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Affidamento in prova: no se c’è rischio criminalità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto contro il diniego dell’affidamento in prova al servizio sociale. La decisione si fonda sulla corposa biografia criminale del ricorrente, sulla mancanza di senso critico verso i reati commessi e sul concreto rischio di un suo collegamento con la criminalità organizzata. Secondo la Corte, il progetto di risocializzazione proposto non offriva garanzie sufficienti, rendendo la misura alternativa inadeguata a svolgere una funzione preventiva e rieducativa.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova Negato: Quando il Passato Criminale Osta alla Misura Alternativa

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una delle più importanti misure alternative alla detenzione, concepita per favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica ed è subordinata a una rigorosa valutazione da parte del Tribunale di Sorveglianza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 20948/2024) ha ribadito i paletti per l’accesso a tale beneficio, negandolo a un soggetto con un passato criminale significativo e con sospetti legami con la criminalità organizzata.

I Fatti del Caso: il Ricorso Contro il Diniego

Il caso riguarda un uomo che aveva presentato ricorso contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Perugia, il quale gli aveva negato l’affidamento in prova. La difesa lamentava un vizio di motivazione nella decisione del Tribunale, sostenendo che le ragioni del diniego non fossero sufficientemente fondate. Il ricorrente aveva proposto un percorso di risocializzazione che prevedeva un’attività come segretario presso un’associazione sportiva dilettantistica.

La Valutazione della Cassazione sull’Affidamento in Prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure proposte come semplici “doglianze di fatto”, ovvero contestazioni sull’apprezzamento dei fatti già compiuto dal giudice di merito, che non possono essere riesaminate in sede di legittimità. La Corte ha invece confermato la correttezza della motivazione del Tribunale di Sorveglianza.

La Biografia Criminale come Elemento Decisivo

Il Tribunale aveva basato la sua decisione sulla “corposa biografia criminale” del soggetto, che includeva reati gravi come bancarotta fraudolenta, omesso versamento di ritenute previdenziali, dichiarazione fraudolenta, detenzione abusiva di armi, ricettazione e associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Questo quadro ha delineato un profilo di pericolosità sociale incompatibile con la misura richiesta.

Il Sospetto Collegamento con la Criminalità Organizzata

Un elemento cruciale della valutazione è stato il sospetto di un legame con la criminalità organizzata. Pur non essendo mai stato formalmente indagato per reati di tipo mafioso, i suoi precedenti penali e i controlli sul territorio in compagnia di soggetti di elevato allarme sociale hanno indotto i giudici a non escludere un possibile collegamento. Questo fattore ha pesato in modo determinante sulla valutazione di inidoneità della misura.

Le Motivazioni: Perché l’Affidamento in Prova è Stato Ritenuto Inadeguato

La Corte ha spiegato che la decisione di negare l’affidamento in prova si fonda su una valutazione complessiva della personalità del condannato. Nel caso specifico, sono emersi diversi elementi ostativi:

* Mancanza di revisione critica: Il soggetto non aveva mostrato alcun senso critico o pentimento riguardo ai reati commessi, un requisito fondamentale per intraprendere un percorso rieducativo.
* Inadeguatezza del programma di reinserimento: L’attività proposta come segretario di un’associazione sportiva, presieduta dal cugino, è stata ritenuta priva di sufficienti garanzie di controllo sull’effettivo svolgimento e sulla sua valenza risocializzante. La stretta parentela con il presidente dell’associazione minava l’imparzialità e l’efficacia della supervisione.

Le Conclusioni: il Rigore della Corte nella Valutazione dei Requisiti

Questa ordinanza conferma il principio secondo cui la concessione delle misure alternative non è un diritto, ma una possibilità subordinata a una prognosi favorevole sul futuro comportamento del condannato. La presenza di una radicata carriera criminale e il sospetto di contiguità con ambienti della criminalità organizzata costituiscono elementi che, se non controbilanciati da un percorso di revisione critica serio e da un progetto di reinserimento solido e verificabile, rendono l’affidamento in prova una misura inadeguata. La decisione sottolinea l’importanza di un’analisi rigorosa e non meramente formale dei requisiti, al fine di garantire che la misura svolga la sua funzione preventiva e rieducativa senza compromettere la sicurezza della collettività.

Un passato criminale significativo può impedire la concessione dell’affidamento in prova?
Sì. La Corte ha confermato che una “corposa biografia criminale”, comprensiva di reati di varia natura, è un elemento decisivo che può portare al rigetto della richiesta di affidamento in prova, in quanto indica una personalità non idonea alla misura.

È necessario essere stati indagati per associazione mafiosa per vedersi negato l’affidamento in prova a causa di possibili legami con la criminalità organizzata?
No. La sentenza chiarisce che, anche in assenza di indagini specifiche per reati di tipo mafioso, i numerosi precedenti penali e la frequentazione di soggetti con un elevato allarme sociale possono essere sufficienti per non escludere un collegamento con la criminalità organizzata e, di conseguenza, negare la misura.

Un’attività lavorativa o di volontariato garantisce l’ottenimento dell’affidamento in prova?
No, non automaticamente. Il progetto di risocializzazione deve offrire sufficienti garanzie di controllo ed essere concretamente idoneo al reinserimento. Nel caso esaminato, l’attività di segretario in un’associazione presieduta dal cugino del ricorrente è stata giudicata inidonea perché non forniva adeguate garanzie di controllo sull’effettività del percorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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