Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3070 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3070 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CIRO’ MARINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/01/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME, che ha chiesto una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro rigettava la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, presentata da NOME COGNOME ai sensi dell’art. 47 I. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen), mentre dichiarava inammissibile la subordinata domanda di detenzione domiciliare di cui all’art. 47-ter, comma 1-bis, Ord. pen. in relazione alla condanna intervenuta con sentenza del Tribunale di Crotone per associazione per delinquere, ricettazione e reati ambientali, con pena irrogata pari ad anni 2, mesi 7 e giorni 27 di reclusione.
Il Tribunale, dopo aver ritenuto la detenzione domiciliare preclusa dall’entità ultrabiennale della pena, negava l’affidamento in prova al servizio sociale sulla base della constatazione dell’insufficiente revisione critica dei gravi comportamenti in relazione ai quali era intervenuta sentenza irrevocabile di condanna, e sulla base del rilievo di un’allarmante pendenza ulteriore (la condanna di primo grado ad anni quattro di reclusione per il reato di intestazione fittizia di beni, aggravato da finalit di agevolazione mafiosa).
NOME COGNOME ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, sulla base di due motivi.
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la carente e/o manifesta illogicità della motivazione, la quale avrebbe trascurato di valutare importanti elementi oggettivi e soggettivi, che viceversa avrebbero dovuto essere considerati ai fini della decisione sull’affidamento in prova, quali la situazione socio-familiare, il reinserimento lavorativo e il ripudio del passato deviante.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 47 Ord. pen., perché il Tribunale, in presenza dei positivi indicatori sopra menzionati, avrebbe fatto dipendere la decisione sfavorevole dalla sola esistenza dell’ulteriore condanna non definitiva, in contrasto con la ratio dell’istituto invocato.
Con successiva memoria, il ricorrente ha depositato copia del dispositivo della sentenza di secondo grado, sopravvenuto alla decisione impugnata, che lo assolve dall’ulteriore imputazione pendente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 I. 26 lugli 1975, n. 354 (Ord. pen.), è la principale misura alternativa alla detenzione, destinata ad attuare la finalità rieducativa della pena di cui all’art. 27, comma
terzo, Cost. Esso può essere adottato, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che il relativo regime, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire ad assicurare la menzionata finalità, prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato. Ciò che assume rilievo, rispetto all’affidamento, è l’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 33287 del 11/6/2013, COGNOME, Rv. 257001). Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 7/10/2010, COGNOME, Rv. 248984- 01; Sez. 1, n. 26754 del 29/5/2009, COGNOME, Rv. 244654-01; Sez. 1, n. 3868 del 26/6/1995, NOME, Rv. 202413-01).
Rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento sull’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, della misura alternativa in discorso, e l’effettuazione della prognosi sottostante (Sez. 1, n. 16442 del 10/2/2010, COGNOME, Rv. 247235). La relativa valutazione non è censurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/2/1992, COGNOME, Rv. 189375).
I motivi di ricorso, connessi e congiuntamente esaminabili, sono infondati, alla luce dei principi sopra esposti.
L’ordinanza impugnata resiste alle censure mosse in ricorso, di stampo meramente confutativo, e contro-valutativo, in un ambito appunto riservato alla discrezionalità del tribunale di sorveglianza, che nella specie risulta esercitata nei limiti logico-giuridici segnati dalla legge.
Nell’apprezzamento giudiziale assume, in effetti, giusto e preminente rilievo la considerazione della gravità dei crimini commessi e dell’insufficienza, in chiave dimostrativa dell’affidabilità esterna del condannato, dell’intrapreso percorso di emenda; insufficienza che risulta adeguatamente illustrata.
L’intervenuta assoluzione dall’imputazione pendente, che è comunque successiva alla decisione impugnata, non assume, in tale cornice valutativa, un rilievo determinate e non giustifica di per sé l’annullamento della decisione stessa.
Segue la reiezione del ricorso, con la condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/11/2023