Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3072 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3072 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE ORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI PALERMO “r•Jr-Z, GLYPH ‘ ot’; COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME, che ha chiesto una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Palermo accoglieva l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da NOME COGNOME.
Il Tribunale, pur tenuto conto della gravità del fatto delittuoso oggetto della condanna (omicidio imputabile a colpa medica), ha ritenuto di accogliere la richiesta del condannato, dopo aver formulato una sicura prognosi di non recidivanza, avendo anche l’interessato cessato la sua attività professionale. Era stata da lui comunque operata, o comunque avviata, una congrua revisione critica rispetto al delitto commesso; era stato risarcito almeno parzialmente il danno cagionato; era stata data la disponibilità ad intraprendere attività di volontariato.
Il Tribunale ha, in definitiva, considerato sufficienti, ai fini della rieducazion del condannato, le prescrizioni proprie della misura alternativa invocata, in presenza di un adeguato contesto familiare e sociale e di un quadro clinico comportante la necessità di frequenti contatti con i presidi sanitari territoriali.
Avverso il suddetto provvedimento propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo, denunciando la violazione dell’art. 47 Ord. pen.
Il ricorrente contesta il presupposto dell’avviata revisione critica da parte del condannato, a suo dire smentita dagli atti. COGNOME avrebbe, da ultimo, mostrato una resipiscenza solo apparente e strumentale, al fine di ottenere i benefici penitenziari; per tutto il corso del processo, egli non avrebbe viceversa dato segno alcuno di pentimento.
Nonostante la capacità economica, sua e del nucleo familiare, il condannato avrebbe provveduto al risarcimento del danno in misura largamente insufficiente. L’allontanamento dalla professione sarebbe derivato solo dal clamore mediatico, conseguente al fatto per cui era stato condannato.
Alla luce, dunque, della gravità del fatto stesso e del quadro clinico come prospettato, che non consentirebbe di svolgere la prevista attività di volontariato, sarebbe stato preferibile dare corso alla carcerazione presso un istituto di pena dotato di idonea struttura sanitaria
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 I. 26 lugli 1975, n. 354 (Ord. pen.), è la principale misura alternativa alla detenzione,
destinata ad attuare la finalità rieducativa della pena di cui all’art. 27, comma terzo, Cost. Esso può essere adottato, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che il relativo regime, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire ad assicurare la menzionata finalità, prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato. Ciò che assume rilievo, rispetto all’affidamento, è l’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 33287 del 11/6/2013, COGNOME, Rv. 257001). Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 7/10/2010, COGNOME, Rv. 248984- 01; Sez. 1, n. 26754 del 29/5/2009, COGNOME, Rv. 244654-01; Sez. 1, n. 3868 del 26/6/1995, NOME, Rv. 202413-01). Non si configurano, come ragioni ostative decisive, la mancata ammissione degli addebiti (occorrendo piuttosto valutare, nella citata prospettiva evolutiva, se il condannato abbia accettato la sentenza e la sanzione inflittagli: Sez. 1, n. 10586 del 8/2/2019, COGNOME, Rv. 274993; Sez. 1, n. 33287 del 11/6/2013, COGNOME, Rv. 257001; Sez. 1, n. 13445 del 5/3/2013, COGNOME, Rv. 255653), ovvero il mancato soddisfacimento delle obbligazioni civili (a meno che questo non si traduca, nel concreto apprezzamento delle condizioni economiche del reo, in ingiustificata indisponibilità: Sez. 1, n. 39266 del 15/6/2017, COGNOME, Rv. 271226; Sez. 1, n. 5981 del 21/9/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269033; Sez. 1, n. 39474 del 25/9/2007, COGNOME, Rv. 237740; Sez. 1, n. 30785 del 9/7/2001, COGNOME, Rv. 219606). Non è neppure necessaria la sussistenza di un lavoro già disponibile, potendo tale requisito essere surrogato da un’attività socialmente utile, anche di tipo volontaristico (Sez. 1, n. 18939 del 26/2/2013, E.A., Rv. 256024; Sez. 1, n. 26789 del 18/6/2009, COGNOME, 244735; Sez. 1, n. 5076 del 21/9/1999, COGNOME, Rv. 214424). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento sull’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, della misura alternativa in discorso, e l’effettuazione della prognosi sottostante (Sez. 1, n. 16442 del 10/2/2010, COGNOME, Rv. 247235). La relativa valutazione non è censurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/2/1992, COGNOME, Rv. 189375).
Nel caso di specie, il Tribunale palesemente non ha violato alcuno dei principi sopra illustrati e ha reso una motivazione in tutta evidenza congrua.
Esso ha valorizzato, in seno a giudizio unitario e con argomentazioni logiche e fedeli alle risultanze procedimentali, la gravità del reato commesso, ma ha altresì ritenuto che il condannato avesse avviato un proficuo percorso di revisione critica, si fosse adoperato per porre sia pure parziale riparo al danno sociale inferto, e avesse quindi dimostrato quell’evoluzione favorevole di personalità tale da permettere l’accesso all’invocata misura alternativa.
Le censure mosse in ricorso appaiono di stampo meramente confutativo, e contro-valutativo, in un ambito appunto riservato alla discrezionalità del giudice di sorveglianza, che nella specie risulta chiaramente esercitata nei limiti logicogiuridici segnati dalla legge.
Dalle considerazioni sin qui espresse deriva l’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso, il 17 novembre 2023.