Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22255 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22255 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nata a Roma il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 12/12/2023 dal Tribunale di sorveglianza di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che
ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 12 dicembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma, pronunciandosi nei confronti di NOME COGNOME, rigettava l’istanza di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale e contestualmente le riconosceva la detenzione domiciliare.
Tali benefici penitenziari erano stati richiesti congiuntamente dalla condannata, in relazione alla frazione detentiva che doveva scontare, la cui scadenza veniva individuata dal Tribunale di sorveglianza di Roma nella data del 12 settembre 2024.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento dell’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), conseguenti alla ritenuta insussistenza dei presupposti dell’affidamento in prova al servizio sociale, che erano stati valutati dal Tribunale di sorveglianza di Roma con un percorso argomentativo incongruo e svincolato dalle emergenze processuali, che non teneva conto della personalità e del processo rieducativo intrapreso positivamente dal ricorrente dopo l’esecuzione della pena, attestato dal regime degli arresti clomiciliari esecutivi applicati alla ricorrente.
Si deduceva, al contempo, che appariva privo di rilievo il richiamo effettuato dal Tribunale di sorveglianza di Roma l’arresto della ricorrente, avvenuto il 16 luglio 2022, atteso che la relativa vicenda processuale non era stata ancora definita, con la conseguenza che, nel caso di specie, erano stati utilizzati elementi di valutazione connotati da provvisorietà, in palese violazione della disposizione dell’art. 27, terzo comma, Cost.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Osserva il Collegio che il respingimento dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, presentata da NOME COGNOME, veniva giustificato dal Tribunale di sorveglianza di Roma sulla base di un giudizio prognostico adeguato della personalità criminale della condannata, che non consentiva di valutare positivamente il percorso rieducativo intrapreso, anche alla luce dell’elevato
disvalore del titolo esecutivo per il quale la ricorrente scontava la pena controversa.
Tale elemento di giudizio assumeva un rilievo ancora maggiore alla luce del fatto che, anche dopo la condanna riportata per il delitto posto in esecuzione, la ricorrente aveva continuato a delinquere, tanto è vero, durante gli arresti domiciliari esecutivi, concessigli ex art. 656, comma 10 cod. proc. pen., NOME COGNOME aveva mantenuto una stretta contiguità con l’ambiente dello spaccio di sostanze stupefacenti, come testimoniato dal fatto che veniva denunciata per detenzione di stupefacenti nell’ambito del procedimento n. 45880/2021 R.G.N.R., richiamato nel provvedimento impugnato.
Nel procedimento menzionato, nel corso di una perquisizione eseguita presso l’abitazione della ricorrente il 16 luglio 2022, venivano sequestrate dieci dosi confezionate di cocaina e 740,00 euro in contanti, che rendevano evidente il suo coinvolgimento nell’attività di spaccio per la quale veniva arrestata in flagranza di reato unitamente al convivente. Tale episodio, a ben vedere, assumeva un elevato valore sintomatico della personalità criminale della ricorrente, che, a prescindere dall’esito del procedimento, appariva «colpevole o comunque connivente rispetto al comportamento del convivente durante l’esecuzione degli arresti domiciliari».
Il Tribunale di sorveglianza di Roma, dunque, valutava correttamente gli elementi informativi di cui disponeva, fondando il giudizio prognostico negativo sul comportamento di NOME COGNOME su una valutazione della sua personalità criminale congrua e rispettosa della giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui, ai fini della valutazione del percorso rieducal:ivo intrapreso dal condannato, propedeutico alla concessione di un beneficio penitenziario, è imprescindibile «la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01).
Né potrebbe essere diversamente, atteso che costituisce espressione di un orientamento ermeneutico parimenti consolidato il principio secondo cui, per valutare il comportamento di un soggetto che intende beneficiare di una misura alternativa alla detenzione, non si può prescindere dal vaglio dei comportamenti, antecedenti e successivi, prodromici alla concessione del beneficio penitenziario, in funzione della valutazione prognostica del processo trattamentale intrapreso dal condannato. Tale vaglio deve essere effettuato tenendo conto del processo di revisione critica dell’istante, che è indispensabile per la formulazione di un
giudizio sul suo reinserimento sociale, su cui, nei confronti di NOME COGNOME, il Tribunale di sorveglianza di Roma si esprimeva in termini negativi, nel rispetto della giurisprudenza della Suprema Corte (tra le altre, Sez. 1, n. 10586 del 08/02/2019, COGNOME, Rv. 274993 – 01; Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001 – 01).
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente il rigetto del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 aprile 2024.