Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37418 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37418 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
CARMINE RUSSO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/03/2025 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha disatteso l’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali, presentata da NOME COGNOME, detenuto in espiazione della pena di anni venti di reclusione, inflitta con sentenza del 08/03/2010 (passata in giudicato il 10/07/2013), dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, per i reati di omicidio, tentato omicidio, detenzione di armi e rapina.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo un motivo unico, attraverso il quale lamenta violazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., relativamente all’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, sotto il profilo della illogicità e della mancanza di motivazione. In ipotesi difensiva, l’avversato provvedimento sarebbe motivato in modo stereotipato e sarebbe sostanzialmente privo di una adeguata considerazione del già compiuto percorso risocializzante. Non si sarebbero valutati, peraltro, gli ulteriori dati disponibili, costituiti dal lasso di tempo trascorso dal momento del fatto, dalla fruizione di permessi premio accompagnati da una scrupolosa osservanza delle prescrizioni imposte e, infine, dall’assenza di collegamenti del soggetto con la criminalità organizzata.
Il AVV_NOTAIO generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł da dichiarare inammissibile.
Riprendendo la sintesi già compiuta in parte narrativa, si può precisare come NOME sia un soggetto in espiazione della pena di venti anni di reclusione, riportata per i sopra indicati gravissimi delitti, il quale ha domandato la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale. La decisione reiettiva adottata dal Tribunale di sorveglianza si fonda sulla considerazione della gravissima natura dei fatti commessi, nonchØ sulla ritenuta inopportunità di concedere l’invocata misura alternativa alla detenzione, per essere la stessa estremamente blanda, oltre che tale – stando alla valutazione sussunta nell’impugnato
provvedimento – da impedire, in pratica, un efficace e continuo controllo, quanto alla residua pericolosità sociale del condannato.
2.1. Il giudice a quo , nell’esercizio del potere discrezionale di cui Ł titolare (Sez. 1, n. 8712 del 08/02/2012, COGNOME, Rv. 252921-01), si Ł essenzialmente attenuto al principio di gradualità (fra tante, Ł sufficiente richiamare Sez. 1, n. 27264 del 14/01/2015, COGNOME, Rv. 264037 – 01, a mente della quale: ‹‹Prima di ammettere il condannato a misure alternative alla detenzione, il Tribunale di sorveglianza, pure quando sono emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare la attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre con la concessione delle stesse, specie se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere e della verosimile contiguità con ambienti delinquenziali di elevato livello››; così anche Sez. 1, n. 22443 del 17/01/2019, Froncillo, Rv. 276213 – 01).
2.2. Ad onta delle deduzioni difensive, del resto, l’ordinanza impugnata ha correttamente esaminato:
la valenza evocativa del già ottenuto stato di semilibertà (condizione che, comunque, impone ancora al condannato il rientro in ambiente carcerario e, correlativamente, consente la prosecuzione di un monitoraggio continuo della sua residua pericolosità);
la condotta osservante serbata fino a questo momento dal ricorrente, il quale necessita però di un ulteriore progressivo riallineamento ai canoni comportamentali che sono propri della normale convivenza, dovendo piø compiutamente perfezionare il proprio percorso rieducativo;
i permessi e le licenze di cui ha già fruito il condannato, risultando attualmente molto attenuato il regime restrittivo applicatogli.
2.3. Per aggredire tale struttura argomentativa – che Ł congruente, lineare e priva del pur minimo spunto di contraddittorietà, logica o infratestuale – vengono articolate censure non consentite in sede di legittimità, in quanto costituite da mere doglianze versate in fatto e non scandite da specifica critica del complesso delle argomentazioni poste a base dell’ordinanza.
Le censure difensive, infatti, sono tese a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, diversa da quella recepita nell’impugnato provvedimento, piø che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 cod. proc. pen. Tale operazione, con tutta evidenza, fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso al giudice di legittimità. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della impugnata decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perchØ illustrati come maggiormente plausibili, o perchØ assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si Ł in concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima equo fissare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ravvisandosi elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 18/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME