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Affidamento in prova: no se il recupero è incompleto

La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della richiesta di affidamento in prova per un detenuto che, dopo aver già beneficiato in passato della stessa misura, aveva commesso un nuovo reato. La decisione si fonda sulla valutazione negativa del percorso di recupero, ritenuto incompleto e non supportato da una reale revisione critica del proprio operato, e sull’assenza di periodi di prova tramite permessi premio, considerati fondamentali per testare l’affidabilità del condannato.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in prova: non basta la buona condotta, serve un reale recupero

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta uno strumento fondamentale per il reinserimento del condannato, ma la sua concessione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito che, per accedere a questa misura alternativa, è necessaria una valutazione rigorosa che tenga conto del percorso di recupero del detenuto, del suo atteggiamento critico verso il reato commesso e del concreto rischio di recidiva. Il caso esaminato riguardava un soggetto che, dopo aver già usufruito in passato dell’affidamento, era tornato a delinquere.

I fatti del caso: un percorso di recupero interrotto

Il ricorrente, detenuto per scontare una pena cumulata di 7 anni di reclusione, aveva richiesto l’accesso all’affidamento in prova e alla detenzione domiciliare. In passato, aveva già ottenuto un affidamento in prova per un reato legato agli stupefacenti, misura che si era conclusa con l’estinzione della pena. Tuttavia, successivamente, aveva commesso un nuovo reato della stessa specie, venendo condannato con l’aggravante della recidiva.
Il Tribunale di Sorveglianza, investito della nuova richiesta, aveva respinto le istanze. La motivazione del rigetto si basava su una valutazione negativa della personalità del condannato. In particolare, i giudici hanno evidenziato la gravità del reato e un’incompleta revisione critica da parte del soggetto, che tendeva a minimizzare le proprie responsabilità e a concentrarsi solo sul proprio stato d’animo derivante dalla detenzione. Inoltre, è stato sottolineato come il detenuto non avesse mai beneficiato di permessi premio, strumento ritenuto fondamentale per testare la sua affidabilità all’esterno del carcere, specialmente alla luce del precedente fallimento.

La decisione della Cassazione e il criterio dell’affidamento in prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno ricordato che la concessione dell’affidamento in prova richiede un giudizio prognostico positivo, volto ad accertare non solo la possibilità di reinserimento sociale, ma anche a prevenire la commissione di nuovi reati. Questa valutazione deve basarsi su una serie di indicatori, tra cui la natura dei reati commessi, i precedenti penali, la condotta successiva e l’attuale situazione personale e familiare.

Le motivazioni: valutazione del rischio di recidiva e percorso di recupero

La Corte ha ritenuto logica e ben argomentata la motivazione del Tribunale. Il fatto che il ricorrente fosse tornato a delinquere dopo la conclusione di un precedente affidamento in prova è stato considerato un elemento di forte peso negativo, dimostrando la “non proficuità” del percorso di recupero precedente e giustificando un maggior rigore nella nuova valutazione.
Un punto cruciale della motivazione è l’assenza di un processo di “revisione critica” del reato. Non è sufficiente un pentimento formale; è necessario che il condannato avvii una riflessione autentica sulle cause del proprio comportamento deviante. Nel caso specifico, l’atteggiamento del detenuto, che tendeva a cambiare discorso quando si affrontava il tema del reato, è stato interpretato come un segnale di un percorso di recupero non ancora maturo.
Infine, la Cassazione ha avallato l’importanza attribuita alla mancata fruizione di permessi premio. Questi permessi non sono solo un beneficio, ma un test essenziale per verificare la capacità di autocontrollo del detenuto. Aver saltato questa fase è stato ritenuto un motivo valido per considerare prematura la concessione della più ampia misura dell’affidamento.

Le conclusioni: i criteri per la concessione delle misure alternative

La sentenza riafferma un principio cardine dell’ordinamento penitenziario: le misure alternative non sono un diritto automatico, ma l’esito di una valutazione complessa e individualizzata. Un precedente fallimento in un percorso di recupero, come una recidiva dopo un affidamento in prova, impone ai giudici una cautela ancora maggiore. Per ottenere nuovamente la fiducia dello Stato, il condannato deve dimostrare con fatti concreti di aver intrapreso un serio e profondo percorso di cambiamento, che va oltre la semplice buona condotta carceraria e include una sincera riconsiderazione critica del proprio passato criminale.

Aver già beneficiato dell’affidamento in prova garantisce di ottenerlo di nuovo?
No. Al contrario, se una persona torna a commettere reati dopo aver concluso un periodo di affidamento, questo dimostra la non efficacia del precedente percorso e giustifica un’analisi molto più rigorosa e severa per una eventuale nuova richiesta.

La mancanza di una revisione critica del reato può impedire la concessione dell’affidamento in prova?
Sì. La sentenza chiarisce che, sebbene non sia richiesto un ravvedimento completo, è fondamentale che il condannato abbia almeno avviato un serio processo di revisione critica dei reati commessi. Un atteggiamento che minimizza o elude le proprie responsabilità viene valutato negativamente dal giudice.

È necessario aver usufruito di permessi premio per ottenere l’affidamento in prova?
Pur non essendo un prerequisito assoluto, la Corte li considera un passaggio fondamentale. I permessi premio sono visti come un test cruciale per valutare la capacità di autocontrollo del detenuto nel mondo esterno. La loro assenza, specialmente in casi di pregressa recidiva, può portare il giudice a ritenere prematura la concessione di una misura più ampia come l’affidamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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