Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30860 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30860 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 07/03/1993
avverso l’ordinanza del 04/12/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato, in linea generale, che l’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato;
che il giudizio in merito alla ammissione all’affidamento si fonda, dunque, sull’osservazione dell’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale: è infatti consolidato, presso la giurisprudenza di legittimità, l’indirizzo ermeneutico secondo cui «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non potendo prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e dai procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la condotta successivamente serbata dal condannato» (Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S., Rv. 273985), in tal senso deponendo il tenore letterale dell’art. 47, commi 2 e 3, legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui condiziona l’affidamento al convincimento che esso, anche attraverso le prescrizioni impartite al condannato, contribuisca alla sua rieducazione ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati;
che, dunque, il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, COGNOME, Rv. 202413);
che, se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella misura reputata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il pericolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745);
che il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinamentale
sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di cont durata;
che, con riferimento alla semilibertà – che attua la de-carcerazione so parziale del condannato, ammesso a svolgere fuori dall’istituto, per parte giorno, attività lavorativa (o altra attività risocializzante) – l’ammissi relativo regime, pure ancorato a requisiti legali di pena, presuppone una progn favorevole, in relazione ai progressi trattamentali compiuti (o, comunque, a svolto percorso di emancipazione dalla devianza), in ordine alla mera possibilità un suo graduale reinserimento nella società, secondo quanto previsto dall’art. legge 26 luglio 1975, n. 354;
che rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in or all’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della re delle misure alternative – alla cui base vi è la comune necessità di una progn positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un un accertamento (Sez. 1, n. 16442 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 247235) – e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto;
che le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimit sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 10/02/1992, COGNOME, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del cas sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio;
che, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso l’ista accesso alla più ampia tra le misure alternative alla detenzione (ammetten invece, il condannato ex officio alla semilibertà) in considerazione della gravità del reato commesso e dell’assenza di sintomi di una positiva evoluzione della s personalità, desunta dall’omessa adozione di iniziative risarcitorie nei conf delle vittime, che egli, svolgendo regolare attività lavorativa, ben avrebbe p porre in essere, ed ha, quindi, ritenuto la persistenza di una carica di peric sociale che rende necessaria l’esecuzione della pena in forma adeguatament restrittiva;
che, a fronte di un giudizio scevro da vizi logici e saldamente ancorato emergenze procedimentali, il ricorrente si limita ad evidenziare i dati che, modo di vedere, attesterebbero la sussistenza delle condizioni per l’ammissi all’affidamento in prova al servizio sociale, in tal modo evocando circostanze già debitamente allegate innanzi al Tribunale di sorveglianza, sono state rite minusvalenti rispetto a quelle, sopra indicate, che inducono a ritenere l’esis di una residua pericolosità sociale che non potrebbe essere contenuta ove e fosse ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale;
che COGNOME ulteriormente, rappresenta di avere avviato un’iniziati riparatoria che, tuttavia, risale ad epoca successiva all’emission
provvedimento ed è, per questa ragione, inidonea ad incidere sul presente giudiz di legittimità;
che il provvedimento impugnato resiste, pertanto, alle censure difensive, in
quanto legittima manifestazione della discrezionalità riconosciuta al Tribunale sorveglianza in vista
della delibazione dell’istanza del condannato che, nella fattispecie, è stata rigettata sulla scorta di argomentazioni aliene da qualsi
deficit di linearità o coerenza razionale e tenendo conto anche di quanto emerso
in ordine alle concrete possibilità di reinserimento sociale del condannato ed compatibilità tra una misura, quale l’affidamento in prova al servizio sociale,
garantisce ampi spazi di libertà, e l’immanente pericolo di commissione di nuo reati, che, nella valutazione del Tribunale di sorveglianza, concorre a giustif
l’ammissione a misura più contenitiva che, al contempo, tiene cont dell’inserimento lavorativo del condannato ed appare, quindi, funzionale al
compiuto reinserimento sociale;
che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, i
mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cass delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 05/06/2025.