Affidamento in Prova Negato: Quando il Passato Criminale Osta alla Misura Alternativa
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una delle più importanti misure alternative alla detenzione, concepita per favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica ed è subordinata a una rigorosa valutazione da parte del Tribunale di Sorveglianza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 20948/2024) ha ribadito i paletti per l’accesso a tale beneficio, negandolo a un soggetto con un passato criminale significativo e con sospetti legami con la criminalità organizzata.
I Fatti del Caso: il Ricorso Contro il Diniego
Il caso riguarda un uomo che aveva presentato ricorso contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Perugia, il quale gli aveva negato l’affidamento in prova. La difesa lamentava un vizio di motivazione nella decisione del Tribunale, sostenendo che le ragioni del diniego non fossero sufficientemente fondate. Il ricorrente aveva proposto un percorso di risocializzazione che prevedeva un’attività come segretario presso un’associazione sportiva dilettantistica.
La Valutazione della Cassazione sull’Affidamento in Prova
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure proposte come semplici “doglianze di fatto”, ovvero contestazioni sull’apprezzamento dei fatti già compiuto dal giudice di merito, che non possono essere riesaminate in sede di legittimità. La Corte ha invece confermato la correttezza della motivazione del Tribunale di Sorveglianza.
La Biografia Criminale come Elemento Decisivo
Il Tribunale aveva basato la sua decisione sulla “corposa biografia criminale” del soggetto, che includeva reati gravi come bancarotta fraudolenta, omesso versamento di ritenute previdenziali, dichiarazione fraudolenta, detenzione abusiva di armi, ricettazione e associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Questo quadro ha delineato un profilo di pericolosità sociale incompatibile con la misura richiesta.
Il Sospetto Collegamento con la Criminalità Organizzata
Un elemento cruciale della valutazione è stato il sospetto di un legame con la criminalità organizzata. Pur non essendo mai stato formalmente indagato per reati di tipo mafioso, i suoi precedenti penali e i controlli sul territorio in compagnia di soggetti di elevato allarme sociale hanno indotto i giudici a non escludere un possibile collegamento. Questo fattore ha pesato in modo determinante sulla valutazione di inidoneità della misura.
Le Motivazioni: Perché l’Affidamento in Prova è Stato Ritenuto Inadeguato
La Corte ha spiegato che la decisione di negare l’affidamento in prova si fonda su una valutazione complessiva della personalità del condannato. Nel caso specifico, sono emersi diversi elementi ostativi:
* Mancanza di revisione critica: Il soggetto non aveva mostrato alcun senso critico o pentimento riguardo ai reati commessi, un requisito fondamentale per intraprendere un percorso rieducativo.
* Inadeguatezza del programma di reinserimento: L’attività proposta come segretario di un’associazione sportiva, presieduta dal cugino, è stata ritenuta priva di sufficienti garanzie di controllo sull’effettivo svolgimento e sulla sua valenza risocializzante. La stretta parentela con il presidente dell’associazione minava l’imparzialità e l’efficacia della supervisione.
Le Conclusioni: il Rigore della Corte nella Valutazione dei Requisiti
Questa ordinanza conferma il principio secondo cui la concessione delle misure alternative non è un diritto, ma una possibilità subordinata a una prognosi favorevole sul futuro comportamento del condannato. La presenza di una radicata carriera criminale e il sospetto di contiguità con ambienti della criminalità organizzata costituiscono elementi che, se non controbilanciati da un percorso di revisione critica serio e da un progetto di reinserimento solido e verificabile, rendono l’affidamento in prova una misura inadeguata. La decisione sottolinea l’importanza di un’analisi rigorosa e non meramente formale dei requisiti, al fine di garantire che la misura svolga la sua funzione preventiva e rieducativa senza compromettere la sicurezza della collettività.
Un passato criminale significativo può impedire la concessione dell’affidamento in prova?
Sì. La Corte ha confermato che una “corposa biografia criminale”, comprensiva di reati di varia natura, è un elemento decisivo che può portare al rigetto della richiesta di affidamento in prova, in quanto indica una personalità non idonea alla misura.
È necessario essere stati indagati per associazione mafiosa per vedersi negato l’affidamento in prova a causa di possibili legami con la criminalità organizzata?
No. La sentenza chiarisce che, anche in assenza di indagini specifiche per reati di tipo mafioso, i numerosi precedenti penali e la frequentazione di soggetti con un elevato allarme sociale possono essere sufficienti per non escludere un collegamento con la criminalità organizzata e, di conseguenza, negare la misura.
Un’attività lavorativa o di volontariato garantisce l’ottenimento dell’affidamento in prova?
No, non automaticamente. Il progetto di risocializzazione deve offrire sufficienti garanzie di controllo ed essere concretamente idoneo al reinserimento. Nel caso esaminato, l’attività di segretario in un’associazione presieduta dal cugino del ricorrente è stata giudicata inidonea perché non forniva adeguate garanzie di controllo sull’effettività del percorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20948 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20948 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale – oltre a non essere consentite, risolvendosi in doglianze di fatto, sono manifestamente infondate.
Invero, il Tribunale di sorveglianza di Perugia nel rigettare la richiesta di affidamento in prova, fa riferimento alla corposa biografia criminale del ricorrente (resosi responsabile di bancarotta fraudolenta, omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali e dichiarazione fraudolenta mediante artifici; e, inoltre, oggetto di segnalazioni di polizia giudiziaria per detenzione abusiva e ricettazione di una pistola, associazione per delinquere finalizzata all’emissione di assegni a vuoto e truffa aggravata). Rileva, altresì, che, pur non essendo COGNOME mai stato indagato per il reato di associazione di tipo mafioso, i numerosi precedenti penali e i pregressi controlli sul territorio unitamente a soggetti gravati da precedenti di elevato allarme sociale, fanno sì che non si possa escludere un eventuale collegamento con la criminalità organizzata. Osserva che ne consegue l’inidoneità della misura dell’affidamento in prova a svolgere adeguata funzione preventiva e rieducativa del soggetto, considerato che egli non ha mostrato alcun senso critico verso i fatti commessi e che l’attività risocializzante indicata, ovvero l’attività di segretari dell’RAGIONE_SOCIALE, non offre sufficienti garanzie di controllo sull’effettività di svolgimento, posto che la presidenza di detta associazione fa capo al cugino del ricorrente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato, pertanto, che il ricorso – nel quale si contestano dette argomentazioni e si sollecita una non consentita rivalutazione fattuale – deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.