Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14183 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14183 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Roma il 22/01/1967
avverso l’ordinanza emessa il 06/11/2024 dal Tribunale di sorveglianza di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 6 novembre 2024 il Tribunale di sorveglianza di Ancona respingeva l’istanza di concessione del beneficio penitenziario dell’affidamento in prova al servizio sociale richiesto da NOME COGNOME, ex art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), per la pena detentiva residua che i condannato doveva scontare, la cui conclusione veniva individuata nella data del 19 agosto 2026.
A sostegno di tale decisione, il Tribunale di sorveglianza di Ancona evidenziava l’assenza di un adeguato percorso di rieducazione trattamentale, resa evidente dalle sanzioni disciplinari riportate dal condannato durante la su detenzione e dall’assenza di un percorso di collaborazione processuale portato avanti dall’istante dopo essere stato condannato.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, articolando tre censure difensive.
Con le prime due doglianze, di cui si impone un esame congiunto, si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 3, comma 2, decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 1992, conseguenti alla ritenuta insussistenza dei presupposti dei benefici penitenziar dell’affidamento in prova al servizio sociale, che erano stati valutati dal Tribuna di sorveglianza di Ancona con un percorso argomentativo incongruo, che non teneva conto del progetto rieducativo prospettato dal condannato, che veniva valutato negativamente sulla base delle sanzioni disciplinari riportate da condannato e dall’assenza di collaborazione, peraltro non richiesta in relazione alla misura alternativa invocata. L’incongruità del percorso argomentativo posto a fondamento del provvedimento censurato si riteneva ulteriormente corroborato dall’erroneo riferimento, contenuto nella parte iniziale de provvedimento censurato, alla misura alternativa della detenzione domiciliare anziché a quella dell’affidamento in prova al servizio sociale effettivamente richiesta d condannato.
Con il terzo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge dell’ordinanza impugnata, per non avere il Tribunale di sorveglianza di Ancona, nel respingere l’istanza presupposta, dato atto della documentazione allegata alla memoria difensiva del 18 ottobre 2024, finalizzata a dimostrare l’assenza di collegamenti tra NOME COGNOME e l’ambiente criminale di provenienza, con la quale, a fronte dell’evidente decisività delle allegazioni difensive, non ci si confrontati.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Osserva il Collegio che il ricorso proposto da NOME COGNOME non individua singoli profili del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, ma tende a provocare una rivalutazione complessiva dei presupposti per la concessione del beneficio penitenziario dell’affidamento in prova al servizio sociale, che, al contrario, risultano vagliati dal Tribunale di sorveglianza di Ancona in conformità delle risultanze processuali e del comportamento intramurario del condannato, rispetto al quale privi di rilievi appaiono le doglianze relative all’entrata in vigore dell’art. 3, comma 2, decreto-legge n. 162 del 2022.
Il Tribunale di sorveglianza di Ancona, invero, valutava correttamente gli elementi informativi di cui disponeva, sulla base dei quali elaborava un percorso argomentativo congruo e privo di erronea applicazione della legge penitenziaria, formulando un giudizio prognostico adeguato sulla spiccata personalità criminale di NOME COGNOME che correlava al suo comportamento intramurario, che veniva ritenuto inadeguato alla luce delle cinque sanzioni disciplinari riportate dal ricorrente durante la sua detenzione presso le strutture penitenziarie di Roma Rebibbia e di Viterbo.
Non può, in proposito, non richiamarsi, in linea con quanto affermato nel provvedimento impugnato, l’estrema pericolosità dell’area criminale da cui proveniva NOME COGNOME, rappresentata dal gruppo, tuttora attivo nell’area capitolina del traffico di sostanze stupefacenti, denominato Cosa Nostra Tiburtina, nella quale il ricorrente risultava pienamente inserito, al contrario di quanto dedotto dal suo difensore, come dimostrato dagli esiti del procedimento nel quale riportava la pesante condanna per le ipotesi di reato di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U. stup.), della cui esecuzione si controverte.
Il giudizio prognostico negativo, dunque, si riteneva corroborato dal compendio informativo acquisito dal Tribunale di sorveglianza di Ancona, che valutava unitariamente gli elementi informativi di cui disponeva, rispetto ai quali privo di rilievo appare il riferimento al contenuto della memoria difensiva del 18 ottobre 2024, la cui valenza dimostrativa – analogamente a quanto si è evidenziato a proposito dell’entrata in vigore dell’art. 3, comma 2, decreto-legge
n. 162 del 2022 – appare evidentemente recessiva rispetto ai dati processuali, univocamente orientati in senso sfavorevole al condannato.
3. Occorre, pertanto, ribadire che il Tribunale di sorveglianza di Ancona valutava correttamente gli elementi informativi di cui disponeva, fondando il giudizio prognostico negativo nei confronti di NOME COGNOME su una valutazione complessiva della sua elevata caratura criminale, che appare pienamente rispettosa della giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui, ai fini della concessione di una misura alternativa alla detenzione, pur non «potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01).
Né potrebbe essere diversamente, atteso che costituisce espressione di un orientamento ermeneutico parimenti consolidato, pienamente rispettato nel caso del ricorrente, il principio secondo cui, ai fini della concessione di un beneficio penitenziario, non si può prescindere dal vaglio dei comportamenti del condannato, antecedenti e susseguenti alla commissione dei reati in espiazione, in funzione della valutazione prognostica dei benefici penitenziari richiesti. Tale vaglio deve essere effettuato tenendo conto del processo di revisione critica seguito dall’istante, indispensabile per la formulazione di un giudizio sul suo reinserimento sociale, su cui, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza di Ancona si esprimeva, correttamente, in termini negativi, correlando il percorso trattamentale del ricorrente all’elevato disvalore delle ipotesi di reato di cui agli artt. 73 e 74 T.U. stup., della cui esecuzione si controverte (tra le altre, Sez. 1, n. 10586 del 08/02/2019, COGNOME, Rv. 274993 – 01; Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME Rv. 257001 – 01; Sez. 1, n. 18388 del 20/02/2008, COGNOME, Rv. 240306 – 01).
Deve, infine, evidenziarsi che privo di rilievo è il riferimento, contenuto nella parte iniziale de provvedimento censurato, alla misura alternativa della detenzione domiciliare anziché a quella dell’affidamento in prova al servizio sociale effettivamente richiesta, che, all’evidenza, appare il frutto di un mero lapsus calami, ininfluente rispetto al percorso argomentativo seguito dal Tribunale di sorveglianza di Ancona, che appare, sotto ogni profilo, idoneo a
consentire di escludere che NOME COGNOME fosse meritevole di ottenere il beneficio penitenziario invocato.
4. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18 marzo 2025.