Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4898 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 4898  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/02/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’8 febbraio 2023 il Tribunale di sorveglianza di Ancora ha rigettato l’istanza di ammissione alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale avanzata da NOME COGNOME, detenuto presso la RAGIONE_SOCIALE Pesaro.
Il Tribunale ha evidenziato l’impossibilità di formulare un giudizio prognostico favorevole circa la capacità del beneficio richiesto di condurre il detenuto ad un’efficace risocializzazione.
COGNOME ha riportato condanne per reati in materia di stupefacenti e di armi commessi nel 2019 e nel 2020.
Il Tribunale ha evidenziato una serie di discrasie emerse dalle dichiarazioni del condannato in merito alla propria condizione di coniugato e al luogo di domicilio indicato.
Ha, altresì, dato atto della positiva relazione comportamentale del carcere e delle informazioni acquisite dall’UEPE.
Il rigetto della misura alternativa è stato, quindi, giustificato con la mancata preventiva sperimentazione dei permessi premio e del lavoro all’esterno idonei ad acquisire elementi per verificare l’effettiva risocializzazione e l’attitudine all stessa da parte dell’interessato.
Il Tribunale ha ritenuto, inoltre, che in sede istruttoria siano emersi elementi che pongono dubbi sull’affidabilità di COGNOME, in ordine ad un asserito matrimonio dallo stesso contratto, non risultando alcun atto registrato.
Inoltre, non è emerso che la “moglie” abbia avuto contatti con il condannato durante la detenzione, avendo dichiarato di voler abitare con la madre bisognosa di assistenza.
L’inidoneità dell’attività lavorativa indicata dal ricorrente e il mancato ravvedimento circa i gravi reati dallo stesso commessi sono stati valutati dal Tribunale quali ulteriori elementi ostativi alla concessione della misura richiesta.
 Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando sei motivi.
2.2. Con il primo ha eccepito la nullità del provvedimento per mancata assunzione di una prova decisiva e vizio di motivazione, in quanto il Tribunale di sorveglianza ha rigettando l’istanza ritenendo, sulla scorta delle informazioni assunte dalle forze dell’ordine e dalle dichiarazioni rese dalla fidanzata di COGNOME, che l’odierno ricorrente ha fornito notizie non veritiere sulla propria abitazione.
Il Tribunale di sorveglianza avrebbe erroneamente vagliato gli elementi
probatori proposti dalla difesa senza utilizzare le prove contenute nel fascicolo processuale che avrebbero potuto condurre a un giudizio favorevole al condannato.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha eccepito la nullità del provvedimento in relazione agli artt. 127, commi 1 e 5, e 606 cod. proc. pen. per mancata assunzione di una prova decisiva avente ad oggetto lo stato di coniugio del ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto la mancanza, contraddittorietà o illogicità della motivazione sulla ritenuta possibilità d reiterazione del reato.
Il Tribunale ha sostenuto che la misura alternativa dell’affidamento ai servizi sociali non è idonea a garantire la finalità di prevenzione del rischio di recidiva.
Dagli atti inseriti nel fascicolo processuale risulterebbe, al contrario, che i ricorrente è in possesso di tutti i requisiti necessari per beneficiare della misura dell’affidamento in prova, con specifico riferimento al possibile svolgimento dell’attività lavorativa.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente ha eccepito la nullità del provvedimento ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
Il Tribunale di sorveglianza ha rigettato la richiesta della misura alternativa riferendosi alla gravità del reato relativo al titolo in esecuzione.
Tuttavia, tale elemento valutativo non potrebbe, da solo, fondare il diniego del beneficio richiesto, essendo tenuti i giudici a confrontarsi con l’evoluzione della condotta post delictum di COGNOME, al fine di stabilire se sussistano elementi idonei alla concedibilità della misura alternativa.
2.5. Con il quinto motivo il ricorrente ha eccepito la violazione dell’art. 606 comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
La relazione UEPE non è confluita nel fascicolo procedimentale; per tale motivo al difensore è stata negata la possibilità di interloquire con il Tribunale di sorveglianza, al fine di poter esporre le argomentazioni difensive in ordine ai criteri di valutazione applicati nel provvedimento di diniego.
Conseguentemente, si sarebbe verificata la lesione del diritto di difesa e del contraddittorio, oltre che di quello di estrarre copia degli atti a norma dell’art 116 cod. proc. pen.
Ulteriormente, il ricorrente si è soffermato sulle dedotte incongruenze in punto di mancata disamina puntuale del profilo attinente l’attualità e la concretezza della pericolosità sociale.
Ha segnalato come la misura richiesta non presupponga la totale assenza di pericolosità, ma solo l’avvio del processo di risocializzazione.
2.6. Con il sesto motivo il ricorrente ha eccepito la violazione dell’art. 606 comma 1, lett. e) cod. proc. pen.
Il Tribunale di sorveglianza non ha motivato circa la richiesta, proposta dal difensore di COGNOME in ordine all’applicazione della detenzione domiciliare; proposta formulata all’udienza, alla luce delle modifiche apportate dalla riforma che ha elevato a tre anni il limite della pena per potere accedere a tale misura alternativa.
Su tale domanda, il Tribunale nulla ha disposto.
 Il Procuratore generale ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso in quanto basato sulla deduzione di vizi che non possono essere fatti valere in sede di legittimità e diretto ad una mera rivalutazione di quanto già valutato dal tribunale.
Il Tribunale di sorveglianza di Ancona avrebbe motivato congruamente e logicamente il rigetto della richiesta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso è inammissibile.
 Con riferimento ai primi due motivi di ricorso, si osserva che non è deducibile in questa sede il vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. d), cod proc. pen. che riguarda la mancata assunzione di una prova decisiva nel corso dell’istruzione dibattimentale.
Il vizio non è deducibile nel procedimento avente ad oggetto la concessione delle misure alternative alla detenzione che si svolge secondo le regole del procedimento esecutivo per effetto del combinato disposto degli artt. 678 e 666 cod. proc. pen.
Va ribadito che «nel procedimento di sorveglianza non è deducibile il vizio di mancata assunzione di una prova decisiva di cui all’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., previsto soltanto per il giudizio dibattimentale e non anche per i procedimenti che si svolgono con il rito camerale» (Sez. 1, n. 32116 del 10/09/2020, Gaita, Rv. 280199; Sez. 1, n. 15605 del 28/03/2008, Locci, Rv. 240148).
Da ciò discende l’inammissibilità delle censure articolate con i motivi in esame.
Il secondo, peraltro, benché nella rubrica faccia riferimento anche al vizio di motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., non contiene alcuna specifica censura riferita al profilo della motivazione essendo articolato
esclusivamente mediante la censura di mancata assunzione della prova dello «stato di coniugio» del detenuto.
Per quanto riguarda il terzo e il quarto motivo, possono essere svolte le seguenti, comuni, considerazioni.
Il Tribunale ha motivato il rigetto della richiesta di amissione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale attenendosi ai consolidati principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui «ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174, conforme Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602).
L’ordinanza impugnata ha preso in considerazione l’affermato stato di coniugio del condannato, valutando, comunque, la circostanza del diverso domicilio della moglie e le dichiarazioni della stessa che ha riferito di essere intenzionata a trasferirsi presso la madre per assisterla.
Ha evidenziato l’inserimento di COGNOME nel contesto della criminalità locale e la frequentazione di pregiudicati.
E’ stato considerato che COGNOME è privo di permesso di soggiorno e non ha la possibilità di lavorare presso il vecchio datore di lavoro.
Le risultanze della relazione comportamentale, di quanto riferito dall”UEPE e della documentazione prodotta dalla difesa sono state ritenute tali da non dimostrare la sussistenza delle condizioni per l’ammissione alla misura alternativa.
La valutazione compiuta risulta immune dai vizi denunciati non presentando alcuna criticità in termini di logicità e coerenza.
Invero, si tratta di un percorso motivazionale assolutamente lineare e completo, alla luce della non ravvisabilità di una qualche revisione critica rispetto ai reati commessi e del mancato svolgimento di attività sociale a scopo riparativo.
Il ricorso sollecita la Corte di cassazione ad una sostanziale rivisitazione del giudizio sulla base di argomenti fattuali che, alla luce di quanto esposto, risultano essere stati compiutamente esaminati dai giudici di merito.
Le critiche del ricorrente riguardano profili in fatto, coerentemente scrutinati nella decisione impugnata e la cui riproposizione è tesa – in tutta evidenza – ad una rivalutazione del vissuto criminale, della condizione di coniugato del ricorrente e della possibilità di svolgimento di attività lavorativa.
Così facendo, il ricorso finisce con il proporre argomenti di merito la cui rivalutazione è preclusa in sede di legittimità, trattandosi di aspetti già esaminati.
Deve essere ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ()culi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento ( Sez. U., n. 24 del 24.11.1999, Spina, rv 214794; Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074).
Inoltre, «ricorre il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono, e, invece, di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logicogiuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice – conducenti ad esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento» (Sez. 2 n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105).
Da quanto premesso, è evidente che i motivi di ricorso in esame non sono stati articolati nei termini consentiti.
Il quinto e il sesto motivo sono inammissibili in quanto privi del requisito dell’autosufficienza.
Con riferimento all’impossibilità di prendere cognizione e di estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo del procedimento, non è stato dimostrato, in alcun modo, quanto lamentato in ricorso.
La stessa prospettazione del ricorrente, sul punto, appare contraddittoria e carente atteso che viene eccepita la tardività della trasmissione della documentazione dell’UEPE (della quale si evidenzia anche il contenuto, dimostrando, così di averla potuta esaminare) senza indicare se ne sia stata eccepita al Tribunale la tardività dell’inoltro e senza precisare quale sia
l’elemento decisivo contenuto nella relazione che la trasmissione intempestiva avrebbe impedito di apprezzare.
Il motivo si presenta, quindi, del tutto generico e aspecifico.
Il sesto motivo è parimenti privo di alcuna dimostrazione, tenuto conto che non risulta provata la richiesta di applicazione della detenzione domiciliare.
Peraltro, il provvedimento impugnato ha messo in evidenza la mancata disponibilità di un domicilio idoneo, da parte di COGNOME, con la conseguenza che la misura della detenzione domiciliare non sarebbe stata compatibile con tale condizione del detenuto.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» al versamento della somma, equitativamente fissata in euro tremila, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 3/11/2023
Il Consigli e es nsore GLYPH
Il Presidente