Affidamento in Prova: Quando Nuovi Fatti Ne Determinano l’Inefficacia
L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una fondamentale misura alternativa alla detenzione, mirata al reinserimento del condannato. Tuttavia, la sua concessione si basa su una valutazione prognostica positiva circa il comportamento futuro del soggetto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce cosa accade quando questa valutazione viene smentita da nuovi fatti gravi, commessi dal condannato. Il caso analizzato riguarda la declaratoria di inefficacia di un affidamento in prova a seguito dell’emissione di una nuova misura cautelare per reati della stessa indole.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta, aveva ottenuto la concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale dal Tribunale di Sorveglianza. Durante l’esecuzione di tale misura, però, nei suoi confronti veniva emessa una nuova ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari. Il nuovo procedimento penale lo vedeva accusato di fatti analoghi a quelli per cui era stato condannato, ovvero ulteriori episodi di bancarotta, inseriti nel medesimo contesto temporale e associativo.
La Decisione del Tribunale di Sorveglianza
Alla luce della nuova misura cautelare, il Tribunale di Sorveglianza dichiarava l’inefficacia dell’ordinanza con cui aveva precedentemente concesso l’affidamento. Secondo il Tribunale, i nuovi e gravi indizi di colpevolezza, emersi a carico del condannato, dimostravano che la valutazione prognostica positiva, posta a fondamento della concessione della misura alternativa, era fallace. In altre parole, se i fatti oggetto della nuova misura cautelare fossero stati noti al momento della decisione sull’affidamento, questo non sarebbe mai stato concesso.
L’Affidamento in Prova e i Motivi del Ricorso in Cassazione
Contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza, la difesa del condannato proponeva ricorso per Cassazione. Le censure si concentravano sulla presunta violazione di legge e sulla mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Secondo il ricorrente, il Tribunale aveva errato nel fondare la declaratoria di inefficacia, basandosi su un presupposto fallace e senza un’adeguata argomentazione. La difesa sosteneva che il ricorso non conteneva mere doglianze di fatto, ma evidenziava una reale carenza motivazionale.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Gli Ermellini hanno stabilito che le censure sollevate dalla difesa non erano ammissibili in sede di legittimità, in quanto si traducevano in “mere doglianze versate in fatto”. Il ricorrente, infatti, chiedeva alla Suprema Corte una nuova valutazione degli elementi già esaminati dal Tribunale di Sorveglianza, un’operazione preclusa in Cassazione.
La Corte ha sottolineato che il ragionamento del Tribunale di Sorveglianza era stato logico, coerente e giuridicamente ineccepibile. La sopravvenuta misura cautelare per reati della stessa natura di quelli per cui era intervenuta la condanna costituiva un elemento di tale gravità da minare alla radice il giudizio prognostico favorevole che aveva consentito la concessione dell’affidamento in prova. Il Tribunale aveva correttamente considerato i nuovi fatti come inseriti “nel medesimo filone del reato di bancarotta”, evidenziando un contributo di carattere associativo che, se noto in precedenza, avrebbe impedito il beneficio.
Le Conclusioni
La decisione in commento ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena: la valutazione per la concessione di una misura alternativa è dinamica e può essere rivista alla luce di elementi sopravvenuti. La commissione di nuovi reati, soprattutto se omogenei a quelli per cui si è stati condannati, è un fatto che incide profondamente sulla prognosi di reinserimento sociale. La Cassazione conferma che, in tali circostanze, è legittimo dichiarare l’inefficacia dell’affidamento in prova, poiché viene meno il presupposto fiduciario su cui la misura si fonda. Il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza non è quindi frutto di una motivazione illogica, ma di una corretta applicazione dei principi che governano le misure alternative alla detenzione.
Una nuova misura cautelare può rendere inefficace un affidamento in prova già concesso?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che una nuova misura cautelare, emessa per fatti gravi e analoghi a quelli della condanna originaria, può portare alla declaratoria di inefficacia dell’affidamento in prova. Questo accade perché i nuovi elementi dimostrano che la valutazione positiva iniziale sul condannato era errata.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni della difesa erano considerate “mere doglianze in fatto”. Il ricorrente chiedeva una rivalutazione delle prove, compito che spetta al giudice di merito (il Tribunale di Sorveglianza) e non alla Corte di Cassazione, che si limita a verificare la corretta applicazione della legge.
Qual è il criterio per valutare la rilevanza dei nuovi fatti ai fini della revoca dell’affidamento?
Il criterio fondamentale è valutare se i nuovi fatti, qualora fossero stati noti al momento della concessione della misura alternativa, avrebbero impedito tale concessione. Se la risposta è affermativa, come nel caso di specie dove i nuovi reati erano della stessa natura e inseriti in un contesto associativo, è legittimo dichiarare inefficace l’affidamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3522 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3522 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/06/2023 él TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO INDIRIZZO INDIRIZZO / udita la relazione svolta dal Cons AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME COGNOME nel quale il difensore AVV_NOTAIO si duole della inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., evidenziando la fallacità del presupposto della declaratoria di inefficacia dell’ordinanza del Tribunale dì sorveglianza di Torino, che aveva concesso al suddetto condannato la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena di anni due, mesi nove e giorni uno di reclusione (già computato il periodo presofferto, rispetto alla pena principale di anni tre e mesi di reclusione, inflitta con sentenza del 09/07/2021 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alessandria, in relazione al reato di bancarotta fraudolenta in concorso, commesso nel 2019) – non sono consentite in sede di legittimità, in quanto costituite da mere doglianze versate in fatto, volte a sollecitare una rivalutazione degli elementi di valutazione e conoscenza posti a fondamento della impugnata decisione, oltre che ad esaltare dedotti spunti di contraddittorietà, che risultano – al contrario – del tutto assenti nel testo dell’impugnato provvedimento. La difesa ha poi presentato memoria, a mezzo della quale ha contestato l’assunto della presenza, nell’impugnazione, di doglianze in mero punto di fatto, affermando come le stesse rilevino, al contrario, in termini di carenza di motivazione; all’esito, ha chiesto non dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
Dette censure sono, altresì, riproduttive di argomentazioni già adeguatamente vagliate e disattese, secondo un ineccepibile argomentare giuridico, dal Tribunale di sorveglianza di Torino. Invero, detto Tribunale ha preso in considerazione la univoca significazione della sopravvenuta misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa a carico del ricorrente. In particolare, l’ordinanza impugnata considera i fatti colà posti a fondamento della ritenuta gravità indiziaria, come inseriti nel medesimo filone del reato di bancarotta, in relazione al quale era intervenuta la succitata condanna ed era stata concessa la misura alternativa alla detenzione; trattasi, inoltre, di condotte temporalmente collocate nel medesimo contesto storico, rispetto ai fatti per i quali è già intervenuta condanna. Emerge quindi, secondo il non contraddittorio e, pertanto, insindacabile giudizio di merito operato dal Tribunale di sorveglianza di Torino, un contributo di carattere associativo, che è di tale rilievo che avrebbe impedito – laddove fosse stato, al tempo, già noto – la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve esse dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento una somma in favore della Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 07 dicembre 2023.