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Affidamento in prova: irreperibilità e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di inammissibilità di una richiesta di affidamento in prova al servizio sociale a causa della semplice irreperibilità di fatto del richiedente. La Corte ha stabilito che non è necessaria una dichiarazione formale di irreperibilità secondo il codice di procedura, poiché la mancata reperibilità del soggetto impedisce di per sé le necessarie valutazioni prodromiche alla concessione del beneficio, dimostrando disinteresse per il percorso rieducativo.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in prova: la Cassazione conferma lo stop in caso di irreperibilità

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento per il recupero del condannato, offrendo un’alternativa concreta alla detenzione. Tuttavia, l’accesso a tale beneficio è subordinato a precisi presupposti, la cui verifica è essenziale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 1232/2024) ha fatto luce su un ostacolo insormontabile: l’irreperibilità di fatto del richiedente. Vediamo come la Corte ha stabilito che essere semplicemente “introvabili” è sufficiente per dichiarare inammissibile la domanda, senza bisogno di procedure formali.

I Fatti del Caso: Una Richiesta Senza Richiedente

Un soggetto condannato presentava istanza per essere ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale. Il Tribunale di Sorveglianza competente, tuttavia, dichiarava la richiesta inammissibile. La motivazione era tanto semplice quanto perentoria: il richiedente non era stato trovato né presso il domicilio eletto al momento della presentazione della domanda, né presso il domicilio fittizio registrato all’anagrafe. Questa “irreperibilità di fatto” rendeva impossibile svolgere qualsiasi accertamento prodromico e necessario per valutare nel merito la concessione della misura alternativa.

Il Ricorso in Cassazione: Una Questione di Forma?

La difesa del condannato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo una violazione di legge. Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato l’irreperibilità senza aver seguito la procedura formale prevista dall’art. 159 del codice di procedura penale, che richiede specifiche ricerche e accertamenti. L’argomento difensivo si concentrava quindi su un vizio procedurale, ritenendo che la semplice mancata reperibilità non potesse, da sola, giustificare una declaratoria di inammissibilità.

Le Motivazioni della Suprema Corte: La Sostanza Prevale sulla Forma nell’Affidamento in Prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e chiarendo un punto di diritto cruciale. Gli Ermellini hanno spiegato che il Tribunale di Sorveglianza non ha emesso una dichiarazione formale di irreperibilità ai sensi dell’art. 159 c.p.p., ma ha semplicemente preso atto di una situazione di fatto: l’impossibilità di rintracciare il richiedente.

Questa condizione fattuale, secondo la Corte, è di per sé ostativa alla valutazione della domanda. Le caratteristiche proprie dell’affidamento in prova richiedono un contatto diretto e costante tra i servizi sociali e il condannato. Questo contatto è indispensabile:

1. Prima dell’applicazione del beneficio: per raccogliere tutte le informazioni necessarie a valutare la persona, il suo ambiente familiare, sociale e lavorativo, e le sue prospettive di rieducazione.
2. Durante l’esecuzione della misura: per monitorare il comportamento, l’osservanza delle prescrizioni (dimora, frequentazioni, lavoro) e l’andamento del percorso rieducativo.

L’irreperibilità del condannato al momento della decisione sulla sua stessa richiesta diventa, quindi, una circostanza che:

* Rivela disinteresse: è sintomatica di una scarsa attenzione verso la procedura e il percorso di reinserimento che si chiede di intraprendere.
* Impedisce la verifica: rende materialmente impossibile l’accertamento dei presupposti per la concessione del beneficio.

La Corte ha ribadito che un’istanza priva di indicazioni concrete sulla residenza e sull’ambiente di inserimento è manifestamente infondata, poiché non consente di valutare le prospettive di rieducazione e prevenzione.

Le Conclusioni: Reperibilità come Requisito Essenziale

La sentenza in esame stabilisce un principio netto: la reperibilità del soggetto non è un mero dettaglio formale, ma un presupposto sostanziale per poter accedere all’affidamento in prova. La sua assenza è un ostacolo insuperabile che giustifica la declaratoria di inammissibilità dell’istanza. Chi aspira a una misura alternativa alla detenzione deve dimostrare collaborazione e serietà fin dal primo momento, garantendo la propria disponibilità per le valutazioni dell’autorità giudiziaria e dei servizi sociali. In caso contrario, la porta verso il percorso rieducativo esterno al carcere rimane, giustamente, chiusa.

È necessaria una dichiarazione formale di irreperibilità per negare l’affidamento in prova?
No, la sentenza chiarisce che la semplice “irreperibilità di fatto” del richiedente, ovvero la sua concreta impossibilità di essere rintracciato, è sufficiente a rendere l’istanza inammissibile senza che sia necessario seguire la procedura formale di legge per la dichiarazione di irreperibilità.

Perché l’irreperibilità di fatto impedisce la concessione dell’affidamento in prova?
Perché impedisce in modo assoluto la verifica dei presupposti necessari per la concessione della misura. Questa valutazione richiede un contatto diretto tra i servizi sociali e il condannato per raccogliere informazioni sulla sua persona, sull’ambiente di inserimento e sulle prospettive di rieducazione.

Cosa dimostra, secondo la Corte, l’irreperibilità del condannato che chiede una misura alternativa?
L’irreperibilità viene considerata una circostanza sintomatica di disinteresse per la procedura e per il percorso di reinserimento sociale. Inoltre, costituisce un ostacolo concreto che impedisce al Tribunale di valutare la domanda nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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