Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33635 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33635 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Bergamo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Brescia del 16.1.2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 16.1.2024, il Tribunale di Sorveglianza di Brescia rigettava l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, presentata nell’interesse di COGNOME NOME, ammettendolo provvisoriamente alla misura alternativa della semilibertà.
Dando atto che il detenuto fosse stato già ammesso alla semilibertà in via provvisoria con provvedimento in data 26.10.2023 del Magistrato di
Sorveglianza, il Tribunale di Sorveglianza evidenziava che la detta misura n avesse avuto ancora esecuzione, perché la RAGIONE_SOCIALE Circondariale non aveva trasmesso al datore di lavoro, disposto ad assumere COGNOME, la documentazione richiesta, e che pertanto, a maggior ragione in un quadro gravato da incertezza circa la persistenza della prospettiva lavorativa, la concessione di una misura più ampia della semilibertà avrebbe potuto essere intempestiva per il difetto di risorse esterne idonee a sorreggerla.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando un unico motivo, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen..
In particolare, il ricorso lamenta che la motivazione di rigetto della misura alternativa dell’affidamento in prova sia contraddittoria e manifestamente illogica nella parte in cui il tribunale di sorveglianza afferma l’incertezza della prospettiv lavorativa dell’imputato a cagione del fatto che la RAGIONE_SOCIALE circondariale non abbia ancora trasmesso al datore di lavoro la documentazione richiesta per l’assunzione. In realtà, agli atti – si fa rilevare – erano presenti plur dichiarazioni di disponibilità all’assunzione da parte della RAGIONE_SOCIALE, non formalizzata perché il medico competente della ditta aveva chiesto alla RAGIONE_SOCIALE circondariale la trasmissione della cartella clinica dell’imputato.
Si censura, altresì, che la motivazione sia, al tempo stesso, mancante, perché non ha tenuto conto della documentazione depositata, da cui risulta che COGNOME abbia serbato un comportamento corretto durante la detenzione, abbia maturato una revisione consapevole delle condotte devianti e abbia partecipato all’opera trattamentale e formativa, manifestando la volontà di aderire ad un programma terapeutico.
Si deduce, in ogni caso, anche la inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 47 Legge n. 354 del 1975, in quanto i risultati dell’osservazione della personalità avrebbero consentito l’accoglimento dell’istanza per contribuire alla rieducazione del reo.
Con requisitoria scritta del 23.4.2024, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, osservando che per la concessione dell’affidamento in prova non sia necessaria la sussistenza di un lavoro stabile già disponibile, ma sia sufficiente che il condannato si impegni in attività utili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso è fondato.
Il Tribunale di Sorveglianza di Brescia ha fondato essenzialmente il diniego dell’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale sulla circostanza che il detenuto non avesse ancora cominciato a lavorare presso la ditta che si era dichiarata disponibile ad assumerlo.
Al tempo stesso, però, l’ordinanza di rigetto ha richiamato integralmente per farlo proprio – il contenuto del provvedimento con cui il Magistrato di Sorveglianza di Brescia aveva precedentemente ammesso COGNOME in via interinale alla semilibertà, nel quale si era dato atto che dalla relazione di sintesi dell’istituto penitenziario risultasse che il detenuto aveva aderito alle attivi trattamentali ed alle iniziative culturali, manifestando buona revisione critica, sia pure nel quadro di una limitata capacità introspettiva. Lo stesso Magistrato di Sorveglianza aveva valorizzato, sulla base delle risultanze istruttorie, la prospettiva di un accesso graduale ai benefici penitenziari, evidenziando anche che l’equipe del Ser.d. aveva proposto l’ammissione di COGNOME, affetto da dipendenza da alcool e cocaina, alla misura dell’affidamento terapeutico.
Ciò detto, la tenuta della motivazione dell’ordinanza impugnata va misurata, per un verso, sulla previsione dell’art. 47, comma 2, Legge n. 354 del 1975 relativa ai requisiti che debbono sussistere per la concessione della misura, e, per l’altro, sui consolidati approdi della giurisprudenza di legittimità circa paramenti da valutare ai fini dell’ammissione all’affidamento in prova.
Sotto quest’ultimo profilo, si è costantemente ritenuto che lo svolgimento di un’attività lavorativa sia soltanto uno degli elementi idonei a concorrere alla formazione del giudizio prognostico favorevole al reinserimento sociale del condannato (Sez. 1, n. 1023 del 30/10/2018, dep. 2019, Fusillo, Rv. 274869 01) e che non sia necessaria per la concessione della misura la sussistenza di un lavoro già disponibile (Sez. 1, n. 18939 del 26/2/2013, E.A., Rv. 256024 – 01).
Infatti, lo svolgimento di attività lavorativa, pur rappresentando un mezzo di reinserimento sociale valutabile nel più AVV_NOTAIO giudizio sulla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, non costituisce da solo, qualora mancante, condizione ostativa all’applicabilità di detta misura, trattandosi di parametro apprezzabile unitamente agli altri elementi sottoposti alla valutazione del giudice di merito (Sez. 1, n. 5076 del 21/9/1999, COGNOME, Rv. 214424 01).
Questa impostazione trova conforto nel dato normativo di riferimento, e segnatamente nell’art. 47, comma 2, Legge n. 354 del 1975, secondo cui la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale mira a contribuire alla rieducazione del reo, assicurando contemporaneamente la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
In relazione a tale peculiare finalità dell’affidamento, non può richiedersi, innanzitutto, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 1410 del 30.10.2018, dep. 2019, M., Rv. 277924 – 01; Sez. 1, n. 773 del 3.12.2013, dep. 2014, Naretto, Rv. 258402 – 01).
In questa prospettiva, l’analisi della personalità del soggetto non può prescindere, evidentemente, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, che risultano essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva (da ultimo, Sez. 1, n. 7873 del 18.12.2023, dep. 2024, Tomaselli, Rv. 285855 – 01).
Questo vuol dire che si deve avere riguardo ai risultati del trattamento individualizzato, verificando se gli elementi valutativi disponibili consentano di trarre un giudizio prognostico favorevole al reinserimento del condannato nella società, aspetto, questo, che rappresenta l’obiettivo della misura alternativa.
Da questo punto di vista, il provvedimento impugnato manca di confrontarsi adeguatamente con le risultanze della osservazione del detenuto – che peraltro esso stesso richiama – da cui risulta che COGNOME abbia aderito alle attività trattamentali e alle iniziative culturali e abbia manifestato buona revisione critica.
Omette, altresì, di prendere in considerazione il dato, segnalato nel provvedimento del Magistrato di Sorveglianza, che l’equipe abbia proposto l’ammissione del detenuto alla misura dell’affidamento terapeutico. Dato, questo, da valutarsi come non poco significativo, se solo si considera che il c.d. affidamento terapeutico è configurato sulla falsariga dell’affidamento in prova al servizio sociale e anzi ne estende l’ambito applicativo, prevedendo peraltro come presupposto soggettivo – nient’affatto ininfluente ai fini del giudizio relati all’eventuale reinserimento sociale ex art. 47 Legge n. 354 del 1975 – che il condannato sia sottoposto o intenda seriamente sottoporsi ad un programma di recupero.
In questo quadro di fondo, infine, l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, in modo contraddittorio, valorizza in senso sfavorevole al detenuto il fatto che il suo datore di lavoro non abbia potuto dare corso all’assunzione per motivi del tutto indipendenti dal detenuto stesso, anziché attribuire rilievo in senso a lui favorevole alla circostanza di essersi attivato per trovare un’occupazione, che rappresenta un elemento funzionale al reinserimento sociale, valutabile nel più AVV_NOTAIO giudizio sulla richiesta di affidamento in prova.
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Deve ritenersi, pertanto, che nella motivazione del provvedimento impugnato abbia incongruamente assunto un ruolo assorbente e pressoché esclusivo la mancanza attuale di un’attività lavorativa e sia stata invece pretermessa o almeno ridimensionata la compiuta valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato e dei suoi comportamenti attuali, che devono concorrere in maniera rilevante alla formulazione di un giudizio prognostico circa il reinserimento del condannato nella società.
Ne consegue che l’ordinanza del 16.1.2024 deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Brescia per un nuovo esame della richiesta alla luce dei principi sopra richiamati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di Brescia.
Così deciso il 14.5.2024