Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9298 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9298 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ARANTES DO NASCIMENTO COGNOME (CUI: CODICE_FISCALE) nata il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/09/2023 del TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 19 settembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da NOME COGNOME, in espiazione pena per i real:i di associazione a delinquere ed esercizio di una casa di prostituzione, nonché per impiego di beni o denaro di provenienza illecita.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto l’istanza, in quanto ha ritenuto non essere ancora possibile formulare prognosi favorevole di positivo reinserimento sociale della condannata in considerazione cilei comportamenti avuti dalla stessa mentre stava scontando gli arresti domiciliari, in particolare la stessa è stata diffidata una prima volta il 14 febbraio del 2023 per un’evasione avvenuta il 6 febbraio 2023, ed il 31 maggio 2023 ha violato nuovamente le presct , izioni in
quanto nel suo domicilio è stato rinvenuto un pregiudicato (che la condannata ha riferito essere il suo parrucchiere); la detenzione domiciliare è stata ripristinata poi il 28 luglio 2023.
Il Tribunale di sorveglianza osserva che tali violazioni costituiscono trasgressioni alle regole degli arresti domiciliari, sia perchè non era consentito far accedere al domicilio un estraneo, sia perché il ricorso alle cure ospedaliere che aveva asseritamente determinato l’evasione avrebbe dovuto essere oggetto di comunicazione alle forze dell’ordine. Il Tribunale ritiene conseguentemente prematura la concessione dell’affidamento in prova, in quanto nel processo evolutivo della personalità la condannata non è ancora vicina a modelli di vita socialmente adeguati.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso la condannata, per il tramite del difensore, che, con unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., deduce vizio di motivazione perché l’ordinanza impugnata trascura di valorizzare la positiva relazione socio-familiare trasmessa dall’U.e.p.e. il :L8 settembre 2023, che evidenzia il buon senso critico manifestato dalla condannata in relazione alla condotta illecita, la sua maturazione di una maggiore consapevolezza dell’accaduto; non è stato attribuito il giusto peso, inoltre, all’assenza di nuove denunce ed alla prospettiva risocializzante mostrata dalla ricorrente, peraltro, a fronte di un residuo pena da espiare molto contenuto.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
La norma attributiva del potere esercitato dal Tribunale di sorveglianza con l’ordinanza impugnata è l’art. 47, comma 2, Ilegge 26 luglio 1975, n. 354 che, con riferimento al provvedimento di affidamento in prova al servizio sociale, dispone: “il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, se il soggetto è recluso, e mediante l’intervento dell’ufficio di esecuzione penale esterna, se l’istanza è proposta da soggetto in libertà, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati”.
Le valutazioni che normativamente il tribunale di sorveglianza deve effettuare nel decidere sull’affidamento in prova sono, pertanto, due: che non esista un pericolo di recidiva (“assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati”) e che l’affidamento sia utile per il reinserimento sociale del condannato (“contribuisca alla rieducazione del reo”). Le prognosi non sono alternative, ma cumulative, in quanto devono essere entrambe positive perché il condannato venga ammesso a questo tipo di espiazione della pena.
La eventuale mancanza di elementi di valutazione non è neutra, ma impone il rigetto dell’istanza, atteso che per ammettere il condannata ad espiare la pena mediante affidamento in prova non è sufficiente l’assenza di indicazioni negative, ma occorre la presenza di elementi positivi che consentano un ,giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione dei pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, Incarbone, Rv. 264602).
Nel caso in esame, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto non ancora possibile formulare la prognosi favorevole sul positivo reinserimento sociale a causa della commissione di due violazioni alle prescrizioni degli arresti clomiciliari, in cui la condannata è stata ristretta senza soluzione di continuità prima e dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna nei suoi confronti, e per la pendenza di due ulteriori procedimenti penali nei suoi confronti.
Si tratta di parametri di valutazione che trovano, in effetti, fondamento nella giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto che, per effettuare il doppio giudizio prognostico previsto dall’art. 47 citato, il Tribunale di sorveglianza debba valutare anche le pendenze processuali (Sez. 1, Sentenza n. 41796 del 09/09/2021, Acri, Rv. 282153) o l’inizio di un percorso di revisione critica del proprio passato (Sez. 1, Sentenza n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924), e la commissione di violazioni alle prescrizioni di un provvedimento del giudice è senz’altro indice della mancanza di un processo di revisione critica.
Il ricorso attacca la motivazione dell’ordinanza, deducendo che non è stata valutata favorevolmente la positiva relazione dell’URAGIONE_SOCIALE.e. (allegata al ricorso ai fini dell’autosufficienza) e l’assenza di nuove denunce.
L’argomento è infondato, in quanto in modo non illogico il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto subvalente la relazione dell’ufficio esecuzione penale esterna rispetto ai dati oggettivi costituiti dalle due violazioni commesse dal condannato che illuminano sulla capacità della condannata di rispettare le prescrizioni di una misura che non sia totalmente contenitiva, e subvalente l’assenza di nuove denunce rispetto alla pendenza di ulteriori giudizi che danno conto di una capacità criminale della condannata che non è esaurita dai soli titoli in espiazione.
D’altronde, non solo non è illogico aver attribuito, nella comparazione tra i dati di conoscenza a disposizione del Tribunale, rilievo prevalente alle due recenti violazioni dei provvedimenti del giudice, ma, al contrario, sarebbe stato illogico dopo che la condannata ha violato le prescrizioni della detenzione domiciliare, concederle una misura ancora più ampia.
Lo stesso principio, sotteso alla ordinanza impugnata, della gradualità dell’accesso alle misure alternative ha superato lo scrutinio del giudice di legittimità, che ha ritenuto che il sistema di accesso ai benefici penitenziari sia fondato sulla progressività e gradualità (Sez. 1, n. 22443 del 17/1/2019, Froncillo, Rv. 276213).
L’ordinanza impugnata resiste, pertanto, alle censure che le sono state rivolte ed il ricorso deve conseguentemente essere ritenuto infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 31 gennaio 2024
Il consigliere estensore
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