Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25818 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25818 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CANOSA DI PUGLIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/gerrtthi le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza del 12 settembre 2023 del Tribunale di sorveglianza di Bari, che ha revocato nei suoi confronti la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, precedentemente concessa con ordinanza del 14 marzo 2023 relativamente alla pena inflitta con la sentenza della Corte di appello di Bari del 13 gennaio 2020, divenuta definitiva.
Il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che l’interessato non si era presentato agli uffici dell’UEPE per sottoscrivere il verbale di sottoposizione della misura, nonostante la regolarità delle relative notifiche, né era comparso all’udienza camerale per fornire eventuali giustificazioni inerenti tale suo comportamento.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 148 e ss. cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe omesso di considerare che, agli atti, non vi era prova del fatto che l’UEPE avesse effettivamente notificato alcun invito al condannato per dare in concreto avvio alla misura alternativa alla detenzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova in diritto premettere che, tra i requisiti del ricorso per cassazione, vi è anche quello, sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
In tal senso, rientra nella ipotesi della genericità del ricorso, non solo la aspecificità dei motivi stessi, ma anche la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione (Sez. 1, n. 4521 del 20/01/2005, Orrù, Rv. 230751), che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
all’inammissibilità del ricorso (Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634).
Nel caso di specie, il ricorso è fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal Tribunale di sorveglianza, che ha evidenziato come, dalla lettura degli atti, risulta che NOME si era presentato agli uffici dell’UEPE per la sottoscrizione del verbale di sottoposizione alla misura.
L’interessato, pertanto, pur avendo ottenuto dal Tribunale di sorveglianza la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, non aveva mai sottoscritto le prescrizioni imposte dal medesimo giudicante, né si era attivato di propria iniziativa, tanto che è possibile affermare che la misura alternativa alla detenzione non era mai stata iniziata.
Infatti, il principio generale della decorrenza degli effetti della misura alternativa dalla data del verbale di affidamento, contenente le prescrizioni da osservarsi da parte del condannato e l’impegno del medesimo al loro rispetto, discende direttamente dall’art. 94, comma 4, T. U. stup., in perfetto parallelismo con il combinato disposto degli artt. 47 Ord. pen. e 97 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, il quale prevede appunto che l’ordinanza di affidamento in prova al servizio sociale ha effetto se l’interessato sottoscrive il verbale previsto dal quinto comma dell’art. 47 Ord. pen., con l’impegno a rispettare le prescrizioni dallo stesso previste (Sez. 1, n. 51879 del 13/09/2016, COGNOME, non mass. sul punto).
Nel caso di specie, quindi, il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto più correttamente dichiarare l’inefficacia della misura alternativa alla detenzione, ma non anche la sua revoca, posto che la parte, alla data dell’udienza camerale, non aveva ancora sottoscritto il verbale di sottoposizione dell’affidamento in prova, momento formale dal quale inizia effettivamente a decorrere la misura.
A prescindere dalla qualificazione giuridica del provvedimento adottato dal giudice di merito (in ogni caso, non contestata nel ricorso), in ordine a quanto accertato nell’ordinanza impugnata, il ricorrente si è limitato genericamente a rilevare la mancata notifica dell’invito da parte dell’UEPE, senza considerare che l’onere di provare il fatto processuale, dal quale dipenda l’accoglimento dell’eccezione procedurale, grava sulla parte che ha sollevato l’eccezione stessa (Sez. 5, n. 1915 del 18/11/2010, dep. 2011, Durantini, Rv. 249048).
In coerenza con la posizione espressa in ricorso, NOME avrebbe potuto agevolmente produrre e illustrare dettagliatamente la documentazione dalla quale si evinceva che l’UEPE, a fronte della notifica regolare dell’ordinanza ammissiva alla misura, per mero errore materiale o per altra causa non aveva contestualmente notificato l’invito a recarsi presso detto ufficio per la sottoscrizione del verbale di sottoposizione della misura.
Dalla lettura del fascicolo, invero, emerge proprio il contrario, cioè che l’U aveva attestato la regolarità delle notifiche e, con nota del 29 giugno 2023, av comunicato la mancata presentazione dell’interessato, il quale, appunto, senz alcuna giustificazione, non aveva sottoscritto il verbale di sottoposizione misura.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna d ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la part abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa d inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 29/03/2024