Affidamento in Prova: Quando il Passato Blocca la Seconda Chance
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una fondamentale misura alternativa alla detenzione, ma la sua concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questo istituto, specialmente quando il richiedente ha già fallito un percorso simile e si è reso responsabile di nuovi, gravi reati. La pronuncia sottolinea come la valutazione del giudice debba essere complessiva, andando oltre la sola relazione dei servizi sociali.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato con sentenza definitiva per un grave reato legato alla detenzione di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti, ha presentato istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale. Il Tribunale ha respinto la richiesta. La difesa del condannato ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che i giudici non avessero adeguatamente considerato la relazione positiva redatta dall’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE).
La Decisione della Corte: Il Diniego dell’Affidamento in Prova è Legittimo
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Secondo gli Ermellini, la valutazione del giudice di merito è stata corretta, logica e ben motivata. Il ricorso è stato giudicato come un tentativo di ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti, piuttosto che una contestazione di legittimità della decisione.
Le Motivazioni: La Prevalenza della Valutazione Complessiva sulla Relazione UEPE
Il cuore della decisione risiede nel principio secondo cui la valutazione per la concessione di una misura alternativa non può basarsi su un singolo elemento, ma deve essere il risultato di un’analisi complessiva e approfondita. La Corte ha spiegato che il Tribunale di Sorveglianza ha correttamente dato peso a due fattori cruciali:
1. Il fallimento del precedente esperimento: Il condannato aveva già beneficiato in passato della medesima misura alternativa. Il fatto di aver commesso il nuovo, grave reato per cui era stato condannato costituiva la prova concreta del fallimento di quel precedente percorso di reinserimento. Questo dimostrava una scarsa affidabilità del soggetto.
2. La gravità e le modalità del reato: Il reato in esecuzione non era di lieve entità, trattandosi della detenzione di un “gran quantitativo di sostanze stupefacenti”. Questo elemento, unito alla reiterazione dei comportamenti illeciti, è stato considerato un forte indicatore di pericolosità sociale e di mancato ravvedimento.
In questo contesto, la relazione positiva dell’UEPE, pur essendo un elemento da considerare, non poteva essere decisiva. I giudici hanno ritenuto, con motivazione logica, che da tale relazione non emergessero segnali sufficientemente “affidabili” di un effettivo “processo di ravvedimento”, tali da giustificare la concessione di una nuova opportunità in contrasto con i concreti e negativi elementi di valutazione disponibili.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nell’esecuzione della pena: la concessione delle misure alternative come l’affidamento in prova non è un diritto automatico del condannato. Le conclusioni che possiamo trarre sono le seguenti:
* La relazione dell’UEPE non è vincolante: Sebbene importante, il parere dei servizi sociali non vincola il giudice, che mantiene la piena autonomia nella valutazione di tutti gli elementi a sua disposizione.
* La storia criminale conta: La recidiva e, in particolare, il fallimento di precedenti misure alternative sono indicatori potenti che possono legittimamente portare a un diniego.
* Equilibrio tra rieducazione e prevenzione: La finalità rieducativa della pena (art. 27 Cost.) deve essere bilanciata con le esigenze di prevenzione speciale, ovvero la necessità di impedire che il condannato commetta nuovi reati. Quando il rischio di recidiva appare concreto, la seconda esigenza può prevalere.
Una relazione positiva dei servizi sociali (UEPE) garantisce l’accesso all’affidamento in prova?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la relazione UEPE è solo uno degli elementi di valutazione. I giudici devono considerare tutti gli aspetti, inclusa la gravità del reato e l’eventuale fallimento di precedenti misure alternative, per formare il loro convincimento.
Aver già fallito un percorso di affidamento in prova impedisce di ottenerne un altro in futuro?
Non lo impedisce in modo assoluto, ma lo rende significativamente più difficile. Il fallimento precedente, dimostrato dalla commissione di un nuovo reato, è un elemento fortemente negativo che i giudici considerano per valutare l’affidabilità del condannato e la possibilità di un reale “processo di ravvedimento”.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile e non semplicemente rigettato?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per “manifesta infondatezza”. Ciò significa che le argomentazioni del ricorrente sono state ritenute palesemente prive di fondamento giuridico, al punto da non meritare un esame nel merito. Questa qualificazione comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1347 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1347 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SARACENA il 23/05/1985
avverso l’ordinanza del 11/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLZANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
‘
RILEVATO
che NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indic epigrafe, con la quale è stata rigettata l’istanza di cOncessione allo stesso alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena det da espiare, a seguito della condanna con sentenza divenuta irrevocabile il 19 maggio che con memoria del 7 ottobre 2024 vengono ribadite le doglianze svolte nel rico
CONSIDERATO
che, denunziandosi violazione degli artt. 47, Ord. pen. e 27, Cost., nonché motivazione, oltre a censurarsi alcune affermazioni contenute nella motivaz provvedimento che non ne costituiscono in alcun modo la base giustificativa, si ri relazione UEPE, senza considerare che i giudici di merito ne hanno motivatamente disa conclusioni, sulla base di ragionevoli apprezzamenti ancorati non solo alle i provenienti dalle specifiche modalità dei fatti (non risalenti) di cui alla condanna (giacché relativi alla detenzione di un gran quantitativo di sostanze stupefacenti) nell’ambito di una valutazione complessiva – al fallimento del precedente esperime medesima misura alternativa dimostrato proprio dalla condanna per i fatti di cui sopra che ciò, unitamente alla considerazione della reiterazione dei reati di cui ai prj specifici, rappresenta appropriatamente l’impossibilità di cogliere affidabili contenuto della relazione UEPE nel senso del rassicurante avvio di un processo di ravv che protesse garantire in ordine alla proficua adozione di una nuova misura al nell’adeguato rispetto delle esigenze di prevenzione speciale rivelatesi concretamente
che le doglianze, per il resto, continuano a non rapportarsi con tali corrette ma si limitano a citare principi giurisprudenziali che non risultano disattesi e rivalutativi sulla base dell’apprezzamento di altri elementi di cui non si coglie la de
RITENUTO
pertanto, che il ricorso, stante la manifesta infondatezza di tutte le do prospetta, deve dichiararsi inammissibile, con la conseguente condanna del rico pagamento delle spese processuale e, in ragione dei profili di colpa, della somma de in euro tremila da corrispondere in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2024.