Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24140 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24140 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato in ROMANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/10/2023 del TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG AVV_NOTAIO COGNOME che ha concluso per nammissibilità;
letta la memoria difensiva;
dato avviso al difensore;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.) avanzata nell’interesse di NOME COGNOME.
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando la violazione di legge, in riferimento agli artt. 1, 4-bis, 13 e 47 ord. pen., e il vizio della motivazione perché il Tribunale di sorveglianza non ha tenuto conto della positiva relazione comportamentale e del contegno tenuto in carcere dal quale emerge la revisione critica cui è giunto il condannato il quale, peraltro, non ha altre pendenze giudiziarie ed è stato condannato per un episodio del 2012. Non è stata, infine, valorizzata la documentata disponibilità di un’attività lavorativa.
2.1. Il difensore ha depositato memoria con la quale, nel depositare documentazione relativa all’attività lavorativa, insiste nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che presenta tratti di inammissibilità, è nel complesso infondato.
La giurisprudenza di legittimità è orientata ad affermare che «ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602).
2.1. Il provvedimento impugnato evidenzia che la relazione di sintesi non fa alcun riferimento alla revisione critica che sarebbe stata, secondo il ricorso, avviata dal condannato, evidenziando piuttosto un atteggiamento manipolatorio, verosimilmente teso all’ottenimento di misure alternative, desunto dal palese/
disallineamento tra quanto ammesso dal condannato e quanto risulta dalla sentenza di condanna a suo carico, nonché la aleatorietà della opportunità lavorativa poiché l’offerta risulta essere subordinata alla eventuale apertura di alcuni cantieri di lavoro in Perugia e all’affidamento di detti appalti all’impresa edile di proprietà del cugino del condannato.
Il ricorso, che, senza allegarla o citarne compiutamente i passaggi ritenuti rilevanti, si limita ad affermare che la relazione di sintesi certificherebbe l’avvenuta revisione critica, è, quindi, caratterizzato da una critica generica.
3.1. Sotto altro profilo, il ricorso non sì confronta con la specifica motivazione del provvedimento impugnato relativa alla aleatorietà dell’attività lavorativa, legata all’eventuale affidamento di appalti a un parente del condannato, mentre si limita vribadirebdell’offerta di lavoro formulata dal parente.
Il Tribunale ha, del resto, compiuto una valutazione non illogica, che il ricorso si limita a non condividere; tale valutazione ha contribuito al legittimo giudizio negativo sulla prognosi di rinserimento sociale.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che «Ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, lo svolgimento di un’attività lavorativa è soltanto uno degli elementi idonei a concorrere alla formazione del giudizio prognostico favorevole al reinserimento sociale del condannato, ma non può rappresentare una condizione ostativa di accesso alla misura qualora lo stesso non possa prestare tale attività per ragioni di età o di salute» (Sez. 1, n. 1023 del 30/10/2018 – dep. 2019, Fusillo, Rv. 274869).
Il Tribunale di sorveglianza ha, dunque, correttamente evidenziato la mancanza di affidabilità di quanto riferito in merito all’attività lavorativa.
3.2. Quanto alla condotta manipolatoria, ritenuta indicativa del mancato avvio della revisione critica, il ricorso omette di criticare la puntuale affermazione secondo la quale il condannato ha fornito una descrizione dei fatti del tutto disallineata da quella accertata, così palesano un totale distacco dall’agìto.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19 aprile 2024.