Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1231 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1231 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 15/03/1961
avverso l’ordinanza del 24/01/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di LECCE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha dichiarato inammissibili le istanze di detenzione domiciliare (in ragione della misura della pena da espiare) e semilibertà (in ragione della mancata espiazione della metà della pena) avanzate da NOME COGNOME ed ha respinto l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale proposta dal medesimo condannato con riferimento alla pena di anni tre mesi sei di reclusione, per i reati di detenzione, trasporto e vendita di sostanze stupefacenti commessi tra il 2005 ed il 2006.
1.1. Il Tribunale ha in particolare respinto l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale in quanto COGNOME, residente in Albania ma in possesso di permesso di soggiorno greco, avendo eletto domicilio ai fini della procedura presso il difensore, non corredava la domanda con l’indicazione di un domicilio effettivo, privando con ciò il Tribunale della possibilità di reperire elementi utili ed ulteriori, anche al fine di consentire l’individuazione dell’UEPE competente per lo svolgimento dell’indagine sociale; solo in udienza veniva indicato un domicilio, un soggetto ospitante e si avanzava richiesta di rinvio dell’udienza per consentire all’UEPE competente di redigere la sua relazione. Aggiungeva il Tribunale come l’istante avesse in ogni caso omesso di indicare un’attività lavorativa da svolgere né avesse riferito alcunché in ordine ad una cerchia familiare e/o amicale in Italia, ossia di legami validi ai fini del percorso di rieducazione. Tutti elementi che impedivano di formulare alcuna prognosi di affidabilità in capo al condannato, presupposto ineliminabile per l’accoglimento dell’istanza, che veniva pertanto respinta.
COGNOME propone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione, articolando i seguenti motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge processuale in relazione all’art. 677, comma 2, bis cod. proc. pen. in quanto l’istante avrebbe correttamente eletto domicilio presso lo studio del proprio difensore; tra l’altro, se così non fosse stato, la conseguenza avrebbe dovuto essere l’inammissibilità dell’istanza e non il rigetto; l’assenza di indicazione di un “domicilio effettivo” ex commi 5 e 6 dell’art. 656 cod. proc. pen., non costituisce una causa di inammissibilità.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge processuale in relazione all’art. 656, commi 5 e 6, cod. proc. pen. in quanto, seppure l’istanza non fosse stata corredata dalle “indicazioni e dalla documentazione necessaria”, salvi i casi di inammissibilità, questo corredo poteva essere depositato in cancelleria fino a 5 giorni prima dell’udienza, restando peraltro salva la facoltà del
Tribunale di procedere anche d’ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o all’assunzione di prove a norma dell’art. 666, comma 5 cod. proc. pen..
2.3. Con il terzo motivo, lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 656, comma 5, cod. proc. pen. e 47, comma 2, e 72, comma 2, lett. b), ord. pen. in relazione all’art. 179 cod. proc. pen. in quanto il Tribunale ha rigettato senza prima adempiere all’onere di incaricare l’UEPE dell’indagine sociale, indagine questa obbligatoria;
2.4. Con il quarto motivo lamenta vizio di motivazione in quanto il Tribunale, muovendo dall’erroneo presupposto della responsabilità dell’istante di non aver fornito domicilio e di non essersi prestato alla più volte citata indagine dell’UEPE, ha illogicamente ritenuto che lo stesso fosse inaffidabile.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile fondandosi su motivi generici, aspecifici e manifestamente infondati.
Con riguardo al primo motivo, le doglianze si appalesano del tutto aspecifiche dal momento che il Tribunale di Sorveglianza di Lecce non ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale avanzata da Idrizai, ma l’ha respinta nel merito, con argomenti con i quali il ricorrente omette di confrontarsi.
Manifestamente infondato è il secondo motivo: la Difesa non ha infatti ottemperato al disposto di cui all’art. 656, commi 5 e 6, cod. proc. pen., producendo documentazione a corredo dell’originaria istanza solo in sede di udienza (e non cinque giorni prima).
Peraltro, la Difesa nuovamente omette di confrontarsi con le perspicue argomentazioni che il Tribunale ha posto a fondamento del provvedimento di rigetto (e non di inammissibilità).
Le doglianze avanzate in sede di ricorso negli ulteriori motivi di ricorso sono manifestamente infondate perché prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 22442 del
17/01/2019, COGNOME, Rv. 276191) secondo cui l’affidamento in prova al servizio sociale presuppone la continua reperibilità dell’interessato, sia prima dell’applicazione della misura alternativa alla detenzione che nel corso dell’esecuzione della stessa, atteso che soltanto così può valutarsi il comportamento e, segnatamente, l’osservanza delle prescrizioni.
Deve infatti ritenersi inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale ove la stessa sia priva della indicazione della residenza e dell’ambiente di inserimento, lavorativo o meno. Tale carenza, infatti, impedisce la valutazione delle prospettive di rieducazione e di prevenzione, cui è subordinata l’ammissione al beneficio, e non consente neppure di acquisire le necessarie notizie attraverso informativa dei competenti servizi sociali, a norma dell’art. 666 c.p.p., comma 5. D’altra parte, la mancanza di una stabile residenza non consente neppure il necessario supporto ed il costante controllo del servizio sociale e del magistrato di sorveglianza del luogo, competente ad adeguare le prescrizioni alle concrete esigenze tratta mentali.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
‘Così deciso il 29 settembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente