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Affidamento in prova: no se la prognosi è negativa

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego di affidamento in prova a un condannato. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il Tribunale di Sorveglianza ha correttamente basato la sua prognosi negativa su fattori quali dipendenze irrisolte, ostruzionismo e assenza di autocritica, ritenendoli prevalenti rispetto a eventuali elementi positivi.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’affidamento in prova e la valutazione del giudice: l’Ordinanza 38296/2024

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta uno strumento fondamentale nel sistema penitenziario italiano, volto a favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica, ma subordinata a una rigorosa valutazione da parte del Tribunale di Sorveglianza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri che guidano questa decisione, sottolineando come una prognosi negativa sulla rieducazione e la pericolosità del soggetto possa giustificare il diniego del beneficio.

I Fatti del Caso

Un condannato si era visto negare l’affidamento in prova dal Tribunale di Sorveglianza di Genova. Contro questa decisione, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata valutazione della sua situazione. La difesa sosteneva che il Tribunale avesse ingiustamente trascurato gli elementi positivi emersi, concentrandosi unicamente su aspetti negativi.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Tribunale di Sorveglianza aveva fondato il proprio diniego su una serie di elementi critici che, nel loro complesso, delineavano un quadro di inidoneità della misura. In particolare, il giudice aveva evidenziato:

* Problematiche di dipendenza: La persistenza di questioni legate all’abuso di alcol, peraltro negate dall’interessato nonostante le evidenze.
* Fallimenti precedenti: Il fallimento di passati percorsi terapeutici e di risocializzazione.
* Atteggiamento ostativo: Un comportamento ostruzionistico nei confronti degli operatori sociali incaricati di seguirlo.
* Mancanza di consapevolezza: Una totale assenza di comprensione della gravità della propria dipendenza.
* Incapacità di seguire le regole: La difficoltà a conformarsi alle rigide prescrizioni del programma di recupero, incluse quelle di natura farmacologica.
* Assenza di revisione critica: La mancata rielaborazione critica del proprio passato criminale.
* Instabilità abitativa: Una situazione di domicilio precaria.

Pur prendendo atto degli elementi positivi portati dalla difesa, il Tribunale li aveva considerati recessivi e non sufficienti a formulare una prognosi favorevole.

L’Analisi della Cassazione sull’affidamento in prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza dell’operato del Tribunale di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno ricordato che il loro ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la logicità e la correttezza giuridica della decisione impugnata. Nel caso di specie, il ragionamento del Tribunale è stato ritenuto immune da vizi.

La Suprema Corte ha ribadito alcuni principi cardine in materia di affidamento in prova:

1. Valutazione completa: La decisione non può basarsi solo sulla gravità dei reati commessi, ma deve tenere conto della condotta successiva del condannato, cercando elementi positivi che indichino un percorso di cambiamento.
2. Processo critico avviato: Non è richiesta una completa revisione del proprio passato, ma è sufficiente che emerga l’avvio di un tale processo critico.
3. Autonomia del giudice: Il Tribunale non è vincolato dai giudizi espressi nelle relazioni dei servizi sociali, ma deve compiere una valutazione autonoma e complessiva, ponderando tutte le informazioni sulla personalità, lo stile di vita e la pericolosità del soggetto.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione si fonda sul fatto che il Tribunale di Sorveglianza ha fatto buon governo dei principi sopra esposti. La valutazione discrezionale del giudice di merito ha correttamente identificato una serie di indicatori negativi che, sommati, rendevano la prognosi sfavorevole. La misura dell’affidamento in prova è stata ritenuta inidonea sia a impedire la commissione di nuovi reati sia a favorire un reale reinserimento sociale del condannato. Le argomentazioni del Tribunale, basate su elementi concreti come le dipendenze irrisolte e l’atteggiamento non collaborativo, sono state giudicate logiche e coerenti, rendendo il ricorso manifestamente infondato.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma che l’accesso alle misure alternative alla detenzione non è un diritto incondizionato, ma il risultato di una valutazione prognostica complessa. Il giudice deve bilanciare le istanze rieducative con le esigenze di prevenzione e sicurezza sociale. La presenza di fattori critici radicati nella personalità e nel comportamento del condannato, che indicano un’alta probabilità di recidiva e una scarsa adesione al percorso di recupero, costituisce un valido motivo per negare l’affidamento in prova. La decisione sottolinea l’importanza di un approccio graduale e di una valutazione personalizzata, dove gli elementi positivi devono essere concreti e prevalenti rispetto a quelli che delineano un profilo di rischio.

Per concedere l’affidamento in prova è sufficiente che il condannato non abbia più commesso reati?
No, non è sufficiente. La valutazione deve accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che dimostrino un percorso di cambiamento e l’idoneità della misura a fronteggiare il pericolo di recidiva.

Il giudice è obbligato a seguire le indicazioni positive fornite dagli operatori sociali?
No. Il Tribunale di Sorveglianza non è vincolato dai giudizi espressi nelle relazioni degli organi di osservazione. È tenuto a considerarli, ma deve effettuare una valutazione autonoma e complessiva della personalità e della pericolosità del soggetto per formulare la propria decisione.

Quali elementi possono portare a una prognosi negativa e al rifiuto dell’affidamento in prova?
Nel caso specifico, elementi come problematiche di dipendenza irrisolte, un atteggiamento ostruzionistico verso gli operatori, la mancanza di consapevolezza critica del proprio passato deviante e la difficoltà a seguire le prescrizioni di un programma di recupero sono stati decisivi per formulare una prognosi negativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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