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Affidamento in prova: l’attenuante fa la differenza

La Corte di Cassazione ha annullato un provvedimento di inammissibilità per una richiesta di affidamento in prova. Nonostante il reato fosse “ostativo”, la Corte ha stabilito che il precedente riconoscimento di un’attenuante per la collaborazione nel giudizio di merito impedisce una reiezione sommaria, rendendo necessaria una valutazione in contraddittorio.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: Quando l’Attenuante della Collaborazione Apre le Porte alla Misura Alternativa

L’accesso a misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova al servizio sociale, rappresenta un punto cruciale nel percorso di reinserimento di un condannato. Tuttavia, la presenza di ‘reati ostativi’ nel casellario giudiziale può creare una barriera apparentemente insormontabile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un principio fondamentale: il riconoscimento di una circostanza attenuante per la collaborazione con la giustizia in sede di condanna non può essere ignorato dal Tribunale di Sorveglianza, impedendo una declaratoria di inammissibilità sommaria della richiesta.

I Fatti del Caso

Un cittadino, condannato per un reato previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione (art. 12, comma 3, d.lgs. 286/1998), presentava un’istanza per essere ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale. Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile ‘de plano’, ovvero senza fissare un’udienza. La motivazione si basava sulla natura ‘ostativa’ del reato commesso e sulla presunta mancata allegazione di elementi relativi alla collaborazione con la giustizia, come richiesto dall’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario.

Il Ricorso e la Decisione sull’affidamento in prova

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per cassazione, sostenendo un’erronea applicazione della legge. L’argomento difensivo era semplice ma decisivo: nella sentenza di condanna originaria, i giudici avevano esplicitamente riconosciuto e concesso la circostanza attenuante speciale prevista per chi collabora attivamente (art. 12, comma 3 quinquies, d.lgs. 286/1998). Di conseguenza, la collaborazione con la giustizia non era un elemento mancante, ma un fatto già accertato e sancito in un precedente provvedimento giudiziario. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza di inammissibilità e rinviando il caso al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha ritenuto il ricorso fondato, sottolineando un punto di diritto cruciale. Il riconoscimento dell’attenuante ‘collaborativa’ nella sentenza di merito costituisce un accertamento giudiziale che non può essere ignorato in una fase successiva. Il Tribunale di Sorveglianza non poteva, quindi, respingere la domanda di affidamento in prova sulla base di un presunto difetto di collaborazione che era già stato positivamente valutato in precedenza. La decisione ‘de plano’ è stata considerata illegittima perché ha privato il richiedente del diritto a un esame approfondito della sua istanza in un’udienza in contraddittorio, dove avrebbe potuto far valere le sue ragioni.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio di coerenza e garanzia all’interno del sistema giudiziario. Un fatto giuridicamente rilevante, come la collaborazione con la giustizia, una volta accertato e formalizzato in una sentenza attraverso il riconoscimento di una specifica attenuante, non può essere rimesso in discussione sommariamente in una fase successiva del procedimento di esecuzione della pena. La decisione del Tribunale di Sorveglianza deve avvenire dopo una valutazione completa nel merito e in contraddittorio, garantendo al condannato il diritto di difendersi e di vedere esaminata la propria istanza. In pratica, il ‘giudicato’ sull’attenuante vincola il giudice della sorveglianza a procedere con un’udienza, senza poter liquidare la richiesta con un decreto di inammissibilità.

Un’istanza di affidamento in prova può essere dichiarata inammissibile senza udienza se il reato è ostativo?
In linea di principio sì, qualora manchino i presupposti per superare la presunzione di pericolosità, come la prova della collaborazione. Tuttavia, la sentenza in esame stabilisce che se tale collaborazione è già stata riconosciuta nella sentenza di condanna, non si può procedere con un decreto ‘de plano’.

Che valore ha il riconoscimento di un’attenuante per la collaborazione nella richiesta di misure alternative?
Secondo la Corte di Cassazione, ha un valore determinante. Il riconoscimento di questa specifica attenuante nella sentenza di merito impedisce al Tribunale di Sorveglianza di dichiarare inammissibile l’istanza di affidamento in prova per mancata collaborazione, obbligandolo a fissare un’udienza per la valutazione nel merito.

Qual è stato l’esito finale della vicenda processuale?
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di inammissibilità. Ha disposto il rinvio degli atti al Tribunale di Sorveglianza di Trieste, che dovrà procedere a un nuovo giudizio sull’istanza, questa volta garantendo il contraddittorio tra le parti attraverso un’apposita udienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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