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Affidamento in prova: no se c’è pericolosità sociale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una donna contro il diniego dell’affidamento in prova. La decisione si fonda sulla manifesta pericolosità sociale della ricorrente, dimostrata dalla commissione di nuovi e gravi reati di traffico di droga e armi mentre era in libertà, che prevale su qualsiasi richiesta di misura alternativa.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: Quando la Pericolosità Sociale Blocca il Percorso Alternativo

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul delicato equilibrio tra finalità rieducativa della pena e tutela della collettività. Il caso riguarda la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale da parte di una condannata, richiesta respinta a causa della sua persistente e attuale pericolosità sociale. Vediamo nel dettaglio come i giudici sono giunti a questa conclusione e quali principi hanno guidato la loro decisione.

I Fatti: La Richiesta di Misure Alternative

Una donna, condannata a una pena definitiva di un anno, otto mesi e 21 giorni per reati legati agli stupefacenti, ha presentato istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, la detenzione domiciliare. L’obiettivo era quello di scontare la pena al di fuori del carcere, intraprendendo un percorso di reinserimento.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto la richiesta. La ragione principale del diniego risiedeva in un fatto cruciale: la donna, in un periodo di libertà, era stata nuovamente arrestata in flagranza per gravissimi reati di traffico di droga e armi. Secondo il Tribunale, questi nuovi fatti dimostravano non solo il suo inserimento in circuiti criminali di vasto raggio, ma anche un’allarmante attualità della sua pericolosità sociale, rendendo inopportuna la concessione di qualsiasi misura alternativa.

Le Ragioni del Ricorso e l’Importanza dell’Affidamento in Prova

La difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nella sua valutazione. In particolare, si contestava il fatto che la pericolosità sociale fosse stata dedotta da una condanna per la quale, dopo un periodo di carcerazione, la donna aveva già ottenuto gli arresti domiciliari, a dimostrazione di un affievolimento delle esigenze cautelari. Inoltre, la difesa ha argomentato che l’assenza di pericolosità sociale non è un requisito assoluto per la concessione dell’affidamento in prova.

Il Principio della Progressione Trattamentale

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso manifestamente infondato, ha ribadito un principio cardine dell’esecuzione penale: la progressione trattamentale. Questo principio, sostenuto da una consolidata giurisprudenza, stabilisce che il percorso di rieducazione del condannato deve essere graduale. Anche in presenza di elementi positivi, il Tribunale di Sorveglianza può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione in carcere prima di concedere benefici, specialmente quando il reato commesso è sintomo di una spiccata capacità a delinquere e di legami con ambienti criminali di alto livello.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto la valutazione del Tribunale di Sorveglianza logica e non contraddittoria. La commissione di nuovi e più gravi reati durante un periodo di libertà è stata considerata la prova inconfutabile di una personalità ancora “fortemente incline al delitto” e “del tutto lontana da un percorso anche solo iniziale di reinserimento sociale”. I giudici hanno chiarito che le valutazioni del giudice della cognizione sulle misure cautelari (come gli arresti domiciliari) non vincolano il giudice della sorveglianza, poiché i presupposti per la concessione di una misura cautelare sono diversi da quelli per l’esecuzione della pena e le relative misure alternative. La condotta collaborativa in un altro procedimento, inoltre, non è stata ritenuta sufficiente a superare il giudizio di pericolosità.

Le conclusioni: Pericolosità Attuale e Diniego delle Misure Alternative

In conclusione, l’ordinanza stabilisce un punto fermo: la concessione di misure alternative come l’affidamento in prova richiede una valutazione prognostica positiva sulla capacità del condannato di non commettere altri reati. Se il comportamento recente del soggetto, attraverso la commissione di nuovi e gravi delitti, dimostra un’attuale e concreta pericolosità sociale, il Tribunale di Sorveglianza ha il potere e il dovere di negare il beneficio, ritenendo che lo scopo rieducativo non possa essere raggiunto e che la sicurezza della collettività debba prevalere. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La commissione di nuovi reati impedisce di ottenere l’affidamento in prova per una condanna precedente?
Sì, secondo questa ordinanza, la commissione di nuovi e gravi reati, specialmente se commessi in un periodo di libertà, è considerata una prova dell’attuale pericolosità sociale del soggetto. Questo quadro dimostra una forte inclinazione a delinquere e un’assenza di un percorso di reinserimento, giustificando pienamente il diniego di misure alternative come l’affidamento in prova.

Il giudice della sorveglianza è vincolato dalle valutazioni di un altro giudice sulle esigenze cautelari?
No, il giudice della sorveglianza non è vincolato dalle valutazioni fatte dal giudice della cognizione in merito alle misure cautelari (come la concessione degli arresti domiciliari). I presupposti per l’applicazione delle misure cautelari sono diversi da quelli relativi all’esecuzione della pena e alla concessione di misure alternative, che richiedono una valutazione autonoma sulla pericolosità sociale e sull’idoneità del percorso rieducativo.

Cosa si intende per “principio di progressione trattamentale” nella concessione di misure alternative?
Il principio di progressione trattamentale implica che il percorso di reinserimento sociale del condannato debba essere graduale. Il Tribunale di Sorveglianza può ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e di esperimenti in ambiente controllato prima di concedere benefici come l’affidamento in prova, soprattutto se il reato indica una notevole capacità a delinquere e legami con ambienti criminali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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