Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1232 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1232 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FOGGIA il 14/11/1970
avverso l’ordinanza del 26/01/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 3 febbraio 2023, il Tribunale di sorveglianza di Bari dichiarava inammissibile l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da NOME COGNOME non essendo stato l’istante reperito presso il domicilio eletto all’atto della presentazione della richiesta, né al domicilio fittizio attribuitogli dall’Anagrafe, e stante dunque l’irreperibilità di fatto del soggetto, che non consentiva di valutare la domanda nel merito.
Avverso il suddetto provvedimento COGNOME interpone ricorso per cassazione a mezzo del difensore, avv. NOME COGNOME lamentando violazione di legge in relazione agli artt. 159 e 677, comma 2 bis, cod. proc. pen. e contestuale vizio di motivazione. Deduce la Difesa come erroneamente sia stato dichiarato irreperibile l’istante non essendo state completate tutte le ricerche e gli accertamenti previsti dall’art. 159 cod. pen. Errata risulta conseguentemente la declaratoria di inammissibilità dell’istanza proposta.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME ha chiesto che venga dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Va subito chiarito come, dall’esame dell’impugnato provvedimento, emerga con chiarezza che la declaratoria di inammissibilità dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale sia stata pronunciata in considerazione della irreperibilità di fatto del soggetto, e non per la mancanza di elezione di domicilio ex art. 677 comma 2 bis cod. proc. pen.
Il Tribunale ha condivisibilmente ritenuto che l’inidoneità del domicilio dichiarato e la irreperibilità di fatto del COGNOME avesse reso impossibile qualsiasi accertamento prodrornico e necessario ai fini della valutazione dell’istanza.
Così chiarito il significato della decisione impugnata, si appalesa del tutto distonico il richiamo effettuato in ricorso alla procedura necessaria per una declaratoria di irreperibilità ai sensi dell’art. 159 cod. pen.: nel caso che ci occupa infatti è pacifico che non vi sia stata alcuna dichiarazione formale di irreperibilità, avendo il Tribunale esclusivamente rilevato l’irreperibilità di fatto dell’interessato, il quale non è stato reperito presso il domicilio eletto all’atto di presentazione dell’istanza, né al domicilio fittizio attribuitogli dall’Anagrafe, ed in assenza di ulteriori informazioni.
Va infatti ricordato che per le caratteristiche della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale e per le modalità di attuazione concreta, è richiesto un contatto diretto fra il servizio sociale e la persona del sottoposto, sia prima dell’applicazione del beneficio per consentire la raccolta delle informazioni indispensabili, sia nel corso della sua esecuzione, atteso che soltanto in presenza di detta condizione può essere valutato il comportamento e, segnatamente, l’osservanza delle prescrizioni concernenti i rapporti con il servizio sociale, la dimora, la libertà di locomozione, il divieto di certe frequentazioni, il lavoro da svolgere (sez. 1, n. 4322 del 24/6/1996, Messina, rv. 205695). L’irreperibilità del condannato al momento della decisione sulla sua richiesta di misura alternativa alla detenzione può, dunque, essere considerata circostanza atta a precludere raccoglimento dell’istanza, nella misura in cui si riveli, in concreto, sintomatica di disinteresse per la procedura e impedisca in modo assoluto la verifica della sussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio invocato (sez. 1, n. 12411 del 20/12/2000, dep. 28/3/2001, Sow, rv. 218455; sez. 1, n. 52782 del 9/03/2017, Kouwate, non massimata, in motivazione; sez. 1, n. 22442 del 17/01/2019, COGNOME, rv. 276191).
Questa Corte d’altronde, come peraltro correttamente riportato in ricorso, GLYPH ha già affermato che è inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale ove la stessa sia priva della indicazione della residenza e dell’ambiente di inserimento, lavorativo o meno. Tale carenza, infatti, impedisce la valutazione delle prospettive di rieducazione e di prevenzione, cui è subordinata l’ammissione al beneficio, e non consente neppure di acquisire le necessarie notizie attraverso informative dei competenti servizi sociali, a norma dell’art. 666 c.p.p., comma 5. D’altra parte, la mancanza di una stabile residenza non consente neppure il necessario supporto ed il costante controllo del servizio sociale e del magistrato di sorveglianza del luogo, competente ad adeguare le prescrizioni alle concrete esigenze trattamentalí (Sez. I, n. 23236 del 08 giugno 2021).
Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.09 Così deciso il 29 settembre 2023