Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13034 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13034 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
J ricorso proposto da:
( NOME nato a ROSOLINI il DATA_NASCITA
€ rso l’ordinanza del 24/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
liCia la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME le.tle le conclusioni del PG, il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 maggio 2023, il Tribunale di sorveglianza di Catania ha rigettato l’istanza, proposta da NOME COGNOME, intesa all’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena detentiva residua di otto mesi e ventisette giorni di reclusione – inflittagli per aver commesso, tra il 2013 ed il 2014, il reato di traffico di influenze continuato – e lo ha, contestualmente, ammesso alla detenzione domiciliare.
Ha, in proposito, ritenuto che, pur tenendo conto dell’ammissione di responsabilità in ordine all’addebito, dell’avvenuto risarcimento del danno e dello svolgimento di attività di volontariato, l’accoglimento della richiesta principale resta precluso dal negativo vissuto di NOME, gravato da numerosi precedenti e da svariate pendenze, una delle quali relativa a fatto che egli è valso, in primo grado, la condanna alla pena di cinque anni e quattro mesi di reclusione, nonché dall’atteggiamento di minimizzazione che egli ha assunto rispetto all’illecito la cui commissione è stata sanzionata con la pena della cui esecuzione si discute.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, del quale si darà atto, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod, proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione, con il quale deduce violazione di legge, sostanziale e processuale, e vizio di motivazione per avere il Tribunale di sorveglianza indebitamente esaltato la rilevanza di un curriculum giudiziario nel quale comportamenti successivamente depenalizzati concorrono con altri puniti con la sola pena pecuniaria e con episodi, comunque, di ridottissima offensività ed assai risalenti nel tempo.
Rileva, ulteriormente, che il provvedimento impugnato riporta la pendenza di procedimenti che, in realtà, si sono, per la maggior parte, conclusi con esito a lui favorevole e che sono stati promossi in relazione a condotte temporalmente anteriori rispetto a quella cui è riferita la condanna alla pena in esecuzione.
Ascrive, sotto altro, connesso, aspetto, al Tribunale di sorveglianza, di avere trascurato o, in taluni passaggi, travisato il contenuto, ampiamente positivo, della relazione dell’UEPE del 22 maggio 2023.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento cori rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
L’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base deVosservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa,. anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato.
Il giudizio in merito alla ammissione all’affidamento si fonda, dunque, sull’osservazione dell’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale: è infatti consolidato, presso la giurisprudenza di legittimità, l’indirizzo ermeneutico secondo cui «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non potendo prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e dai procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la condotta successivamente serbata dal condannato» (Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S., Rv. 273985), in tal senso deponendo il tenore letterale dell’art. 47, commi 2 e 3, legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui condiziona l’affidamento al convincimento che esso, anche attraverso le prescrizioni impartite al condannato, contribuisca alla sua rieducazione ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto delA iiberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/0.5/2009, COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, NOME, Rv. 202413).
Se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella misura reputata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena -diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il percolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745).
Il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinamentale
sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata.
Rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno, ai fini della risocializz:azione e della prevenzione della recidiva, delle misure alternative alla cui base vi è la comune necessità di una prognosi positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un unitario accertamento (Sez. 1, n. 16442 del 10/02/2010, Pennacchio, Rv. 247235) e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto.
Le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caroso, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio.
Scrutinata alla luce di tali principi, l’ordinanza impugnata supera senz’altro il vaglio di legittimità.
Il Tribunale di sorveglianza ha, invero, ancorato la propria valutazione, da un canto, alle negative informazioni acquisite in ordine alla personalità di NOME COGNOME, più volte condannato, in passato, per reati di non minimale offensività, tra cui furto e lesioni personali, e coinvolto, in tempi relativamente, recenti, in ulteriori procedimenti penali e, precipuamente, in quello, afferente ai reati di adulterazione di sostanze alimentari e truffa, che, in primo grado, si è concluso con l’inflizione della pena – espressione di un consistente disvalore -di cinque anni e quattro mesi di reclusione.
Ha, dall’altro, rilevato che NOME, quantunque protagonista di iniziative, quali il risarcimento del danno nei confronti delle vittime o la dedizione ad attività di volontariato, sintomatiche del recupero dei valori della convivenza civile, ha mostrato, ancora in occasione dell’indagine demandata all’UEPE, un atteggiamento incompatibile con l’avvio di un percorso di revisione critica dei propri agiti devianti, in particolare asserendo, si legge nel provvedimento impugnato, «che l’illecito commesso e gli altri precedenti penali non son caratterizzati dallo steso disvalore che comunemente caratterizza le condotte criminose socialmente riprovevoli».
A fronte di considerazioni coerenti con la descritta cornice ermeneutica e saldamente ancorate agli elementi acquisiti’ il ricorrente pone l’accento su circostanze – quali quelle afferenti al proprio background criminale, in chiave di offensività e di epoca di commissione dei reati – che non appaiono in alcun modo in grado di scalfire la solidità del costrutto argomentativo sotteso alla decisione impugnata, imperniato, come detto, sul concorrente pilastro costituito
dalla scarsa consapevolezza, in capo al condannato, del disvalore delle azioni realizzate, sintomatico di un atteggiamento non dissimile da quello che ha favorito l’insorgenza e l’attuazione del proposito criminoso e che, se non superato, potrebbe dare la stura alla consumazione di nuovi illeciti, la cui prevenzione è garantita dall’esecuzione della pena nelle prescelte forme della detenzione domiciliare.
Le doglianze del ricorrente appaiono, per un verso, improntate alla confutazione ed alla diversa considerazione clli evidenze istruttorie delle quali il Tribunale di sorveglianza ha offerto un’esegesi che sfugge al sindacato di legittimità, specie laddove àncora il giudizio al combinato e sinergico apprezzamento di precedenti definitivi e pendenze (specie di quella concernente la vicenda di maggiore gravità) e dell’approccio minimizzante con cui egli si accosta, anche all’attualità, con il reato che, pure, ha ammesso di avere commesso e che ha generato il danno che egli ha rifuso.
Priva di pregio si rileva, a quest’ultimo proposito, la censura vertente sull’esatta interpretazione del contenuto della relazione dell’UEPE, allegata al ricorso, che, a dispetto di quanto eccepito, attesta, dapprima, che COGNOME «sottovaluta la gravità della condotta antigiuridica messa in atto, evidenziando come, nella visione propria di legalità, l’illecito di cui ha dovuto rispondere non è caratterizzato dallo stesso disvalore che comunemente caratterizza le condotte criminose socialmente riprovevoli» per aggiungere, subito dopo, che, in relazione alle «condanne brevi, non eseguite per aver beneficiato della sospensione condizionale della pena e dell’indulto», egli offre «versioni giustificative» che «richiamano quelle addotte per la condanna che dovrà essere eseguita».
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di NOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. per. .
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il processuali. ricorrente al pagamento delle spese
Così deciso il 20/12/2023.
NOME