’evasione nella sua stretta materialità, la difesa si limita impropriamente a sottolineare come il condannato, nel periodo di allontanamento, non abbia posto in essere condotte integranti reati. In tal modo, però, vengono pacificamente esposte argomentazioni distoniche, rispetto al nucleo centrale dell’avversata decisione;
la stessa difesa prospetta poi una radicale rilettura delle conclusioni espresse dall’equipe penitenziaria, così componendo un segmento di censura che Ł completamente versato in fatto;
viene contestato, inoltre, il convincimento secondo il quale i precedenti da cui Ł gravato il condannato ne possano attestare la discreta caratura criminale, addirittura richiamando e reinterpretando la valutazione compiuta in sede di cognizione e, ancora una volta, senza riuscire ad evidenziare la sussistenza di uno dei vizi rientranti nell’alveo di quelli deducibili in sede di legittimità.
La censura difensiva Ł pertanto inammissibile, in quanto palesemente volta alla mera rivisitazione di questioni di merito, adeguatamente affrontate nell’ordinanza impugnata, senza confronto adeguato con le ragioni poste a fondamento dello stesso. ¨ noto, però, come sia inammissibile ogni doglianza che verta su questioni di puro fatto, tese a sottoporre al giudice di legittimità una diversa valutazione delle prove raccolte. Tanto esula dal novero dei vizi deducibili ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., con limiti non aggirabili, ovviamente, mediante il mero richiamo a violazioni normative di cui agli artt. 192, 125 e 546 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027-04), salvo non emergano omissioni, contraddizioni o illogicità manifeste e, naturalmente, decisive. Queste ultime, in quanto «manifeste», devono essere tali da apparire di lapalissiana evidenza, per essere la motivazione fondata su congetture implausibili o per avere la stessa trascurato dati di superiore valenza (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944-01; Sez. U, n.
16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205621-01; Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504-01; Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609-01).
In estrema ed efficace sintesi, «la manifesta illogicità della motivazione, prevista dall’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., presuppone che la ricostruzione proposta dal ricorrente e contrastante con il procedimento argomentativo recepito nella sentenza impugnata sia inconfutabile e non rappresenti soltanto un’ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza» (Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, G., Rv. 280589-02), essendo, per contro, «inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747-01; così pure Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, NOME, Rv. 262965-01).
3.3. La difesa aggredisce poi l’affermazione sussunta nell’ordinanza impugnata, secondo cui il ricorrente avrebbe scontato solo una minima parte della condanna, affermando come ne sia stata invece scontata metà. Di tale rilievo, però, non viene minimamente chiarita l’attitudine decisiva e disarticolante, rispetto alla saldezza dell’ordinanza impugnata, essendo peraltro chiaro come il dato sia stato incidentalmente richiamato dal Tribunale di sorveglianza, al solo fine di rifarsi al principio della gradualità trattamentale.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma – che si stima equo fissare in euro tremila – in favore della Cassa delle ammende (non ravvisandosi elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000). Ricorrendone le condizioni, infine, deve essere disposta l’annotazione di cui all’art. 52, comma 1, del decreto legislativo 20 giugno 2003, n. 196, recante il ‘codice in materia di protezione dei dati personali’.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 29/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.