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Affidamento in prova: no se c’è rischio di recidiva

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego dell’affidamento in prova a una condannata, ritenendo prevalente l’elevato rischio di recidiva. La decisione si fonda sulla valutazione complessiva del suo ‘allarmante’ profilo criminale, che include numerosi precedenti e una recente accusa per furto, sebbene quest’ultima sia divenuta improcedibile. Secondo la Corte, anche un fatto non più perseguibile penalmente può essere considerato un valido indicatore della pericolosità sociale del soggetto ai fini della concessione di misure alternative.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: Quando il Rischio di Recidiva Prevale sulla Riabilitazione

La concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta un punto di equilibrio fondamentale nel nostro sistema penale, tra la finalità rieducativa della pena e la tutela della collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13033 del 2024, chiarisce con fermezza i criteri di valutazione del giudice, sottolineando come un profilo criminale allarmante e un concreto rischio di recidiva possano precludere l’accesso alla misura, anche a fronte di segnali positivi e di episodi formalmente non più perseguibili.

I Fatti del Caso: La Richiesta di una Condannata

Una donna, con un curriculum criminale significativo, si è vista rigettare dal Tribunale di Sorveglianza la richiesta di ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale. La sua situazione era complicata dalla sopravvenienza di una nuova condanna per un reato ostativo (furto in abitazione), che aveva portato il pubblico ministero a unificare le pene (cumulo) e a disporre l’esecuzione della pena detentiva. La difesa aveva contestato sia la procedura seguita sia la valutazione di merito del Tribunale, sostenendo che non si era tenuto conto dei progressi compiuti dalla donna e che si era dato peso eccessivo a una denuncia per un furto del 2021, reato nel frattempo divenuto improcedibile per mancanza di querela.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto l’istanza, basando la sua decisione su una valutazione complessiva della personalità della condannata. Pur prendendo atto delle note positive degli operatori penitenziari e di un’opportunità lavorativa, i giudici hanno ritenuto che questi elementi non fossero sufficienti a dimostrare l’avvio di un reale processo di ‘emenda’. A pesare negativamente erano la gravità dei reati commessi, i numerosi precedenti penali e la persistenza di una propensione a commettere reati, testimoniata anche dal recente episodio di furto. In sostanza, il rischio di recidiva è stato giudicato troppo elevato per consentire l’accesso a una misura che concede ampi spazi di libertà.

I Motivi del Ricorso in Cassazione: Procedura e Merito

La difesa ha portato il caso davanti alla Corte di Cassazione, articolando il ricorso su due punti principali:

1. Vizio di procedura: Si lamentava che il pubblico ministero avesse eseguito direttamente la nuova pena detentiva senza prima investire della questione il Magistrato di Sorveglianza, che avrebbe dovuto valutare l’impatto del nuovo titolo sulla misura alternativa già in corso.
2. Vizio di motivazione: Si contestava il giudizio di pericolosità sociale come illogico, in quanto fondato su informazioni positive smentite e su una denuncia per un reato divenuto improcedibile, che quindi non avrebbe dovuto avere rilevanza.

Le Motivazioni della Cassazione e la valutazione per l’affidamento in prova

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in entrambi i motivi. Sul piano procedurale, ha considerato la questione superata dal rigetto nel merito: poiché la donna non aveva comunque i requisiti per l’affidamento, qualsiasi presunta irregolarità iniziale perdeva di rilevanza pratica.

Sul merito, la Corte ha riaffermato i principi consolidati in materia. La concessione dell’affidamento in prova si basa su un giudizio prognostico che il giudice di merito compie con ampia discrezionalità. Questo giudizio non può ignorare la natura e la gravità dei reati, i precedenti penali e ogni altro elemento utile a valutare la personalità del condannato. La Cassazione ha ritenuto la motivazione del Tribunale di Sorveglianza logica e completa. L’allarmante profilo criminale della donna, arricchito da una nuova condanna severa, e l’instaurazione di un procedimento per un ulteriore furto nel 2021, sono stati correttamente interpretati come segnali di una persistente consuetudine con comportamenti antisociali. Il fatto che il reato del 2021 sia divenuto improcedibile non ne cancella il valore indiziario: non elide l’illiceità penale del fatto, che rimane una ‘spia’ della personalità del soggetto.

Le Conclusioni: La Valutazione Globale del Giudice

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale: la valutazione per la concessione di una misura alternativa come l’affidamento in prova non è un esame frammentato, ma un’analisi globale e approfondita della persona. Segnali positivi, come le relazioni favorevoli o le opportunità di lavoro, sono importanti ma non decisivi se si scontrano con un passato criminale pesante e con recenti manifestazioni di inaffidabilità. Anche fatti non più perseguibili possono contribuire a tratteggiare la personalità del condannato e a orientare il giudice verso una decisione prudente, che privilegi la sicurezza della collettività quando il percorso di rieducazione appare ancora incerto e il rischio di ricaduta concreto.

Un reato divenuto improcedibile può essere comunque considerato dal giudice per negare l’affidamento in prova?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene un reato non sia più perseguibile (ad esempio per mancanza di querela), il fatto storico può essere valutato dal giudice come un indicatore della persistente tendenza antisociale del condannato e del rischio di recidiva, contribuendo a negare l’accesso alla misura alternativa.

Per ottenere l’affidamento in prova è sufficiente dimostrare un percorso positivo durante la detenzione?
No, non è sufficiente. La decisione si basa su una valutazione complessiva che include la natura e gravità dei reati commessi, i precedenti penali e la condotta generale. Le note positive degli operatori penitenziari sono un elemento, ma non bastano a superare un profilo criminale allarmante e un concreto pericolo di ricaduta nel reato.

Un’irregolarità nella procedura di esecuzione della pena può invalidare la decisione di merito che nega una misura alternativa?
No. Secondo la sentenza, se la richiesta di ammissione alla misura alternativa viene rigettata nel merito perché mancano i presupposti sostanziali (come in questo caso, per l’alto rischio di recidiva), un’eventuale anomalia nella procedura seguita per l’esecuzione della pena diventa irrilevante e non può portare all’accoglimento del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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