Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12150 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12150 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GELA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/04/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CALTANISSETTA
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto la udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta rigettava le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e di detenzione domiciliare presentate da NOME COGNOME mentre lo ammetteva al regime di semilibertà a norma dell’art. 50 ord. pen.
Il giudice a quo, oltre a dichiarare inammissibile la detenzione domiciliare in virtù del fine pena superiore al limite di legge, rappresentava che l’approfondimento dell’attività di analisi ed esame svolta dall’RAGIONE_SOCIALE presso la RAGIONE_SOCIALE Gela aveva mostrato il miglioramento comportamentale dell’istante, il quale, infatti, aveva dimostrato consapevolezza rispetto ai reati commessi unitamente alla volontà di distaccarsi dalle logiche devianti del passato.
Inoltre, al netto della buona condotta detentiva mantenuta, si prendeva atto della validità delle risorse rappresentate dalla famiglia e dall’offerta di lavor verificata mediante accertamenti di polizia.
Dall’altra parte, tuttavia, si valorizzavano diversi elementi di rischio, idonei a formulare un giudizio di significativa pericolosità sociale, incompatibile con la concessione della misura alternativa più ampia.
In particolare, il Tribunale evidenziava come la circostanza che il medesimo fosse ricaduto in condotte gravemente disfunzionali in tempi successivi alle precedenti condanne, valutata unitamente alla gravità dei delitti precedentemente commessi, non consentivano di poter addivenire ad una prognosi favorevole circa l’idoneità della misura alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto dell’affidamento in prova.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione il difensore del condannato, affidando le proprie doglianze ad un unico motivo di ricorso, con cui deduce violazione dell’art. 47 Ord. pen. e contestuale vizio di motivazione, nella parte si assumono quali elementi preclusivi alla concessione dell’affidamento in prova la gravità dei precedenti penali e l’esistenza di un solo carico pendente.
Il ricorrente deduce che la motivazione posta alla base della decisione reiettiva sarebbe errata in quanto avrebbe, apoditticamente, considerato subvalenti una serie di fattori di cui, secondo la giurisprudenza di legittimità, si deve tener conto ai fini della formulazione di una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale del condannato all’esito della misura alternativa.
In particolare, il Giudicante non avrebbe tenuto in debito conto il contegno ed i progressi del condannato, raggiunti nel corso dell’esperienza carceraria, la situazione socio-familiare dell’istante, la possibilità seria di reinserimento nel contesto lavorativo di origine e la positiva relazione dell’equipe intramuraria la
quale, peraltro, si esprimeva in senso favorevole alla concessione delle misure alternative alla detenzione.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato, rilevando che il provvedimento è motivato in modo corretto e congruo ed è immune da vizi logici.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è, nel suo complesso, inammissibile.
Va ricordato che l’affidamento in prova al servizio sociale richiede che, attraverso la partecipazione all’opera di rieducazione, sia positivamente avviato quel processo di revisione critica dei disvalori che hanno determinato la condotta deviante; inoltre, la concessione della misura richiede il giudizio, ulteriore, di idoneità della misura al raggiungimento della completa emenda, in base al livello dei progressi compiuti nel trattamento.
Rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e rispondente ai canoni logici, il giudizio sull’idoneità o meno, a raggiungere tale risultato finale, delle vari misure alternative (tra le altre, Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caruso, Rv. 189375). Anzi, allorché il giudice di merito abbia accertato una rilevante propensione a delinquere del soggetto, desunta da specifici e numerosi precedenti penali e da varie pendenze giudiziarie, deve ritenersi giustificato il giudizio prognostico negativo in ordine alle probabilità di successo dell’applicazione di misure alternative al regime carcerario, tanto più se manchino concreti e precisi elementi indicativi del recupero sociale (Sez. 1, n. 11573 del 05/02/2013, Rv. 255362 – 01; Sez. 1, n. 4553 del 21/06/2000, Rv. 216914 – 01).
Invero, le fonti di conoscenza che il Tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare sono sia il reato commesso, i precedenti penali, le pendenze processuali e le informazioni di polizia sia la condotta carceraria ed i risultati dell’indagi socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, onde verificare la sussistenza di elementi positivi che facciano ragionevolmente ritenere la proficuità dell’affidamento, quali l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti passate, l’adesione ai valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante (Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, Rv. 277924).
In questo giudizio, non configura una ragione ostativa la mancata ammissione degli addebiti; occorre, invece, valutare se il condannato abbia accettato la sentenza e la sanzione irrogata, in quanto ciò che assume rilievo è l’evoluzione della personalità successivamente al fatto nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 10586 in data 8/2/2019, COGNOME, Rv. 274993).
Ne consegue che il diniego dell’affidamento in prova al servizio sociale è da ritenere adeguatamente motivato anche quando, nell’ambito di un giudizio prognostico che, per sua natura, non può che essere largamente discrezionale, venga indicata una sola ragione, purché plausibile, atta a far ritenere la scarsa probabilità di successo dell’esperimento, in relazione alle specifiche finalità dell’istituto (rieducazione del reo e prevenzione del pericolo che egli commetta ulteriori reati; in tal senso Sez. 1, n. NUMERO_DOCUMENTO del 10/01/2017, non mass. ).
Nel caso di specie, mentre il ricorso omette di confrontarsi con la principale ratio decidendi del provvedimento impugnato, il Tribunale non ha violato alcuno dei superiori principi.
Invero, il giudice a quo ha valorizzato, in un giudizio unitario, con motivazione che risulta congrua, immune da illogicità manifesta e fedele alle risultanze istruttorie, la gravità dei reati commessi e dei carichi pendenti e coerentemente, come sottolineato dal Sostituto Procuratore Generale nella requisitoria scritta, pur comparando tali elementi con il parere favorevole espresso dall’ RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto di escludere la possibilità di formulare un giudizio prognostico positivo circa il buon esito dell’affidamento in prova e di prevenzione del pericolo di recidiva.
Inoltre, secondo l’insegnamento di questa Corte, il giudice, nell’esaminare le relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del condannato, non è, in alcun modo, vincolato dai giudizi di idoneità ivi espressi / ma è tenuto soltanto a considerare le riferite informazioni sulla personalità e lo stile di vi dell’interessato, parametrandone la rilevanza ai fini della decisione alle istanze rieducative e ai profili di pericolosità dell’interessato, secondo la gradualità che governa l’ammissione ai benefici penitenziari (Sez. 1, Sentenza n. 23343 del 23/03/2017 , Rv. 270016).
Ed è esattamente questa la linea interpretativa seguita dal Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta il quale, pur dando prova di aver valutato le informazioni ricevute dall’equipe intramuraria relative al percorso ed alla situazione di COGNOME, tanto da porle a fondamento della decisione di ammetterlo al al regime di semilibertà, in ossequio get principio della gradualità dei benefici penitenziari (cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 50026 del 04/06/2018, Rv. 274513 – 01) ha optato per la concessione di una misura alternativa meno
ampia / ma comunque reputata idonea a creare le condizioni per un progressivo reinserimento nella società.
In conclusione, la valutazione, di merito, condotta dal Tribunale di sorveglianza risulta sottratta a qualunque possibilità di sindacato in sede di legittimità, non facendo emergere alcun vizio motivazionale e profili di contrasto con il dato normativo.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e il ricorrente deve essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, valutati i profili di colpa nel ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000) in ragione del motivo devoluto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
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Il Presidente