Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6552 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6552 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Albania il 22/12/1983;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Napoli dell’11/11/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha respinto la domanda di affidamento in prova al servizio sociale presentata nell’interesse di NOME COGNOME detenuto in espiazione della pena inflittagli con sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli pronunciata il giorno 24 febbraio 2023 per violazione della legge stupefacenti (artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90, con condotte accertate sino al dicembre 2015).
In particolare, il Tribunale – dopo avere rilevato l’avvenuta espiazione della pena relativa al reato cd. ‘ostativo’ ai sensi dell’art. 4-bis Ord. pen. – ha evidenziato che il condannato aveva fatto parte di una associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti operante sotto l’egida del clan dei mariglianesi (costola del sodalizio camorristico COGNOME) tuttora attivo nel napoletano, che l’osservazione inframuraria non ha ancora segnalato una positiva evoluzione della personalità del detenuto a conferma di un effettivo processo di risocializzazione e di definitivo distacco dalle pregresse scelte devianti, con la conseguente necessità di proseguire il trattamento in carcere e verificare – anche mediante l’eventuale concessione dei permessi premio – la sua affidabilità esterna in via graduale.
Avverso la predetta ordinanza il condannato, per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per suo annullamento.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione illogica e contraddittoria rispetto alla mancata concessione dell’affidamento nonostante la regolare serbata in carcere, il suo impegno nelle attività lavorative inframurarie e l’avvenuta espiazione di gran parte della pena inflittagli; tali elementi, se correttamente valutati, avrebbero dovuto portare alla concessione della invocata misura alternativa alla detenzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
2. Come noto, con la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa. I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali (Sez. 1, 04/03/1999, COGNOME, Rv 213062) nelle pendenze processuali (Sez. 1, cit.) nelle informazioni di polizia (Sez. 1, 11/03/1997, COGNOME, Rv. 207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione in modo che in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra.
Certamente nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, devono essere valutati anche i procedimenti penali passati ed eventualmente pendenti a carico dell’interessato, al fine di pervenire ad una valutazione di fronteggiabilità della pericolosità sociale residua con gli strumenti dell’istituto indicato. Del resto, poiché non esiste una sorta di presunzione generale di affidabilità di ciascuno al servizio sociale, ma al contrario devono sussistere elementi positivi sulla base dei quali il giudice possa ragionevolmente “ritenere” che l’affidamento si riveli proficuo, appare evidente che – in relazione agli obbiettivi di rieducazione e di prevenzione propri dell’istituto – la reiezione dell’istanza di affidamento può considerarsi validamente motivata anche sulla sola base delle informazioni fornite dagli organi di polizia e dai servizi sociali, quando esse, lungi dal dimostrare elementi certi del genere anzidetto, pongano in luce, al contrario, la negativa personalità dell’istante (Sez. 1, 27/07/1992 n. 2762). In questo ambito, tuttavia, numerosi sono gli altri fattori da valutare per giungere al giudizio prognostico cui prima si è fatto cenno: l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti del passato, l’adesione alle ragioni più profonde di valori socialmente condivisi, l’attaccamento
al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante.
Nel caso in esame l’ordinanza impugnata non ha basato la decisione unicamente sulla gravità del reato commesso (associazione ex art. 74 d.P.R. 309/90 e varie violazioni dell’art. 73 dello stesso provvedimento legislativo), ma – con motivazione adeguata e non manifestamente illogica – ha preso in considerazione anche le risultanze del trattamento inframurario, dal quale non è ancora dato apprezzare l’inizio di un serio processo di revisione critica ad opera del condannato e, comunque, di definitivo distacco dai quei disvalori che lo hanno portato a delinquere.
3.1. Inoltre, è stata evidenziata la non idoneità della prospettiva lavorativa ed abitativa prospettata dal detenuto in quanto entrambe localizzate nella stessa area dove sono stati consumati i reati.
3.2. Ne consegue che NOME COGNOME pur lamentando il vizio di motivazione, sollecita apprezzamenti di merito estranei al giudizio di legittimità, poiché vorrebbe pervenire a differente valutazione degli elementi processuali rispetto a quella coerentemente svolta dal giudice a quo.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2025.