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Affidamento in prova: quando il report UEPE non serve

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43643/2024, ha stabilito che il Tribunale di Sorveglianza può rigettare una richiesta di affidamento in prova al servizio sociale senza acquisire la relazione socio-familiare dell’UEPE, qualora gli atti già disponibili dimostrino in modo palese la pericolosità del condannato e l’inidoneità della misura. Nel caso specifico, la prosecuzione dell’attività criminale da parte del richiedente, anche dopo la domanda, è stata ritenuta un elemento sufficiente per una prognosi sfavorevole, rendendo superflua ogni ulteriore indagine sulla sua personalità.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: Quando la Pericolosità del Reo Rende Inutile la Relazione dei Servizi Sociali

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta uno strumento fondamentale per il reinserimento sociale del condannato, ma la sua concessione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 43643/2024) ha ribadito un principio cruciale: il giudice può negare questa misura alternativa basandosi su prove evidenti della pericolosità del soggetto, senza dover attendere la relazione dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE). Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Richiesta di una Misura Alternativa

Un individuo, condannato a tre anni di reclusione per reati come truffa e riciclaggio, presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale. Tuttavia, il Tribunale rigettava la richiesta, motivando la decisione con la necessità di un periodo di “osservazione inframuraria”, ovvero dentro il carcere.

La ragione di tale rigetto risiedeva nel quadro personologico del condannato. Dagli atti emergevano infatti numerose notizie di reato a suo carico, commesse in un arco temporale esteso e, in alcuni casi, anche dopo la presentazione della domanda per la misura alternativa. Questi elementi, secondo il Tribunale, dipingevano il ritratto di una “personalità incline alla devianza”, incompatibile con un percorso di reinserimento in libertà.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione del Tribunale di Sorveglianza davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Violazione del diritto di difesa: Il ricorrente lamentava che il Tribunale avesse ignorato la sua richiesta di rinvio dell’udienza. Tale richiesta era motivata dal fatto che la relazione socio-familiare redatta dall’UEPE, un documento considerato cruciale per la decisione, non era ancora stata trasmessa.
2. Violazione di legge: Si contestava la violazione dell’articolo 678, comma 2, del codice di procedura penale. Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe dovuto obbligatoriamente acquisire la relazione dell’UEPE prima di poter decidere, e non avendolo fatto, aveva commesso un errore procedurale.

In sostanza, il ricorso si fondava sull’idea che la decisione fosse stata presa in assenza di un elemento istruttorio fondamentale per valutare la personalità e le prospettive di risocializzazione del condannato.

Le Motivazioni della Suprema Corte sull’Affidamento in Prova

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno chiarito che, sebbene la relazione dell’UEPE sia uno strumento importante, la sua acquisizione non è un obbligo assoluto quando gli elementi già a disposizione del giudice sono sufficienti a formulare un giudizio negativo.

Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato come la documentazione in atti, in particolare le informazioni di polizia, mostrasse una dozzina di segnalazioni per reati commessi tra il 2010 e il 2023. Tra questi figuravano truffa, insolvenza fraudolenta, violazioni in materia di reddito di cittadinanza e danneggiamento, alcuni dei quali commessi dopo l’aprile 2020, ovvero successivamente alla domanda di affidamento in prova.

Questi “plurimi elementi negativi” sono stati considerati “assorbenti” rispetto a qualsiasi profilo positivo che sarebbe potuto emergere dalla relazione dell’UEPE. In altre parole, la persistente condotta criminale del soggetto era così palese da rendere inutile attendere ulteriori approfondimenti. Il Tribunale, quindi, aveva agito correttamente, basando la sua prognosi sfavorevole su dati di fatto concreti e già acquisiti.

Le Conclusioni: Quando la Relazione Sociale è Superflua

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale ben preciso. Il Tribunale di Sorveglianza, chiamato a decidere su un’istanza di affidamento in prova presentata da un condannato libero, non ha l’obbligo di disporre ulteriori accertamenti sulla personalità quando le risultanze documentali già rivelano l’inidoneità della misura.

Se il corredo probatorio dimostra una personalità incompatibile con le prescrizioni della misura alternativa e una totale insensibilità al percorso di risocializzazione, l’acquisizione della relazione dell’UEPE diventa superflua. La decisione di rigettare l’istanza, in questi casi, non costituisce una violazione del diritto di difesa né un errore procedurale, ma una corretta applicazione del principio di economia processuale e di valutazione della pericolosità del condannato.

È sempre obbligatorio per il Tribunale di Sorveglianza acquisire la relazione dell’UEPE prima di decidere sull’affidamento in prova?
No. Secondo la Cassazione, l’acquisizione della relazione è superflua quando gli atti già disponibili, come le informazioni di polizia su nuovi reati, sono sufficienti a dimostrare l’inidoneità della misura e la pericolosità del richiedente, rendendo fondata una prognosi sfavorevole.

Cosa succede se un condannato commette altri reati mentre attende la decisione sulla misura alternativa?
La commissione di nuovi reati, specialmente dopo la presentazione della domanda, è un elemento fortemente negativo. Viene interpretato dal giudice come un’indicazione di una “personalità incline alla devianza” e di un’assenza di volontà di risocializzazione, portando quasi certamente al rigetto della richiesta.

La mancata acquisizione della relazione sociale viola il diritto di difesa del condannato?
No, non in tutti i casi. La Corte di Cassazione ha stabilito che se la decisione di rigetto si fonda su prove concrete e già acquisite che dimostrano l’inadeguatezza della misura, l’omessa acquisizione della relazione non lede il diritto di difesa, poiché il suo contenuto non potrebbe realisticamente modificare un quadro già palesemente negativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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