Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35920 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35920 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/09/2025
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Brindisi il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Lecce del 24/4/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 24.4.2025, il Tribunale di Sorveglianza di Lecce ha provveduto su una richiesta di affidamento in prova, semilibertà o detenzione domiciliare, proposta da NOME COGNOME, detenuto agli arresti domiciliari ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen., con fine pena al 12.11.2028, per il reato di tentato omicidio commesso il 15.8.2023.
Il Tribunale ha dato atto che COGNOME non ha precedenti condanne, oltre a quella in esecuzione, e annovera una pendenza per minaccia aggravata accertata il 10.5.2024; ha aggiunto, altresì, che i Carabinieri riferiscono di alcuni suoi
precedenti di polizia e che il condannato non svolge attività lavorativa, provenendo i mezzi del suo sostentamento dal lavoro dei genitori, entrambi pregiudicati.
Dalla relazione dell’ Uepe, risulta che COGNOME ha manifestato un atteggiamento superficiale riguardo alla commissione del reato, affermando di avere agito d’istinto nei confronti del guardiano di uno stabilimento balneare che gli aveva impedito l’accesso alla toilette.
Il Tribunale ha precisato che sono state acquisite una disponibilità lavorativa da parte dell’azienda agricola presso cui COGNOME lavorava prima del fatto e una disponibilità a svolgere attività di volontariato presso un’RAGIONE_SOCIALE.
Ciò posto, l’istanza è stata rigettata in considerazione della superficialità con cui il condannato valuta il fatto commesso, che tende a giustificare. Di conseguenza, il Tribunale, anche tenuto conto del lontano fine pena, ha ritenuto inappropriata la concessione di una misura alternativa.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME, articolando un unico motivo, con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., apparenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dei presupposti dell’affidamento in prova.
Evidenzia, in particolare, che dalla relazione dell’Uepe emerge una serie di elementi positivi, quali il fatto che il condannato si sia mostrato disponibile al dialogo e abbia riconosciuto il contesto in cui è inserito, la disponibilità di un’attività lavorativa e di volontariato, il sostegno familiare.
A fronte di tali elementi, la motivazione del Tribunale -si duole il ricorrente -è distonica e avulsa dai parametri normativi di riferimento, soprattutto riguardo alla condizione sostanziale del condannato che nell’anno precedente ha tenuto un contegno tale da legittimare una prognosi favorevole circa il suo reinserimento sociale.
Con requisitoria scritta trasmessa il 16.7.2025, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, in quanto la motivazione del l’ordinanza impugnata è congrua e priva di vizi logici.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.
L’accesso all’affidamento in prova al servizio sociale al cui rigetto si riferisce specificamente il ricorso -è subordinato alla sussistenza di determinati
requisiti, alcuni dei quali attinenti alla meritevolezza della misura alternativa che il tribunale di sorveglianza deve ricavare dall’analisi del comportamento tenuto dal condannato e dalla conseguente prognosi di non recidiva da porsi in relazione con la idoneità dell’affidamento a contribuire al suo reinserimento nella società.
Sotto questo profilo, è stato affermato che, sebbene il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto sia costituito dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato e dei suoi comportamenti attuali, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174 -01; Sez. 1, n. 7873 del 18/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285855 -01).
In questa prospettiva, il Tribunale di Sorveglianza ha preso in considerazione gli elementi risultanti dall’indagine dell’Uepe e dalle informazioni di polizia, valorizzando in senso sfavorevole al condannato, in particolare, il mancato avvio di un percorso di revisione critica dei suoi comportamenti.
Si tratta di un elemento di sicuro rilievo ai fini della necessaria valutazione dell’idoneità della misura alternativa a rieducare il reo e ad assicurarne la prevenzione dal pericolo della recidiva.
Se è vero che, in tema di affidamento in prova al servizio sociale, non può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, è nondimeno necessario che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 43863 del 23/10/2024, Scuotto, Rv. 287151 -01; Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924 – 01).
Ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, il giudice deve valutare in concreto l’esistenza di elementi positivi in base ai quali si possa ragionevolmente ritenere che l’affidamento si riveli proficuo, valorizzando, tra gli altri, il ripudio delle condotte devianti del passato e l’adesione alle ragioni più profonde di valori socialmente condivisi.
Vale a dire che il condannato deve avere quantomeno intrapreso un percorso orientato alla sua risocializzazione, rispetto al quale l’affidamento in prova può costituire, appunto, il contesto appropriato entro cui tale percorso può progredire in una situazione più favorevole di quella carceraria ed essere completato.
In questa prospettiva, il Tribunale di sorveglianza ha escluso che si possa formulare una prognosi positiva circa la capacità di adesione del condannato al
percorso trattamentale extra-murario, sulla base della constatazione della sua pregiudiziale resistenza a rielaborare criticamente i precedenti comportamenti.
In tal modo, l’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, ai fini della concessione di benefici penitenziari, la mancanza di senso critico verso le condanne subite può essere valutata negativamente qualora sia espressione della persistenza di un atteggiamento mentale del condannato giustificativo del proprio comportamento antidoveroso, e quindi sintomatico di una mancata risposta positiva al processo di rieducazione (Sez. 1, n. 2295 del 28/3/2000, Romano, Rv. 216076 – 01), laddove l’evoluzione della personalità successivamente al fatto assume rilievo nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale ( Sez., 1, n. 10586 dell’ 8/2/2019, COGNOME, Rv. 274993 -01; Sez. 1, n. 33287 dell’ 11/6/2013, COGNOME, Rv. 257001 -01).
Il ricorso avversa le conclusioni del Tribunale di sorveglianza, rimarcando gli elementi positivi ricavabili dalla relazione dell’Uepe, che tuttavia l’ordinanza impugnata ha preso espressamente in considerazione, per considerarli, infine, recessivi con motivazione non manifestamente illogica.
E il Tribunale di sorveglianza ha collegato in modo congruo la circostanza che la revisione critica non abbia sostanzialmente avuto inizio anche al fatto che il fine pena sia ancora di là di venire, così richiamando un criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari, che, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio del trattamento penitenziario (Sez. 1, n. 5689 del 18/11/1998, dep. 1999, Foti, Rv. 212794 -01).
Sotto questo profilo, è stato più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità che, prima di ammettere il condannato a misure alternative alla detenzione, il Tribunale di sorveglianza, pure quando sono emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare la attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre con la concessione delle stesse (Sez. 1, n. 22443 del 17/1/2019, COGNOME, Rv. 276213 -01; Sez. 1, n. 27264 del 14/1/2015, COGNOME, Rv. 264037 -01), specie se -come nel caso in questione -il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere.
4. Alla luce di quanto fin qui osservato, il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19.9.2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME