Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47261 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47261 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nata a Scandale il 12/01/1951 – difesa dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Crotone;
avverso l’ordinanza in data 11/06/2024 del Tribunale di sorveglianza di Palermo che ha rigettato l’opposizione e confermato il provvedimento di applicazione provvisoria della detenzione domiciliare del Tribunale di Palermo del 16/01/2024;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha respinto l’opposizione avverso il rigetto della richiesta di affidamento in prova al servizio sociale avanzata da NOME COGNOME nei cui confronti era stata applicata, in via provvisoria, la detenzione domiciliare con provvedimento del
16.01.2024 del Tribunale, in relazione alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, determinata con provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso, con ordine sospeso, dalla Procura della Repubblica di Sciacca in data 12.04.2013.
A fondamento della decisione, il Tribunale ha osservato che l’unico elemento di novità rispetto agli invariati profili, valutati nel provvedimento d rigetto della richiesta di affidamento in prova, era costituito da una «blanda attività di volontariato» da parte della sig. COGNOME compatibile con le condizioni fisiche della condannata, per cui, a fronte della «totale assenza di revisione critica e di un quadro complessivo di elementi socio lavorativi e risorse personali tali da supportare la formulazione di un’ipotesi di progetto funzionale alla più ampia misura alternativa», la misura già concessa in via provvisoria (detenzione domiciliare), è stata reputata quella maggiormente idonea ai fini di perseguire le esigenze di reinserimento sociale della condannata.
Ha interposto ricorso per cassazione il difensore, articolando un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Lamenta ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), e) cod. proc. pen. violazione di legge, in riferimento all’art. 47 Ord. pen., e contraddittorietà manifesta illogicità della motivazione.
Ad avviso delk ricorrente, il provvedimento impugnato si porrebbe in .> contrasto con gli insegnamenti giurisprudenziali, nella misura in cui non ritiene sufficiente l’avvio di un processo critico di riflessione sul proprio operato criminale, sembrando richiedere la completa ammissione delle responsabilità da parte della condannata, correlata da una presa d’atto dell’elevato disvalore delle condotte criminali, asseritamente indispensabili, secondo il Tribunale, a gestire gli ampi spazi di libertà connessi all’affidamento in prova.
Si tratterebbe di lettura contrastante con il dettato normativo che, se indica la necessità di revisione critica, non prevede la necessaria ammissione di responsabilità per i fatti commessi.
La motivazione si presenterebbe, da un lato, generica, dall’altro, apodittica, laddove, facendo mero richiamo ai precedenti e ai carichi pendenti, omette di considerare l’avvenuta risocializzazione della persona ed il suo percorso rieducativo, alla luce dell’attualità, nel caso contraddistinta dalla disponibilità offerta dalla Caritas per la prestazione di un’attività di volontaria in lavori socialmente utili, indice di un avviato processo di riparazione del danno.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Il procedimento è stato trattato con rito camerale non partecipato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME è infondato e deve essere rigettato.
1.1. La ricorrente omette di confrontarsi con le ragioni, non illogiche, esaurienti e conformi al dato normativo, poste a fondamento del provvedimento impugnato che, nell’esaminare la richiesta di affidamento in prova, ha considerato ostativi, oltre ai precedenti penali a carico della condannata, la mancata partecipazione al percorso rieducativo e di revisione critica, nonché un quadro complessivo di elementi socio-lavorativi e risorse personali inidonei a supportare, diversamente da quanto opina il ricorrente, una ipotesi di progetto funzionale alla più ampia misura dell’affidamento, ritenendo, per contro, sussistere i presupposti per la concessione della detenzione domiciliare.
La circostanza che sia stato chiesto ed ottenuto da NOME COGNOME di partecipare a lavori socialmente utili presso la Caritas, lungi dall’essere profilo non adeguatamente considerato, risulta invero elemento preso in considerazione dal Tribunale che, in proposito, ha osservato come tale elemento di novità rispetto al quadro esaminato dal Magistrato afferisce ad una «blanda attività di volontariato», non decisiva ai fini della concessione di una misura più ampia, ai fini della valutazione di un progressivo percorso riabilitativo.
Ad avviso del Collegio, sono infondate le doglianze del ricorrente, atteso che l’ammissione ai lavori socialmente utili ed il contesto familiare sono stati presi in considerazione dal Tribunale, la cui valutazione circa la prevalenza delle ragioni sottese al diniego, stante l’assenza, anche embrionale, di revisione critica ed un quadro socio-lavorativo e di risorse personali ostativo alla formulazione di un progetto funzionale alla più ampia misura alternativa, appaiono logiche e coerenti con il dato normativo.
Risulta pertanto pienamente rispettato il dictum giurisprudenziale secondo il quale «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizi prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non possono, d per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la
mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato. (In motivazione, la Corte ha specificato che le fonti di conoscenza che il tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare sono sia il reato commesso, i precedenti penali, le pendenze processuali e le informazioni di polizia sia anche la condotta carceraria ed i risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, onde verificare la sussistenza di elementi positivi che facciano ragionevolmente ritenere la proficuità dell’affidamento, quali l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti passate, l’adesione ai valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante)» (così, Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924-01; in senso conforme, cfr., altresì, Sez. 1, n. 773 del 03/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258402-01).
Tanto premesso, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12/11/2024.