Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38447 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38447 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TITOLA NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Catania ha dichiarato inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare (stante il superamento della relativa soglia di pena) e rigettato quella di affidamento in prova ai servizi sociali, presentate da NOME COGNOME, in riferimento alla pena di anni quattro di reclusione, inflittagli con sentenza del 17/01/2023 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catania, per violazione dell’art. 73 d.P.R. 09 ottobre 1990 n. 309, risalente al 2017; l’imputato è libero, in relazione a tale titolo, come da decreto di sospensione dell’esecuzione ex art. 656, comma 5 cod. proc. pen. del 28/06/2023 e la pena da scontare è attualmente pari ad anni tre, mesi otto e giorni dodici di reclusione.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 47 -ter legge 26 luglio 1975, n. 354 e chiedendo l’annullamento della sopra detta ordinanza, quanto al rigetto della richiesta di concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali.
La difesa censura la mancata acquisizione, da parte del Tribunale di sorveglianza, di informazioni presso l’UEPE territorialmente competente, nonostante emergesse, dalle relazioni di polizia versate in atti, lo svolgimento ad opera del condanNOME – di una regolare attività lavorativa. Il reato in espiazione, inoltre, è stato commesso nel 2017, ad opera di soggetto che – nel corso dei sei anni successivi – non ha posto in essere alcuna condotta criminosa ulteriore.
Nell’ordinanza impugnata, poi, vi è il riferimento al fatto di esser stato controllato in compagnia di pregiudicati, ma mancano ulteriori specificazioni temporali e di contesto. Risulta apodittica, inoltre, l’affermazione circa la pericolosità sociale del condanNOME, in assenza di una valutazione in ordine al comportamento serbato dal soggetto, negli anni successivi al reato per il quale è intervenuta la condanna da eseguire. Non vi è motivazione, infine, nemmeno quanto all’avvenuto ripudio delle pregresse condotte devianti, né con riferimento all’adesione del soggetto ai valori della vita familiare.
3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il Tribunale di sorveglianza non ha l’obbligo di effettuare accertamenti ulteriori, circa la personalità del richiedente, qualora le risultanze documentali rivelino l’inidoneità della misura richiesta. Il complessivo giudizio prognostico è basato su una pluralità di elementi fattuali (in particolare, vengono in rilievo i gravi reati commessi e il quadro di pericolosità sociale, quale emergente dalle
y
informazioni provenienti dalle forze dell’ordine), che sono stati reputati significativi dell’inserimento del condanNOME in un articolato contesto delinquenziale. I rilievi difensivi, infine, non sono idonei a scalfire il convincimento dell’assenza di un concreto ravvedimento e di una reale revisione critica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Giova premettere che, mediante la misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento tende a realizzare una modalità di esecuzione della pena in ambiente esterno al carcere, da attuare nei confronti di condannati in relazione ai quali – in forza dell’osservazione della personalità, oltre che sulla base di ulteriori acquisizioni ed elementi di valutazione e conoscenza – possa essere formulata una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale, all’esito del periodo di sottoposizione a tale misura alternativa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
2.1. Conformemente alla peculiare finalità dell’istituto, la giurisprudenza di legittimità è orientata – in modo concorde – a ritenere che, ai fini della concessione della misura, non possa essere riconnesso un decisivo peso negativo, ad elementi quali la gravità del reato per cui è stata riportata la condanna o i precedenti penali annoverati dal soggetto; nemmeno può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia portato definitivamente a compimento il percorso di revisione critica del proprio passato deviante, essendo sufficiente, al contrario, che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato quantomeno avviato (Sez. 1, n. 771 del 6/2/1996, Tron, Rv. 203988 01; Sez. 1, 19/11/1995, COGNOME, Rv. 203154 – 01). Si è così precisato che, ai fini della formulazione di un positivo giudizio prognostico, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena da espiare devono costituire, unitamente ai precedenti penali annoverati dal richiedente (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062 – 01), nonché alle pendenze e alle informazioni di polizia (Sez. 1, n. 1970 dell’11/3/1997, COGNOME, Rv. 207998 – 01), il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto; la compiuta ed esauriente valutazione in tal senso non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta dal condanNOME in epoca successiva, né può mancare di considerare i suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali, ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale, oltre che della prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01; Sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, COGNOME, Rv. 244322 – 01; Sez.
1, n. 371 del 15/11/2001, dep. 8/1/2002, COGNOME, Rv. 220473 – 01; Sez. 1, n. 6783 del 13/12/1996, COGNOME, Rv. 206776 – 01; Sez. 1, n. 688 del 5/2/1998, COGNOME, Rv. 210389 – 01). È stato anche precisato come, fra gli elementi evocativi in tale ottica, possano ricomprendersi l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985 – 01).
2.2. L’affidamento in prova al servizio sociale, inoltre, postulando un contatto diretto fra il Servizio sociale e la persona fisica dell’interessato, presuppone indefettibilmente la continua reperibilità del medesimo, sia prima dell’applicazione del beneficio che nel corso della sua esecuzione, atteso che, soltanto in presenza di detta condizione, può essere valutato il di lui comportamento e, segnatamente, l’osservanza delle prescrizioni concernenti i rapporti con il servizio sociale, oltre che la dimora, la libertà di locomozione, il divieto di certe frequentazioni e, infine, il lavoro da svolgere (Sez. 1, n. 4322 del 24/6/1996, Messina, Rv. 205695 – 01). L’irreperibilità del condanNOME, al momento della decisione in merito alla sua richiesta di misura alternativa alla detenzione, dunque, può legittimamente essere considerata quale circostanza atta a precludere l’accoglimento dell’istanza stessa, nella misura in cui si riveli, in concreto, sintomatica di un disinteresse verso la procedura e impedisca – in modo assoluto – la verifica circa la sussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio invocato (Sez. 1, n. 12411 del 20/12/2000, dep. 2001, Sow, Rv. 218455 – 01).
3. Nella concreta vicenda – come già sintetizzato in parte narrativa – il Tribunale di sorveglianza di Catania ha rigettato l’istanza di misure alternative proposta da NOME, soggetto “libero sospeso”, evidenziando la presenza – a carico dello stesso – di pregiudizi penali non favorevoli, nonché di gravosi carichi pendenti e di informazioni di polizia risalenti ad epoca molto recente e negativamente deponenti. Sulla base di tali considerazioni, alcuna misura alternativa è stata reputata – almeno allo stato – concedibile al condanNOME, ritenendosi anche superflua l’acquisizione di informazioni ulteriori presso l’UEPE.
La difesa – nell’atto di impugnazione – ha dipaNOME un unico profilo di doglianza, deducendo la sussistenza violazione di legge e vizio di motivazione. In ipotesi difensiva, segnatamente, non sarebbero state adeguatamente valutate le buone prove offerte dal condanNOME negli ultimi sei anni, sintomo sicuramente evocativo della sussistenza di un atteggiamento improntato al ravvedimento e alla
resipiscenza, essendo invece restato – lo sguardo del Tribunale di sorveglianza rivolto esclusivamente all’osservazione delle pregresse condotte devianti.
Osserva però il Collegio che il Tribunale di sorveglianza di Catania – con ampia, logica ed esaustiva motivazione, immune da spunti di contraddittorietà e, pertanto, meritevole di restare al riparo di qualsivoglia stigma, in sede di legittimità – ha sottolineato l’esistenza di un gravoso corredo di pregiudizi, a carico del condanNOME, valorizzando, altresì, il pesante carico pendente, con condanna di primo grado già inflitta, nonché le negative informazioni di polizia. Nell’avversato provvedimento, inoltre, è ampiamente chiarita la ragione in base alla quale sia stata reputata non rilevante l’indagine da svolgersi da parte dell’UEPE, viepiù in considerazione del fatto che il ricorrente si trova attualmente nella condizione di cd “libero sospeso”, per il quale l’osservazione inframuraria non avrebbe potuto che essere strutturalmente assente.
Il Tribunale di sorveglianza, dunque, si è attenuto al principio di diritto fissato da Sez. 7, n. 7724 del 12/11/2013, dep. 2014, NOME, Rv. 261292 – 01, a mente della quale: «Il Tribunale di sorveglianza, chiamato a decidere sull’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, non ha l’obbligo di acquisire la relazione sull’osservazione della personalità nel caso in cui il condanNOME sia libero, l’osservazione non sia stata condotta per un periodo di tempo prolungato durante la carcerazione in ambito intramurario e le risultanze documentali rivelino l’inidoneità della misura richiesta, a fronte dell’accertata pericolosità del richiedente e dell’assenza di prospettive di una sperimentazione fruttuosa in attività risocializzanti, tale da non richiedere ulteriori approfondimenti» (in tal senso si sono poi espresse anche Sez. 1, n. 26232 del 07/07/2020, COGNOME, Rv. 279581 – 01, secondo la quale: «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, il tribunale di sorveglianza, chiamato a decidere su un’istanza presentata da un condanNOME in stato di libertà, non ha l’obbligo di effettuare accertamenti ulteriori sulla personalità del richiedente, qualora le risultanze documentali rivelino l’inidoneità della misura richiesta») e Sez. 1, n. 37053 del 01/12/2020, Tinnordidio, Rv. 280098 – 01).
Il ricorrente, infine, aggredisce il logico, congruo e corretto convincimento sussunto nell’impugNOME provvedimento, spendendo argomenti di tipo fattuale e di merito, che esulano dal perimetro assegNOME al giudizio di legittimità. Eccede, invero, dalla competenza della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi valutativi e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nell’alveo dei compiti esclusivi del giudice di merito.
E infatti, il controllo sulla motivazione, ad opera del giudice di legittimità, è circoscritto – ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. – alla verifica di tre requisiti, la cui esistenza rende la decisione insindacabile e, pertanto, intangibile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili, che l’hanno determinata; 2) l’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione, ossia la coerenza delle argomentazioni esposte, rispetto al fine da cui sono state determinate; 3) la non emersione di alcuno dei predetti vizi dal testo dell’atto impugNOME, ovvero da altri atti del processo, se specificamente indicati nei motivi di gravame (fra tante, si vedano Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 – 01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482 – 01 e Sez. 6, n. 5334 del 22/04/1992, dep. 1993, Verdelli, Rv. 194203 01).
La difesa, al contrario, si limita come detto alla mera contestazione della valutazione effettuata dal Giudice dell’esecuzione, così finendo per esprimere una critica solo confutativa e finalizzata alla rivalutazione nel merito e, sostanzialmente, evitando di dialogare con il contenuto stesso dell’ordinanza impugnata.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento derle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2024.