Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7349 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7349 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BARLETTA il 15/12/1968
avverso l’ordinanza del 19/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di SALERNO
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Salerno rigettava le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e di detenzione domiciliare proposte nell’interesse di NOME COGNOME reputando “tranciante in senso negativo” la condizione di soggetto senza fissa dimora dell’istante, non superata dalla dichiarazione resa in udienza dal difensore circa il nuovo domicilio reperito dal suo assistito, perché priva di supporto documentale.
Quanto alla offerta di lavoro proveniente dal fratello NOME, il Tribunale evidenziava, in base a informativa inviata dal Commissariato PolStato di Barletta, che il suddetto familiare era stato denunciato per violazioni del Codice della strada oltre che per invasione di terreni e frode nelle pubbliche forniture.
D’altro canto, il prospettato impegno presso l’associazione di volontariato “RAGIONE_SOCIALE” era stato ancorato a produzione fornita in udienza “a fronte di una citazione partita da mesi”.
Anche le pendenze per fatti recenti, commessi nel 2022, ostavano a un giudizio prognostico favorevole in relazione a entrambe le istanze presentate.
Ricorre per cassazione l’imputato, per il tramite del suo difensore, deducendo, quale unico motivo di ricorso, vizio di motivazione in relazione all’art. 47 Ord. pen.
Ad avviso del ricorrente, il giudice di merito avrebbe fondato il rigetto dell’istanza esclusivamente sul passato criminoso del MARZANO, senza considerare gli elementi positivi allegati dalla difesa.
In primo luogo, il Tribunale avrebbe omesso di valutare, con motivazione illogica, basata sulla tardività della produzione documentale relativa (coincidente con l’udienza di discussione), la disponibilità manifestata dal Presidente dell’Associazione Culturale e di Volontariato “RAGIONE_SOCIALE” ad accogliere il condannato per l’espletamento della misura alternativa richiesta.
In secondo luogo, avrebbe omesso di considerare che NOME COGNOME, fratello dell’istante e titolare di un’attività di installazione di impianti pubbli nel territorio della Puglia, si era reso disponibile per l’assunzione del congiunto con un contratto a tempo indeterminato part-time.
Rispetto a tale opportunità risocializzante, il giudice a quo si sarebbe limitato a richiamare, in modo inconferente, precedenti denunce, peraltro risalenti, a carico dell’imprenditore senza tener conto della natura amministrativa di alcune violazioni e senza chiarirne il collegamento con il rischio di una nuova eventuale devianza del condannato.
Ancora, il Tribunale di sorveglianza non avrebbe valutato le informative di Polizia dalle quali risultava l’assenza di qualsivoglia collegamento dell’istan
ambienti della criminalità organizzata, né, da ultimo, l’esiguità della pena inflittagli, pari a otto mesi di reclusione per fatti risalenti al 2010.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, perciò, rigettato.
Appare utile premettere che, attraverso la misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa, (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
In relazione alla peculiare finalità dell’affidamento, la giurisprudenza di legittimità è uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione della misura, non possono, di per sé soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna e i precedenti penali, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 771 del 6/2/1996, COGNOME, Rv. 203988 – 01; Sez. 1, 19/11/1995, COGNOME, Rv. 203154 – 01).
In particolare, è stato chiarito che, per il giudizio prognostico favorevole, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione deve costituire, unitamente ai precedenti (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062 – 01), alle pendenze e alle informazioni di P.S. (Sez. 1, n. 1970 dell’11/3/1997, COGNOME, Rv. 207998 – 01), il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 6783 del 13/12/1996, COGNOME, Rv. 206776 – 01; Sez. 1, n. 688 del 5/2/1998, COGNOME, Rv. 210389 – 01; Sez. 1, n. 371 del 15/11/2001, dep. 8/1/2002, COGNOME, Rv. 220473 – 01; Sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, COGNOME, Rv. 244322 – 01; Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01); si è di recente precisato che, fra gli indicatori utilmente apprezzabili in tale ottica, possono essere annoverati l’assenza di nuove denunzie,
il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 43863 del 23/10/2024, COGNOME, Rv. 287151 – 01; Sez. 1, n. 6752 del 19/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285859 – 02; Sez. 1, n. 7873 del 18/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285855 – 01; Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924 – 01).
Occorre, inoltre, ricordare che l’affidamento in prova al servizio sociale presuppone la continua reperibilità dell’interessato, sia prima dell’applicazione della misura alternativa alla detenzione che nel corso dell’esecuzione della stessa, atteso che soltanto così può valutarsi il comportamento e, segnatamente, l’osservanza delle prescrizioni concernenti i rapporti con il servizio sociale, la dimora, la libertà di locomozione, il divieto di certe frequentazioni, il lavoro d svolgere (Sez. 1, n. 22442 del 17/01/2019, COGNOME Rv. 276191 – 01).
Ed invero, una volta presentata la richiesta di tale misura alternativa, il condannato ha l’obbligo di collaborare con gli operatori del servizio sociale delegati a raccogliere utili informazioni sul suo conto, anche al fine di predisporre un programma di intervento con previsione delle prescrizioni idonee, da un lato, ad assicurare la rieducazione dell’interessato e, dall’altro, a prevenire il pericolo d commissione di nuovi reati.
Pertanto, il comportamento del soggetto che, dopo aver chiesto la concessione della misura alternativa in esame, faccia perdere le sue tracce, dimostra, senza alcun dubbio, la mancanza di volontà collaborativa con gli operatori del servizio sociale che hanno lo specifico compito di formulare proposte sulla base delle informazioni raccolte. Ne consegue che l’irreperibilità del medesimo ben può essere valutata in chiave negativa dal Tribunale di sorveglianza ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale, in quanto tale comportamento si pone in netto contrasto con le finalità proprie di detto istitu (Sez. 1, n. 811 del 07/02/1996, COGNOME Rv. 204015 – 01).
Nel caso di specie, il Tribunale ha fatto corretta applicazione degli enunciati principi, perché, nella formulazione della sua prognosi negativa, non ha preso in considerazione unicamente le denunce pregresse e i recentissimi carichi pendenti concernenti l’interessato e valutato in modo non illogico l’inconcludenza delle proposte risocializzanti, ma, soprattutto, con importanza centrale e dirimente, ha stigmatizzato lo stato di sostanziale irreperibilità di fatto in cui ver il predetto, non superata dalle indicazioni fornita nell’udienza di discussione dal difensore, in quanto sprovviste di adeguato riscontro documentale.
Le censure difensive, per lo più articolate in punto di fatto, non scalfiscono il congruo tessuto argomentativo che innerva l’ordinanza impugnata e,
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in particolare, non oppongono specifici rilievi critici sul tema fondamentale della irreperibilità del condannato.
Dal rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2024
Il Consigliere estensore