Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13610 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13610 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in CINA il 21/03/1961 avverso l’ordinanza del 24/09/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di Firenze esaminati gli atti, visti il provvedimento impugnato e il ricorso, udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di sorveglianza di Firenze rigettava l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 legge n. 354 del 26 luglio 1975 (Ord. pen.), formulata da NOME COGNOME in relazione alla pena residua di due anni e quindici giorni, inflitta con sentenza della Corte di appello di Venezia, irrevocabile il 30 gennaio 2024, per il reato di cui all’art. 628 cod. pen.
A ragione della decisione, il Tribunale riteneva che il detenuto non avesse maturato un sufficiente grado di revisione critica del proprio passato criminale, dichiarandosi vittima di un ‘errore giudiziario’; sicchØ reputava opportuna la prosecuzione dell’osservazione inframuraria, ancora incompleta, poichØ l’istanza era stata presentata appena un mese dopo la restrizione in carcere, avanzando altresì perplessità sulla genuinità del domicilio indicato e sull’idoneità dell’attività lavorativa.
COGNOME propone ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, avv. COGNOME che affida a un unico, articolato motivo, con il quale lamenta la violazione dell’art. 47 Ord. pen. e il vizio della motivazione.
Avversa la correttezza dall’affermazione del Tribunale di sorveglianza secondo cui l’istanza sarebbe da considerarsi prematura sol perchØ proposta a distanza di un mese dall’ingresso nell’Istituto di pena, nonchØ le argomentazioni svolte in punto di incidenza delle difficoltà linguistiche
R.G.N. 37322/2024
che non possono ripercuotersi negativamente sull’istante, discriminandolo, dovendosi al contrario adeguatamente valutare positivamente il contenuto della relazione dell’equipe trattamentale, laddove si evidenzia che il condannato si approccia ai colloqui con atteggiamento adeguato, che ha una condotta inframuraria regolare e che Ł stato iscritto nella turnazione lavorativa.
Sotto altro profilo, lamenta che il Tribunale avrebbe illogicamente depotenziato l’indicazione del domicilio e dell’attività lavorativa, per motivi del tutto inconsistenti.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con conclusioni scritte pervenute il 5 dicembre 2024, ha prospettato la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che deduce censure infondate, va rigettato.
Com’Ł noto, attraverso la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
A proposito della peculiare finalità dell’affidamento, la giurisprudenza di questa Corte Ł uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione della misura, non possono, di per sØ soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui Ł intervenuta condanna e i precedenti penali, nØ può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato» (da ultimo, Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, M., Rv. 277924).
In particolare, Ł stato chiarito che, per il giudizio prognostico favorevole, la natura e la gravità dei reati per i quali Ł stata irrogata la pena in espiazione deve costituire, unitamente ai precedenti (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062), alle pendenze e alle informazioni di P.S. (Sez. 1, n. 1970 dell’11/3/1997, COGNOME, Rv. 207998), il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva (su questo specifico aspetto cfr. Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, COGNOME, Rv. 264602). Si Ł inoltre precisato che, fra gli indicatori utilmente apprezzabili in tale ottica, possono essere annoverati l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985).In ogni caso non può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 773 del 3.12.2013, dep. 10/1/2014, COGNOME, Rv. 258402).
Neppure Ł superfluo ricordare che, muovendo dai risultati delle attività di carattere istruttorio che il tribunale di sorveglianza ha il potere-dovere di compiere ai sensi dell’art. 47 Ord. pen., in relazione all’art. 96 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, nella sintesi conclusiva che Ł chiamato a compiere – pur non prescindendo dalla natura e dalla gravità dei reati per cui Ł stata irrogata la pena in espiazione (quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto) e sempre valutando
in via primaria la condotta successivamente serbata dal condannato attraverso l’indispensabile esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, onde assolvere all’esigenza di accertare l’assenza di indicazioni negative ed anche l’evenienza di elementi positivi tali da consentire il giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (su questo specifico aspetto cfr. Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, COGNOME, Rv. 264602) – può fare ragionata applicazione del principio di gradualità nell’iter finalizzato alla concessione, al contempo, puntuale e proficua delle misure alternative alla detenzione.
In tal senso si deve ribadire (nell’alveo di una consolidata elaborazione, su cui cfr. Sez. 1, n. 27264 del 14/1/2015, Sicari Rv. 264037; Sez. 1, n. 15064 del 6/3/2003, Chiara, Rv. 224029) che, prima di ammettere il condannato a misure alternative alla detenzione, il tribunale di sorveglianza, anche quando rilevi l’emersione di elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali onde verificare la concreta attitudine del medesimo a adeguarsi alle prescrizioni da imporre, poi, con la concessione delle misure stesse. Ciò Ł tanto piø giustificato quanto piø i reati commessi siano sintomatici di una non irrilevante capacità a delinquere e/o della verosimile contiguità con ambienti delinquenziali di elevato livello.
Degli esposti principi il giudice specializzato ha fatto corretta applicazione, poichØ ha affermato che non vi fosse quel nucleo minimo di prognosi favorevole per l’accesso alla misura alternativa sulla scorta di affermazioni corrette in diritto e sulla base dei dati emergenti dalla relazione dell’Uepe.
In essa si legge, invero, che il detenuto dichiara in modo ripetitivo di «non aver commesso il reato», che vi sarebbe stato un «errore giudiziario», infine che l’osservazione della personalità Ł «ancora in corso».
Il Tribunale ha, dunque, legittimamente valutato l’assenza dei parametri da prendere in considerazione ai fini del giudizio di meritevolezza sul conseguimento della misura alternativa, correttamente ritenendo il condannato – che si proclama vittima di un “errore giudiziario” – non seriamente motivato al cambiamento e, pertanto, non in grado di gestire responsabilmente la misura alternativa.
Tale motivazione resiste alle censure a-specifiche e assertive contenute nel ricorso, con cui si evidenziano l’asserita incidenza negativa delle difficoltà linguistiche (mai affermata dal Tribunale) e la condotta carceraria regolare (elemento, invece, correttamente considerato non dirimente, per la brevità del periodo di carcerazione e di osservazione).
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/01/2025.
Il Consigliere estensore