Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37090 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37090 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
‘)0
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha dichiarato inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare, ha respinto l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, ed ha ammesso NOME COGNOME alla semilibertà, con riferimento alla pena di anni tre mesi dieci di reclusione, per il reato di bancarotta fraudolenta commesso il 21/12/2010.
COGNOME propone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione, articolando i seguenti motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce erronea applicazione di legge ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 47 e ss., I. 354/1975, per avere il Tribunale di sorveglianza di Palermo rigettato l’istanza di affidamento in prova al RAGIONE_SOCIALE, servizio sociale, disatterto le risultanze dell’indagine svolta dall’UEPE da cui è emersa una prognosi positiva circa la possibilità di reinserimento sociale del condannato e l’astensione dalla reiterazione di reati.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta il vizio di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., stante l’omessa considerazione del fatto che il ricorrente lavora da circa 6 anni in uno dei punti vendita della famiglia (che non ha alcun collegamento con le società fallite) e si è reso disponibile a svolgere attività di volontariato presso una parrocchia. Infine, il Tribunale non ha correttamente valorizzato quanto emerso dalla relazione dell’UEPE e dalle informazioni fornite dal Commissariato di Porta Nuova, ossia l’atteggiamento collaborativo e rispettoso delle istituzioni tenuto dal COGNOME, la disponibilità di risorse per rispettare il progetto proposto e la mancanza di collegame’nti con la criminalità.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Preliminarmente va ricordato che l’istituto dell’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 ord. pen., costituisce una misura alternativa alla detenzione finalizzata a contribuire alla rieducazione del
responsabile ed a prevenire al contempo il pericolo che egli ricada nella commissione di altri reati.
Tenuto conto del duplice obiettivo perseguito dall’istituto, la giurisprudenza di questa Corte è uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione della misura, possono, di per sé x soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (da ultimo Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924).
Basandosi su una lettura sistematica delle varie disposizioni contenute nell’art. 47 ord. pen., si è affermato che la valutazione della richiesta di affidamento in prova, pur partendo dalla considerazione della natura e della gravità dei reati, per i quali è stata irrogata la pena in espiazione, non può mai prescindere dalla condotta tenuta dal condannato dopo la commissione del reato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della verifica circa l’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva e circa l’idoneità della misura alternativa (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, Nicolao, Rv. 278174); pertanto, quando, come nel caso in esame, l’affidamento in prova sia richiesto prima dell’inizio dell’espiazione della pena, è necessario procedere alla considerazione della condotta mantenuta in stato di libertà, dopo la condanna, al fine di stabilire la prognosi favorevole o meno circa l’astensione da parte del soggetto dal compimento in futuro di nuove azioni criminose.
3. Il Tribunale, in piena sintonia con i principi sin qui ricordati, riteneva non concedibile il beneficio più ampio dell’affidamento in prova in considerazione della gravità del reato commesso in esecuzione (bancarotta fraudolenta), nonché delle attuali pendenze (una calunnia de 2011 con condanna in primo grado ad anni 2 di reclusione; una bancarotta fraudolenta commessa nel 2017 con condanna in primo grado alla pena diN mesi 6 di reclusione, una simulazione di reato nel 2020); ha anche evidenziato come dalla relazione dell’UEPE emergesse che la riflessione autocritica sulla reiterata attività delinquenziale.. necessitasse di maggiori approfondimenti. Né pare illogico il riferimento contenuto nell’ordinanza impugnata al fatto che l’attività lavorativa da svolgersi si collochi nel medesimo contesto imprenditoriale di natura familiare in cui è maturata la perpetrazione di successivi reati di bancarotta fraudolenta per i quali il COGNOME era stato condannato.
In conclusione, la valutazione di merito condotta dal Tribunale di sorveglianza risulta sottratta a qualunque possibilità di sindacato in sede di legittimità, non facendo emergere alcun vizio motivazionale e profili di contrasto con il dato normativo; il Tribunale, in un’ottica di gradualità delle misure alternative, ha correttamente riconosciuto l’esistenza dei presupposti per la concessione della sola misura della semilibertà, al fine di attuare in modo graduale e “prudente” il reinserimento sociale del condannato attraverso l’autorizzazione a svolgere quotidianamente attività di volontariato presso una parrocchia indicata dal ricorrente, con rientro nell’istituto di pena per la restante parte della giornata, in modo da garantirne il controllo in modo continuativo. D’altra parte, è stato precisato che il giudizio prognostico affidato nella scelta della misura alternativa alla detenzione più adeguata, che non può che essere largamente discrezionale, è correttamente eseguito anche quando venga indicata una sola ragione, purché plausibile, atta a far ritenere la scarsa probabilità di successo dell’esperimento, in relazione alle specifiche finalità dell’istituto (Sez. 1, n. 4137 del 19/10/1992, Gullino, Rv. 192368).
Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07/06/2024