Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18389 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18389 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 31/01/1967
avverso l’ordinanza del 15/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha rigettato l’istanza di affidamento in prova proposta da NOME COGNOME in relazione alla pena espianda pari ad anni 7 di reclusione, oltre multa, per il reato di tentata importazione di un ingente quantitativo di stupefacente dal Perù, commesso nel 2008.
A fondamento della decisione, il Tribunale ha ritenuto che, in ragione della «assoluta gravità del reato commesso e della personalità del detenuto che non appare averla compresa in modo sufficiente e rassicurante», fosse opportuno proseguire il trattamento penitenziario in atto da poco più di due anni.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per il tramite del difensore avv. NOME COGNOME deducendo ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., violazione e falsa applicazione della legge penale in relazione agli artt. 4 bis e 47 della legge n. 354 del 1975.
Si duole in particolare la Difesa che il Tribunale abbia omesso di esaminare e adeguatamente valutare tutti gli indici univocamente sintomatici del positivo percorso di risocializzazione intrapreso dal condannato successivamente alla commissione del fatto di cui alla condanna in esecuzione, valorizzando la mancata ammissione degli addebiti che, tuttavia, per costante giurisprudenza di legittimità, non è ostativa all’accoglimento delle misure alternative, essendo sufficiente che il condannato accetti la condanna, e avvii un percorso di rivisitazione critica del passato deviante, come avvenuto nel caso di specie.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Appare utile premettere che, attraverso la misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
In relazione alla peculiare finalità dell’affidamento, la giurisprudenza di questa Corte è uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione della misura,
non possono, di per sé soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, la mancata ammissione di colpevolezza, o i precedenti penali, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (da ultimo, Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, M., Rv. 277924).
In particolare, è stato chiarito che, per il giudizio prognostico favorevole, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione deve costituire, unitamente ai precedenti (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062 – 01), alle pendenze e alle informazioni di P.S. (Sez. 1, n. 1970 dell’11/3/1997, COGNOME, Rv. 207998 – 01), il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01; Sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, COGNOME, Rv. 244322 – 01); si è anche precisato che, fra gli indicatori utilmente apprezzabili in tale ottica, possono essere annoverati l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985 – 01).
È infine principio consolidato quello per cui non configura una ragione ostativa la mancata ammissione degli addebiti; occorre invece valutare se il condannato abbia accettato la sentenza e la sanzione inflittagli, in quanto ciò che assume rilievo è l’evoluzione della personalità successivamente al fatto nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001; più recentemente sez. 1, n. 10586 del 08/02/2019).
Dai principi poc’anzi enunciati deve inferirsi che la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta carente ed incompleta essendosi il Tribunale limitato a evidenziare la gravità del reato in esecuzione.
Il Tribunale di Sorveglianza omette tuttavia di condurre un’analisi fondata sulla valutazione dei parametri stabiliti dalla giurisprudenza nomofilattica ed innanzi richiamati, ed in particolare, nel rivolgere la sua attenzione esclusivamente al passato, omette di effettuare un’approfondita valutazione della condotta del condannato successiva ai delitti, e di valutare il percorso intramurario effettuato dal COGNOME, omettendo di prendere in considerazione gli elementi positivi risultanti dalla relazione redatta dagli operatori dell’istituto penitenziario.
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Coglie quindi nel segno la censura difensiva che lamenta la pretermissione, nella valutazione dei Giudici di merito, dei plurimi indicatori positivi caratterizzanti la vita
post delictum
ed il percorso carcerario del condannato, il quale, non risulta aver commesso condotte illecite ulteriori e successive a quella in esecuzione, risalente al 2008; è dedito
a stabile e lecita attività lavorativa; ha stabili relazioni famigliari; dal 2022 è stato avviato in permesso premio, che svolge regolarmente a Carrara presso la sua famiglia
e talvolta a Milano presso i genitori; ha ripreso gli studi inerenti alla scuola alberghiera, mentre era detenuto; ha accettato «serenamente» la detenzione, avendo dichiarato,
dinanzi al Tribunale di sorveglianza il 15 ottobre 2024, «riconosco la pena e la responsabilità. Riconosco che il reato era di estrema gravità»; durante il periodo di
detenzione ha partecipato alle attività programmate in istituto volte alla comunicazione empatica non violenta e al percorso di consapevolezza di
sé; si
è reso disponibile a svolgere attività di volontariato.
Ne consegue che il giudizio fornito dal Tribunale in ordine alla perdurante pericolosità sociale del condannato ed alla sua contenibilità esclusivamente in regime
intramurario si risolve in un’apodittica affermazione, priva di un substrato motivazionale adeguato.
L’accertata carenza della motivazione giustifica l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Firenze per un nuovo esame, che dovrà essere eseguito nel rispetto dei principi che si sono enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Firenze.
Così deciso il 4 marzo 2025