Affidamento in Prova: Quando l’Attenuante della Collaborazione Apre le Porte alla Misura Alternativa
L’accesso a misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova al servizio sociale, rappresenta un punto cruciale nel percorso di reinserimento di un condannato. Tuttavia, la presenza di ‘reati ostativi’ nel casellario giudiziale può creare una barriera apparentemente insormontabile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un principio fondamentale: il riconoscimento di una circostanza attenuante per la collaborazione con la giustizia in sede di condanna non può essere ignorato dal Tribunale di Sorveglianza, impedendo una declaratoria di inammissibilità sommaria della richiesta.
I Fatti del Caso
Un cittadino, condannato per un reato previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione (art. 12, comma 3, d.lgs. 286/1998), presentava un’istanza per essere ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale. Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile ‘de plano’, ovvero senza fissare un’udienza. La motivazione si basava sulla natura ‘ostativa’ del reato commesso e sulla presunta mancata allegazione di elementi relativi alla collaborazione con la giustizia, come richiesto dall’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario.
Il Ricorso e la Decisione sull’affidamento in prova
Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per cassazione, sostenendo un’erronea applicazione della legge. L’argomento difensivo era semplice ma decisivo: nella sentenza di condanna originaria, i giudici avevano esplicitamente riconosciuto e concesso la circostanza attenuante speciale prevista per chi collabora attivamente (art. 12, comma 3 quinquies, d.lgs. 286/1998). Di conseguenza, la collaborazione con la giustizia non era un elemento mancante, ma un fatto già accertato e sancito in un precedente provvedimento giudiziario. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza di inammissibilità e rinviando il caso al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha ritenuto il ricorso fondato, sottolineando un punto di diritto cruciale. Il riconoscimento dell’attenuante ‘collaborativa’ nella sentenza di merito costituisce un accertamento giudiziale che non può essere ignorato in una fase successiva. Il Tribunale di Sorveglianza non poteva, quindi, respingere la domanda di affidamento in prova sulla base di un presunto difetto di collaborazione che era già stato positivamente valutato in precedenza. La decisione ‘de plano’ è stata considerata illegittima perché ha privato il richiedente del diritto a un esame approfondito della sua istanza in un’udienza in contraddittorio, dove avrebbe potuto far valere le sue ragioni.
Conclusioni
Questa sentenza riafferma un principio di coerenza e garanzia all’interno del sistema giudiziario. Un fatto giuridicamente rilevante, come la collaborazione con la giustizia, una volta accertato e formalizzato in una sentenza attraverso il riconoscimento di una specifica attenuante, non può essere rimesso in discussione sommariamente in una fase successiva del procedimento di esecuzione della pena. La decisione del Tribunale di Sorveglianza deve avvenire dopo una valutazione completa nel merito e in contraddittorio, garantendo al condannato il diritto di difendersi e di vedere esaminata la propria istanza. In pratica, il ‘giudicato’ sull’attenuante vincola il giudice della sorveglianza a procedere con un’udienza, senza poter liquidare la richiesta con un decreto di inammissibilità.
Un’istanza di affidamento in prova può essere dichiarata inammissibile senza udienza se il reato è ostativo?
In linea di principio sì, qualora manchino i presupposti per superare la presunzione di pericolosità, come la prova della collaborazione. Tuttavia, la sentenza in esame stabilisce che se tale collaborazione è già stata riconosciuta nella sentenza di condanna, non si può procedere con un decreto ‘de plano’.
Che valore ha il riconoscimento di un’attenuante per la collaborazione nella richiesta di misure alternative?
Secondo la Corte di Cassazione, ha un valore determinante. Il riconoscimento di questa specifica attenuante nella sentenza di merito impedisce al Tribunale di Sorveglianza di dichiarare inammissibile l’istanza di affidamento in prova per mancata collaborazione, obbligandolo a fissare un’udienza per la valutazione nel merito.
Qual è stato l’esito finale della vicenda processuale?
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di inammissibilità. Ha disposto il rinvio degli atti al Tribunale di Sorveglianza di Trieste, che dovrà procedere a un nuovo giudizio sull’istanza, questa volta garantendo il contraddittorio tra le parti attraverso un’apposita udienza.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20055 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20055 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/02/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 25/02/2025
R.G.N. 34034/2024
CARMINE RUSSO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME NOME COGNOME nato a in ROMANIA il 19/03/1984; avverso l’ordinanza del 02/09/2024 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA di Trieste vista la relazione del Consigliere NOME COGNOME vista la requisitoria del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso; in procedura a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento emesso de plano, in data 2 settembre 2024 il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Trieste ha dichiarato inammissibile l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da Tic NOME COGNOME
In motivazione si evidenzia che il titolo esecutivo comprende il reato di cui all’art. 12 comma 3 d.lgs. n.286 del 1998 (da ritenersi ostativo) e la parte non ha adempiuto agli oneri di allegazione, in assenza di collaborazione con la giustizia, richiesti dall’art. 4 bis ord. pen. .
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – Tic NOME COGNOME deducendo erronea applicazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorrente evidenzia che nella sentenza emessa in cognizione vi Ł esplicito riferimento alla collaborazione prestata, con riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 12 comma 3 quinquies d.lgd. n.286 del 1998 . Dunque non poteva emettersi il decreto di inammissibilità de plano ma andava fissata l’udienza di trattazione della domanda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato.
Dalla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti risulta l’avvenuta concessione della circostanza attenuante «collaborativa» di cui all’art. 12 comma 3 quinquies d.lgs. n.286 del 1998.
Dunque la domanda non incontrava alcuna ragione di inammissibilità ed andava vagliata in contraddittorio.
Va pertanto disposto l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di Trieste
Così Ł deciso, 25/02/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME