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Affidamento in prova: no se espulso dal territorio

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’affidamento in prova al servizio sociale non può essere concesso a un condannato che sia stato espulso dal territorio nazionale. La decisione rimane valida anche se il decreto di espulsione è stato impugnato, poiché l’elemento determinante è l’impossibilità materiale per il soggetto di svolgere il percorso di reinserimento in Italia. La Corte ha ritenuto infondato il ricorso basato sulla presunta violazione del contraddittorio, avendo accertato che l’informazione sull’allontanamento proveniva dallo stesso difensore.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: Cosa Succede se il Condannato è Espulso?

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una delle più importanti misure alternative alla detenzione, pensata per favorire il reinserimento sociale del condannato. Ma cosa accade se il soggetto che ne fa richiesta viene espulso dal territorio nazionale? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito che la presenza fisica in Italia è un presupposto indispensabile per la concessione del beneficio, rendendo irrilevante anche un’eventuale impugnazione del decreto di espulsione.

I fatti del caso

Un cittadino straniero, dopo la scarcerazione, presentava istanza per essere ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale. Il Tribunale di sorveglianza di Palermo respingeva la richiesta, avendo appreso che l’uomo era stato raggiunto da un decreto di espulsione e si era di fatto allontanato dal territorio nazionale.

Il difensore del condannato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando una violazione del principio del contraddittorio. Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe assunto l’informazione sull’espulsione senza condividerla preventivamente, impedendo così di far presente che il decreto di allontanamento era stato impugnato e che, in caso di revoca, il suo assistito sarebbe rientrato in Italia per scontare la pena.

La Decisione della Cassazione e l’Impossibilità dell’Affidamento in Prova

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di sorveglianza. Gli Ermellini hanno chiarito due punti fondamentali che chiudono la porta all’ammissione della misura alternativa in casi simili.

Le motivazioni

In primo luogo, non vi è stata alcuna violazione del contraddittorio. La Corte ha verificato che l’informazione sull’avvenuto allontanamento del condannato era stata fornita al Tribunale proprio dal suo difensore, il quale era quindi perfettamente a conoscenza della situazione. Non si è trattato, dunque, di un’informazione assunta d’ufficio dal giudice all’insaputa delle parti.

In secondo luogo, e questo è il nucleo della decisione, l’impugnazione del decreto di espulsione è stata considerata un’argomentazione irrilevante ai fini della concessione della misura. Ciò che conta è la situazione di fatto al momento della decisione: il richiedente non si trovava sul territorio dello Stato. L’affidamento in prova è un percorso che richiede la presenza fisica del condannato in Italia per poter essere monitorato e gestito dai servizi sociali. L’assenza del soggetto rende materialmente impossibile l’esecuzione della misura. Inoltre, non era stato presentato alcun progetto alternativo per un’eventuale esecuzione della pena nel paese di origine, in questo caso la Romania.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cardine: l’affidamento in prova al servizio sociale è intrinsecamente legato alla presenza del condannato sul territorio italiano. L’allontanamento, anche se temporaneo o sub iudice, crea un ostacolo insormontabile alla concessione del beneficio. La decisione sottolinea che la finalità rieducativa della pena, perseguita tramite le misure alternative, deve potersi concretizzare in un percorso effettivo e verificabile, cosa impossibile se il soggetto si trova all’estero senza un programma specifico e concordato tra gli Stati.

Un condannato espulso dall’Italia può ottenere l’affidamento in prova?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la presenza fisica sul territorio nazionale è un presupposto necessario per la concessione dell’affidamento in prova, poiché la misura richiede un programma di reinserimento monitorato dai servizi sociali italiani, impossibile da attuare se il soggetto si trova all’estero.

Se il decreto di espulsione viene impugnato, è possibile ottenere comunque la misura alternativa?
No. Secondo la sentenza, l’impugnazione del decreto di espulsione è irrilevante. Ciò che conta è la situazione di fatto al momento della decisione del Tribunale: se il condannato non è presente in Italia, non può accedere all’affidamento in prova, indipendentemente dall’esito futuro del ricorso contro l’espulsione.

Si viola il principio del contraddittorio se il giudice usa un’informazione fornita dalla stessa difesa per rigettare un’istanza?
No. La Corte ha chiarito che non vi è alcuna violazione del contraddittorio se l’informazione decisiva (in questo caso, l’allontanamento del condannato) proviene proprio dal suo difensore. Essendo la difesa la fonte dell’informazione, non può lamentare di non averla potuta discutere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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