Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7875 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 7875  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Roma il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma del 09/06/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma ha dichiarato inammissibile la richiesta di detenzione domiciliare avanzata, ai sensi dell’art.47-ter, comma 1-bis, Ord. pen. da NOME COGNOME in quanto condannato per un reato compreso nell’art.4-bis Ord. pen. (rapina aggravata) ed ha respinto quella di affidamento in prova ritenendo tale misura allo stato troppo ampia in considerazione dei suoi precedenti penali, del grave reato oggetto della condanna in espiazione, della pendenza per violazione delle legge stupefacenti, del contenuto delle informazioni della polizia e delle risultanze dell’attività di osservazione e trattamento.
Avverso la predetta ordinanza NOME AVV_NOTAIO, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art.4-bis, comma 1-ter, Ord. pen. ed il relativo vizio di motivazione con riferimento al giudizio di pericolosità sociale del condannato, desunto sulla base dei suoi precedenti penali, delle segnalazioni di polizia e di un presunto ed inesistente collegamento con la criminalità organizzata.
Al riguardo osserva che i suoi precedenti penali sono risalenti nel tempo e per reati di non particolare gravità, che la condanna in espiazione è la conseguenza del fatto che egli non era stato adeguatamente rappresentato dal difensore che non aveva proposto appello e che egli non ha collegamenti con ambienti criminali.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt.666, comma 5, 678, comma 2, 185 disp. att. cod. proc. pen., 47 e 13 Ord. pen. ed il relativo vizio di motivazione apparente, con riferimento al mancato rinvio del procedimento, da parte del Tribunale di sorveglianza di Roma, per l’acquisizione della indagine socio familiare svolta dall’UEPE.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Anzitutto va evidenziato che il ricorrente non censura il capo della ordinanza impugnata che aveva dichiarato inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare. Inoltre, deve ribadirsi che in questa sede non è possibile mettere in discussione il profilo della responsabilità penale (rispetto al quale è intervenuta la sentenza irrevocabile di condanna attualmente in espiazione), atteso che oggetto del presente procedimento è unicamente la decisione adottata dal Tribunale di sorveglianza sulla istanza di affidamento in prova.
Ciò posto è noto che, ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale, assume rilievo l’evoluzione della personalità del condannato successivamente al fatto nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1 – , Sentenza n. 10586 del 08/02/2019, Rv. 274993 – 01).
3.1. In proposito è opportuno ricordare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di adozione delle misure alternative alla detenzione, allorché il giudice di merito abbia accertato una propensione a delinquere del soggetto, desunta dal tipo di reato commesso e dalla assenza (o non completamento) di un processo di revisione critica, è giustificato il giudizio prognostico negativo in ordine alle probabilità di successo dell’applicazione di misure alternative al regime carcerario, non essendo sufficiente la mancanza di indicazioni negative ed occorrendo, invece, elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di esito favorevole della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (Sei. 1, n. 11573 del 05/02/2013, COGNOME, Rv. 255362; Sez. 1, n. 4553 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216914).
3.2. La valutazione delle condizioni per la concessione delle misure alternative alla detenzione è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre non sono ammesse le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto giudice.
Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza di Roma, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, ha evidenziato che non era possibile registrare nemmeno l’inizio di un reale processo di revisione critica da parte del condannato e,  GLYPH soprattutto, la necessità (come suggerito dalla ‘equipe’ di osservazione e trattamento) di far proseguire la esperienza inframuraria proprio per l’assenza di un positivo processo evolutivo della personalità del condannato.
Tale aspetto appare assorbente e, pertanto, risulta giustificata la decisione di non rinviare il procedimento per l’acquisizione della indagine dell”UEPE proprio in considerazione di quanto evidenziato dagli operatori penitenziari.
4.1. Secondo il Tribunale di sorveglianza, pertanto, tali elementi portavano a ritenere NOME COGNOME non meritevole di accedere alla più ampia fra le misure alternative alla detenzione, non avendo egli raggiunto il livello di maturità e consapevolezza necessario per l’affidamento in prova.
4.2. Si evidenzia, a tal fine, che la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale costituisce uno strumento di risocializzazione del condannato, per il quale è decisiva l’osservazione della personalità sulla base del comportamento attuale; conseguentemente, non sussiste il presupposto dell’affidamento stesso, allorquando, malgrado il comportamento formalmente corretto, venga rilevata l’assenza di un rivisitazione rispetto alle condotte illecite e quindi una sostanziale indifferenza del soggetto alle attività trattamentali offertegli e, dunque, il rifiu delle opportunità di rieducazione.
4.3. Pertanto il condannato, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, suggerisce una non consentita lettura alternativa degli elementi processuali coerentemente valutati dal giudice a quo.
 Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2023.