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Affidamento in prova: il no della Cassazione

Un individuo condannato per lesioni aggravate si è visto negare l’affidamento in prova. La richiesta è stata respinta dal Tribunale di Sorveglianza a causa della sua mancata presentazione, non giustificata, a un colloquio con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) e per una valutazione complessivamente negativa della sua condotta di vita. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile e sottolineando che la collaborazione del condannato è fondamentale per la concessione di benefici alternativi alla detenzione.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: Quando la Mancata Collaborazione Costa la Libertà

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una fondamentale misura alternativa alla detenzione, mirata al reinserimento del condannato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione approfondita del giudice sulla personalità e sulla condotta del soggetto. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce come la mancata collaborazione con le istituzioni, come l’UEPE, possa precludere l’accesso a questo beneficio, anche a fronte di una pena relativamente breve.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo, in stato di libertà, condannato a una pena di un anno, dieci mesi e sedici giorni di reclusione per il reato di lesioni aggravate. In attesa dell’esecuzione della pena, l’interessato presentava istanza per ottenere l’affidamento in prova o, in subordine, la detenzione domiciliare. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, tuttavia, respingeva entrambe le richieste.

La decisione del Tribunale si fondava principalmente su un elemento specifico: la mancata presentazione del condannato a una convocazione presso l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) di Latina. Tale colloquio era essenziale per consentire ai servizi sociali di redigere una relazione sulla sua attuale situazione di vita, un documento cruciale per la valutazione del giudice.

La Valutazione sull’Affidamento in Prova e il Ricorso in Cassazione

L’uomo, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione. La difesa sosteneva che l’assenza all’appuntamento con l’UEPE era dovuta a un impedimento oggettivo: il ricorrente, residente sull’isola di Ponza, era rimasto bloccato a causa della cancellazione del traghetto per la terraferma. Pur ammettendo di non aver comunicato tempestivamente l’impedimento, la difesa riteneva la decisione del Tribunale eccessivamente severa, basata su un singolo episodio.

La Cassazione, però, ha ritenuto il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno chiarito che le argomentazioni della difesa costituivano doglianze di fatto, non contestabili in sede di legittimità, dove la Corte valuta solo la corretta applicazione della legge e non può riesaminare le circostanze materiali del caso.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha validato pienamente l’operato del Tribunale di Sorveglianza, definendo la sua decisione logica, coerente e basata su un corretto esercizio del potere discrezionale. Secondo la Cassazione, il giudice di merito non si è limitato a considerare la singola assenza, ma ha valutato la condotta di vita complessiva del soggetto, definendola “non tranquillizzante” in una prospettiva di risocializzazione.

Questa valutazione negativa, unita alla mancata e non giustificata risposta alla convocazione dell’UEPE, è stata legittimamente interpretata come un ostacolo alla conoscenza approfondita della situazione attuale del condannato. In altre parole, la sua negligenza nel comunicare l’impedimento e la sua condotta generale hanno indotto il Tribunale a usare la massima cautela, negando i benefici richiesti. La collaborazione attiva del condannato non è un optional, ma un presupposto per dimostrare la volontà di intraprendere un percorso di reinserimento.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale nell’esecuzione della pena: l’accesso a misure alternative come l’affidamento in prova richiede un atteggiamento proattivo e responsabile da parte del condannato. La mancata presentazione a un colloquio con l’UEPE non è una semplice formalità, ma un indicatore significativo della sua affidabilità e della sua volontà di cambiamento. La decisione del giudice di sorveglianza si basa su una valutazione complessiva che tiene conto non solo del reato commesso, ma anche del comportamento tenuto successivamente, il quale deve essere coerente con un progetto di reinserimento sociale.

Può la mancata presentazione a un appuntamento con l’UEPE causare il rigetto della richiesta di affidamento in prova?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la mancata e non giustificata risposta a una convocazione dell’UEPE può essere legittimamente considerata un elemento ostativo alla concessione del beneficio, in quanto impedisce la necessaria valutazione della situazione attuale del condannato.

Il giudice ha piena discrezionalità nel concedere misure alternative alla detenzione?
Il giudice ha un ampio potere discrezionale nel valutare se concedere o meno benefici come l’affidamento in prova. Tale potere deve essere esercitato in modo logico e non contraddittorio. La valutazione si basa su un’analisi complessiva della condotta del soggetto, non solo sul reato commesso.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sul comportamento del condannato?
No, in linea di principio non è possibile. Il ricorso in Cassazione serve a contestare errori di diritto (violazioni di legge), non a chiedere una nuova valutazione dei fatti o del comportamento dell’imputato. Tali valutazioni, se adeguatamente motivate, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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