Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13035 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13035 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
uoiA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME Ht te le conclusioni del PG, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17 maggio 2023, il Tribunale di sorveglianza di Catania ha rigettato l’istanza, proposta da NOME COGNOME, intesa, tra l’altro, all’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena detentiva residua di due anni, dieci mesi e ventisette giorni di reclusione, inflittagli per aver commesso, tra il 3 agosto 2018 ed il 12 gennaio 2019, i reati d, rapina aggravata e tentato furto aggravato.
Il Tribunale ha, in proposito, ritenuto che la propensione criminale del condannato, attestata dalle patite condanne, non potrebbe essere contenuta in Caso di accesso ad una misura alternativa alla detenzione, quale quella dell’affidamento in prova al servizio sociale, che garantisce ampi spazi di libertà e comporta prescrizioni il cui rispetto è rimesso all’autodeterminazione di chi vi è sottoposto.
Ha, quindi, aggiunto che la regolarità della condotta tenuta in costanza di detenzione e la partecipazione al trattamento rieducativo non valgono ad attestare l’affidabilità di COGNOME, che deve essere, invece, verificata attraverso la prosecuzione del percorso intrapreso e la sperimentazione nel rispetto del principio di progressione nella fruizione dei benefici penitenziari ed al maturare dei presupposti di legge – dei permessi premio.
NOME COGNOME propone, con il ministero dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali ec:cepisce violazione di legge addebitando al Tribunale di sorveglianza di avere fatto malgoverno dell’istituto, specificamente all’atto di sottovalutare i dati tratti dall’osservazione scientifica della sua personalità ed assegnare, per contro, valenza S 35 ·Ei nzia I mente GLYPH ostativa GLYPH all’accoglimento GLYPH dell’istanza GLYPH all GLYPH suoi GLYPH trascorsi delinquenziali.
Con il secondo motivo, COGNOME deduce vizio di motivazione per avere il Tribunale di sorveglianza stimato la concretezza e l’attualità del pericolo di recidiva in ragione di condotte risalenti ad epoca ormai remota e senza considerare la successiva evoluzione, in senso positivo, della sua personalità, comprovata dalla piena adesione alla proposta trattamentale.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché vedente su censure manifestamente infondate.
L’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa’ anche attraverso l’acozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato.
Il giudizio in merito alla ammissione all’affidamento si fonda, dunque, sull’osservazione dell’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale: è infatti consolidato, presso la giurisprudenza di legittimità, l’indirizzo ermeneutico secondo cui «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non potendo prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e dai procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la undotta successivamente serbata dal condannato» (Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S., Rv. 273985), in tal senso deponendo il tenore letterale dell’art. 47, commi 2 e 3, legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui condiziona l’affidamento al convincimento che esso, anche attraverso le prescrizioni impartite al condannato, contribuisca alla sua rieducazione ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non s.a nchiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, NOME, Rv. 202413).
Se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella misura re.putata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena -diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il per colo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Ca5A:glione, Rv. 243745).
il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinamentale
sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata.
Rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in ordine aTidoneità o meno, ai fini della risocializz.azione e della prevenzione della recidiva, delle misure alternative – alla cui base vi è la comune necessità di una prognosi positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un unitario accertamento (Sez. 1, n. 16442 del 10/02/2010, Pennacchio, Rv. 247235) e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto.
Le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, COGNOME, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio.
Scrutinata alla luce di tali principi, l’ordinanza impugnata supera senz’altro il controllo di legittimità.
Il Tribunale di sorveglianza ha, invero, orientato la decisione in ragione, innanzitutto, dell’allarmante profilo criminale di COGNOME, autore, in tempi relativamente recenti, di gravi illeciti, uno dei quali comportante l’impiego di violenza, sintomo di una propensione al reato incompatibile con l’ammissione ad una misura alternativa che garantisce al condannato spazi di libertà assai significativi.
Ha, al contempo, dato atto – articolando un ragionamento scevro da qualsivoglia frattura razionale – dei buoni risultati del trattamento dei quali, tuttavia, ha auspicato il consolidamento, assicurato dal previo accesso ad altri ber- efici penitenziari e, in primo luogo, ai permessi premio, esperienza che consentirebbe di saggiare l’effettivo avvio, da parte del condannato, del processo di revisione critica dei disvalori che hanno determinato la condotta deviante che costituisce una delle condizioni fondamentali ai fini della concessione dell’affidamento in prova (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, COGNOME, Rv. 189375) e cne, allo stato, ha ritenuto di non potere positivamente riscontrare.
A fronte della ricostruzione resa dal Tribunale di sorveglianza, COGNOME prospetta, per contro, deduzioni in fatto e volte ad una rivalutazione delle evidenze disponibili, evocando l’erronea applicazione delle previsioni normative e defcit d i logicità nella motivazione, che, per quanto detto, si rivelano insussistenti.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono
elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,, alla declarat dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
P.Q.M.,
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 20/12/2023.