Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23451 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23451 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 12 settembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha concesso a NOME COGNOME, condannata alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione per due delitti di estorsione, la misura alternativa della detenzione domiciliare, rigettando invece la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale. Il Tribunale ha dato atto che, secondo la relazione dell’UEPE, la istante è priva di attività lavorativa e non si dedica alla ricerca di un lavoro, essendo concentrata sull’accudimento dei due figli.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale deduce la inosservanza della legge penale e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen.
La motivazione si basa su un assunto errato, in quanto la ricorrente ha un contratto di lavoro, quale dipendente presso l’attività di parrucchiere del proprio compagno, con le mansioni di “sciampista”. Inoltre il diniego della misura alternativa fondato solo sulla mancanza di un’attività lavorativa contrasta con i principi dettati dalla corte di cassazione, secondo cui tale mancanza non può, da sola, precludere l’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale, non costituendo lo svolgimento di un lavoro un requisito per la sua concessione.
Il Tribunale non ha dato atto della ricorrenza degli altri indici favorevoli all’accoglimento dell’istanza contenuti nella relazione dell’UEPE, quali l’assenza di procedimenti penali in corso, la lontananza nel tempo dei fatti e la mancanza di prova di attuali condotte devianti, e non ha operato una valutazione complessiva della personalità della ricorrente. L’attuale situazione familiare, caratterizzata da un rapporto stabile con il marito, la nascita di due figli, il ripudio delle precedent condotte devianti, il corretto stile di vita, consentono un giudizio prognostico favorevole circa il suo reinserimento sociale.
Il procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei limiti precisati, e deve essere accolto.
L’ordinanza impugnata motiva la concessione della detenzione domiciliare solo citando l’art. 47 -ter, comma 1, lett. a), Ord.pen., e non contiene alcuna
motivazione in merito al rigetto della richiesta di affidamento in prova al servizio sociale. Il Tribunale si è limitato, infatti, a riferire la condizione familiare d ricorrente, quale madre di due figli, convivente con essi e con un compagno che svolge attività lavorativa, e a riportare la relazione dell’UEPE circa il fatto che ell non lavora e non intende farlo, essendo impegnata nell’accudimento della prole.
La ricorrente deduce, da tali brevi frasi, che la ragione del diniego di concessione dell’affidamento in prova sia l’assenza di un lavoro, ma tale motivazione non è esplicitata e la si deve ipotizzare, essendo quello l’unico elemento riferito che può assumere una valenza negativa, tale non essendo la condizione familiare o l’accudimento dei figli, elementi che, al contrario, denotano stabilità e adozione di uno stile di vita socialmente apprezzabile.
L’art. 47 Ord.pen., però, prescrive, quali requisiti per la concessione di tale misura alternativa alla detenzione, solo il fatto di poter ritenere, in base all’osservazione della personalità svolta, in questo caso, dall’UEPE, «che il provvedimento stesso … contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione dal pericolo che egli commetta altri reati», e l’ordinanza impugnata non contiene alcuna motivazione circa la inidoneità della misura a perseguire tali finalità, nel caso specifico della ricorrente. Lo svolgimento di un’attività lavorativa, o di un’altra attività risocializzante, può essere imposta quale prescrizione, ai sensi del quinto comma della norma stessa, ma non può rappresentare l’unico motivo ostativo alla concessione della misura, come affermato più volte da questa Corte, secondo cui «ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, lo svolgimento di un’attività lavorativa è soltanto uno degli elementi idonei a concorrere alla formazione del giudizio prognostico favorevole al reinserimento sociale del condanNOME, ma non può rappresentare una condizione ostativa di accesso alla misura qualora lo stesso non possa prestare tale attività per ragioni di età o di salute» (Sez. 1, n. 1023 del 30/10/208, dep. 2019, Rv. 274869; vedi anche Sez. 1, n. 43390 del 22/09/2014, Rv. 260723; Sez. 1, n. 26789 del 18/06/2009, Rv. 244735). Il Tribunale avrebbe dovuto perciò valutare, eventualmente accertandolo attraverso l’UEPE, se l’asserito rifiuto di cercare un lavoro dimostri la mancanza della volontà di rieducazione e di recupero sociale, o sia necessitato dall’impegno profuso per l’accudimento dei figli, ignorandosi se la ricorrente possa delegare ad altri tale attività nelle ore che dovrebbe dedicare al lavoro o allo svolgimento di opere di volontariato, ritenute risocializzanti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La ricorrente censura altresì l’omessa valutazione, da parte del Tribunale, degli indici favorevoli contenuti nella relazione dell’UEPE, quali la lontananza nel tempo dei reati commessi, l’assenza di procedimenti pendenti e di attuali
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condotte devianti, e deduce la erroneità dell’affermazione della mancanza di un lavoro, contenuta nella predetta relazione.
Non è competenza del giudice di legittimità compiere accertamenti di fatto circa il possesso o meno di un contratto di lavoro, in particolare sulla base di documenti allegati al ricorso ma, apparentemente, non conosciuti dall’UEPE. La censura risulta però fondata nella parte in cui la ricorrente lamenta l’omessa valorizzazione dei dati da cui risulta l’avvenuto cambiamento dello stile di vita e l’allontanamento da condotte delinquenziali, elementi che risultano deducibili dalla lontananza nel tempo dei delitti per i quali ella è stata condannata e dalla insussistenza, affermata dall’ordinanza stessa, di ulteriori condotte di reato, non risultanti dal certificato penale nonostante la diversa indicazione contenuta nell’informativa della questura di Pescara. Questa Corte ha ripetutamente sostenuto che «ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, è necessaria la valutazione del comportamento del condanNOME successivo ai fatti per i quali è stata pronunciata la condanna, onde verificare la concreta sussistenza di una positiva evoluzione della sua personalità, tale da rendere possibile il reinserimento sociale mediante la misura alternativa richiesta» (Sez. 1, n. 7873 del 18/12/2023, dep. 2024, Rv. 285855; Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, Rv. 278174). L’ordinanza, invece, ha del tutto omesso ogni valutazione circa la condotta attuale della condannata e circa la condotta da lei tenuta nel tempo trascorso dalla data di consumazione dei delitti in questione, benché la lunghezza di tale arco temporale possa consentire una verifica approfondita e significativa, in particolare quanto al pericolo di recidivanza. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Firenze per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.
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P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di orveglianza di Firenze.
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Così deciso il 02 maggio 2024
Il Consigliere estensore