Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10273 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10273 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 20/07/1994
avverso l’ordinanza del 24/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
o
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato che:
l’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato;
«ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174, conforme Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602);
deve essere considerato e ribadito, che «in tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del riget dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato» (Sez. 1, Sentenza n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924)i
le fonti di conoscenza che il Tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare sono sia il reato commesso, i precedenti penali, le pendenze processuali e le informazioni di polizia sia anche la condotta carceraria ed i risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, onde verificare la sussistenza di elementi positivi che facciano ragionevolmente ritenere la proficuità dell’affidamento, quali l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti passate, l’adesione ai valori socialmente condivisi,
t
l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante;
le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, COGNOME, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio;
nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso l’istanza di ammissione alla più ampia misura dell’affidamento in prova al servizio sociale sul rilievo che COGNOME ha diversi precedenti penali per reati anche di una significativa gravità ed è gravato da carichi pendenti per altri reati in materia di stupefacenti commessi anche in epoca successiva al passaggio in giudicato della sentenza in esecuzione, oltre che sulla scorta della nota della Questura di Perugia che ne ha segnalato la pericolosità e sul fatto che il ricorrente si trova dal 7 marzo 2024 (data nella quale è stato trovato in possesso di un chilogrammo di cocaina) agli arresti domiciliari;
non risulta il serio impegno in una qualsiasi attività lavorativa, né elementi specifici dai quali desumere l’avvio del processo di revisione critica;
a fronte di un giudizio scevro da vizi logici e saldamente ancorato alle emergenze procedimentali, il ricorrente si limita ad evidenziare la circostanza che nel procedimento recentemente definito in relazione alla condotta di detenzione della cocaina accertato il 7 marzo 2024, gli è stata riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990, lamentando l’omessa valutazione della relativa sentenza da parte del Tribunale di sorveglianza;
ritenuto che:
il ricorrente si pone, a ben vedere, in un’ottica di mera confutazione, che non riesce ad individuare fratture logiche nel ragionamento sotteso alla decisione impugnata, incentrata sull’omesso avvio di un effettivo processo di emenda e, di conseguenza, sull’attuale inidoneità dell’affidamento in prova al servizio sociale a prevenire il rischio, ancora concreto, di recidiva;
il provvedimento impugnato resiste, pertanto, alle censure difensive, in quanto legittima manifestazione della discrezionalità riconosciuta al Tribunale di sorveglianza in vista della delibazione dell’istanza del condannato che, nella fattispecie, è stata rigettata sulla scorta di argomentazioni aliene da qualsivoglia deficit di linearità o coerenza razionale e tenendo conto anche di quanto emerso in ordine alle concrete possibilità di reinserimento sociale del condannato e che rispetto alla motivazione complessiva non si pone certamente in termini potenzialmente destrutturanti la lamentata valutazione della circostanza
e
attenuante riconosciuta al condannato per il recente, obiettivamente grave, reato in materia di stupefacenti;
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/01/2025