Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32278 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32278 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: FILOCAMO COGNOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MILAZZO il 16/06/1983
avverso l’ordinanza del 22/01/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Sorveglianza di Messina rigettava la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale e la subordinata domanda di detenzione domiciliare ai sensi degli artt. 47 e 47-ter, comma 1-bis, legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.), presentata nell’interesse di NOME COGNOME in relazione alla condanna ad anni uno e mesi sei di reclusione, intervenuta con sentenza del medesimo Tribunale emessa il 12/11/2021 e divenuta irrevocabile il 28/4/2022, per detenzione illegale di armi, violazione delle norme sul controllo delle armi e detenzione abusiva di munizioni, fatti commessi il 28 aprile 2021.
Il Tribunale, dopo aver riportato i precedenti giudiziari del COGNOME, relativi a rapina, violazione delle disposizioni sul controllo delle armi commessi nel 2002, tentata rapina commessa nel 2005, furto commesso nel 2005, e partecipazione ad un’associazione di stampo mafioso commesso dal 2002 al 2005, con espiazione terminata nel 2019, nonché il fatto che la Questura ha riferito che non risultavano collegamenti attuali con la criminalità organizzata e la relazione positiva dell’UEPE, ha negato l’affidamento in prova al servizio sociale e la detenzione domiciliare per il rilevato rischio di recidiva sulla base della constatazione di una condanna ulteriore dopo l’espiazione della pena, considerata dimostrativa di “indifferenza alla legge”.
NOME COGNOME ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, sulla base di un unico motivo.
Con tale motivo, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 125, comma 2, cod. proc. pen., 47 e 47-ter ord. pen. e il difetto motivazionale, perché il Tribunale, in presenza dei positivi indicatori sopra già menzionati, ha fatto dipendere la decisione sfavorevole dalla sola esistenza dell’ulteriore condanna, così ponendosi in contrasto con la ratio dell’istituto invocato ed avrebbe trascurato di valutare importanti elementi oggettivi e soggettivi, che viceversa avrebbero dovuto essere considerati ai fini della decisione sull’affidamento in prova, quali la situazione socio-familiare, il reinserimento lavorativo e il ripudio del passato deviante come riportati nella relazione dell’UEPE.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e annullamento con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Messina per nuovo giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, quindi, passibile di rigetto.
2. L’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.), è la principale misura alternativa alla detenzione, destinata ad attuare la finalità rieducativa della pena di cui all’art. 27, comma terzo, Cost. Esso può essere adottato, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che il relativo regime, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire ad assicurare la menzionata finalità, prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato. Ciò che assume rilievo, rispetto all’affidamento, è l’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 33287 del 11/6/2013, Rv. 257001). Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 7/10/2010, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/5/2009, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/6/1995, Rv. 202413).
Rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento sull’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, della misura alternativa in discorso, e l’effettuazione della prognosi sottostante (Sez. 1, n. 16442 del 10/2/2010, Rv. 247235). La relativa valutazione non è censurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/2/1992, Rv. 189375).
Analoghe sono le considerazioni in relazione alla detenzione domiciliare, nelle varie ipotesi previste dall’ordinamento penitenziario ed in particolar modo nel caso di concessione della misura alternativa per la esecuzione di pene detentive brevi (art. 47-ter, comma primo-bis, ord. pen.), come nel caso in esame, presuppone sempre una prognosi positiva e la meritevolezza del condannato, al pari di tutte le misure alternative, ma non esige, così come non la esige neppure l’affidamento in prova al servizio sociale, la completa emenda, che costituisce invece la finalità della misura e del trattamento. La detenzione domiciliare si distingue comunque dall’affidamento in prova per la maggiore afflittività e la maggiore idoneità al controllo della pericolosità sociale residua del condannato, che normalmente persiste. Ciò posto, la gravità dei fatti commessi e la esistenza di precedenti penali costituiscono elementi che devono essere valutati dal Tribunale di sorveglianza nell’ambito del suo discrezionale giudizio di opportunità del trattamento alternativo.
I motivi di ricorso, connessi e congiuntamente esaminabili, sono infondati, alla luce dei principi sopra esposti.
L’ordinanza impugnata resiste alle censure mosse in ricorso, di stampo meramente confutativo, e contro-valutativo, in un ambito appunto riservato alla discrezionalità del tribunale di sorveglianza, che nella specie risulta esercitata nei limiti logico-giuridici segnati dalla legge.
Nell’apprezzamento giudiziale assume, infatti, preminente rilievo la considerazione della gravità dei crimini commessi e dell’insufficienza, in chiave dimostrativa dell’affidabilità esterna del condannato, dell’intrapreso percorso di emenda, adeguatamente valutata in relazione all’ultima sentenza di condanna intervenuta dopo l’espiazione della pena.
Segue la reiezione del ricorso, con la condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 3/6/2025