Affidamento in Prova: Quando i Precedenti Penali e la Condotta Negativa Chiudono la Porta
L’affidamento in prova ai servizi sociali rappresenta una fondamentale misura alternativa alla detenzione, orientata al reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione prognostica sulla capacità del soggetto di non commettere nuovi reati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come una storia criminale significativa e una condotta complessivamente negativa possano precludere l’accesso a questo beneficio, anche in presenza di un’attività di volontariato.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Affidamento in Prova
Il caso esaminato riguarda un individuo condannato che aveva presentato istanza per ottenere l’affidamento in prova ai servizi sociali. La sua richiesta era stata respinta dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Contro questa decisione, il suo difensore ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione da parte dei giudici di merito.
L’Analisi del Tribunale di Sorveglianza
Il Tribunale di Sorveglianza aveva basato il proprio diniego su una serie di elementi concreti. In primo luogo, era stata evidenziata la “pessima condotta” del detenuto, desunta non solo dai reati per cui era stato condannato, ma anche dai numerosi e gravi precedenti penali. Questi includevano reati di ricettazione, rapina, furto tentato ed estorsione. Inoltre, il soggetto risultava imputato in altri due procedimenti per rissa, minaccia aggravata, porto d’armi e atti persecutori, commessi in epoca relativamente recente (2017 e 2021). Questo quadro indicava una persistente tendenza a delinquere.
La Decisione della Cassazione sull’Affidamento in Prova
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza della decisione del Tribunale di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno ritenuto le censure del ricorrente manifestamente infondate e semplici reiterazioni di argomenti già esaminati e respinti.
I Precedenti Penali e la Condotta del Soggetto
La Corte ha ribadito che la valutazione per la concessione dell’affidamento in prova deve tenere conto dell’intera storia personale e criminale del condannato. I numerosi e gravi precedenti, uniti a procedimenti penali pendenti per reati recenti, costituiscono un fondato motivo per ritenere che il soggetto non offra sufficienti garanzie di reinserimento sociale e che, al contrario, vi sia un concreto pericolo di recidiva.
L’Inidoneità del Programma di Reinserimento
Un altro punto cruciale della decisione riguarda il programma di trattamento proposto. Il ricorrente aveva fatto leva su un’attività di volontariato, ma i giudici l’hanno considerata “eccessivamente generica”. Secondo la Corte, un’attività di questo tipo, per essere rilevante, deve essere specificamente strutturata per affrontare le cause della devianza criminale del soggetto e per prevenire la commissione di nuovi reati. Un impegno generico non è sufficiente a superare una prognosi negativa basata su una carriera criminale consolidata e recente, soprattutto considerando che la fine della pena era prevista per il lontano 2027.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione si concentra sul rigore necessario nella valutazione prognostica richiesta per l’accesso a misure alternative. Non è sufficiente la mera allegazione di un’attività lavorativa o di volontariato per ottenere il beneficio. È necessario che il percorso di reinserimento proposto sia concreto, specifico e idoneo a contrastare la pericolosità sociale del condannato, la quale deve essere valutata sulla base di tutti gli elementi disponibili, inclusi i precedenti penali, i carichi pendenti e la condotta generale. Il rigetto si fonda quindi sull’inadeguatezza del percorso rieducativo a fronte di un profilo di rischio criminale elevato e attuale.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio consolidato: l’affidamento in prova non è un diritto, ma un beneficio concesso a seguito di un giudizio prognostico favorevole. Una storia criminale significativa e la mancanza di un progetto di reinserimento concreto e credibile sono ostacoli insormontabili. Per gli operatori del diritto e per chi aspira a tale misura, emerge la necessità di presentare istanze supportate da programmi di trattamento dettagliati e personalizzati, capaci di dimostrare un reale e verificabile percorso di cambiamento, al di là di generiche dichiarazioni di intenti.
Quali elementi possono portare al rigetto di una richiesta di affidamento in prova?
Sulla base dell’ordinanza, elementi determinanti per il rigetto sono la condotta negativa del detenuto, la presenza di numerosi e gravi precedenti penali, l’esistenza di ulteriori procedimenti penali pendenti, la recente commissione di reati e un programma di reinserimento ritenuto troppo generico e inidoneo a prevenire la recidiva.
Un’attività di volontariato è sempre sufficiente per ottenere l’affidamento in prova?
No. Secondo la Corte, un’attività di volontariato definita “eccessivamente generica” non è di per sé sufficiente a garantire il reinserimento sociale del condannato, specialmente se contrapposta a una storia criminale recente e a un profilo di pericolosità sociale elevato.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2522 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2522 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MADDALONI il 22/06/1981
avverso l’ordinanza del 10/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Osservato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in relazione al rigetto dell’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali – so manifestamente infondate, oltre che reiterative di profili di censura già vagliati dai Giudici della sorveglianza.
Invero, il Tribunale di sorveglianza di Napoli nel rigettare la richiesta d affidamento, fa riferimento alla pessima condotta del detenuto e ai numerosi precedenti penali per ricettazione, rapina, furto tentato, ed estorsione in concorso da cui risulta gravato. Rileva, inoltre, che COGNOME risulta imputato in due ulterio procedimenti penali per i delitti di rissa, di minaccia aggravata e di porto d’armi commessi nel 2017, e per i delitti di atti persecutori e di porto d’armi commessi nel 2021. Sottolinea, poi, che l’attività di volontariato, eccessivamente generica, non è idonea al reinserimento sociale del condannato a e prevenire la commissione di nuovi reati, tenuto conto dell’epoca recente delle condotte e del lontano fine pena, previsto per il 2027.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.