Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35684 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35684 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Taranto il DATA_NASCITA Avverso l’ordinanza n. 1686/2025 del Tribunale di sorveglianza di Lecce del 5 – 6 giugno 2025; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona della AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con ordinanza depositata il 6 giugno 2025 il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha rigettato l’istanza presentata il 23 agosto 2024 nell’interesse di NOME COGNOME, in atto sottoposto alla misura della detenzione domiciliare ex art. 56 legge n. 689/81, volta ad ottenere, ex art. 47 ord. pen., l’affidamento in prova al servizio sociale.
Ha evidenziato, a fondamento della decisione, che, non essendo stato prospettato nel corpo della richiesta lo svolgimento di alcuna attività lavorativa o socialmente
utile da parte del COGNOME, non sia possibile formulare un giudizio prognostico circa l’esistenza di una «buona prospettiva risocializzante necessaria per la concessione del beneficio di cui all’art. 47 ord. pen.».
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo con il quale lamenta, ex art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art. 47 ord. pen. nonché la contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato.
Il difensore lamenta che il percorso argomentativo dell’ordinanza – che fonda il decisum, in via esclusiva, sull’apprezzamento della mancanza per il condannato di una prospettiva lavorativa – si pone in patente contrasto con il canone ermeneutico ormai da tempo consolidatosi in seno al supremo consesso, canone che, peraltro, è stato, di recente, elevato dal legislatore a norma di legge attraverso l’inserimento, nel corpo dell’art. 47 ord. pen., del comma 2 bis, introdotto dall’art. 10 bis del d.l. n. 92/114, convertito in I. n. 112/24.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata e trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Lecce per l’ulteriore corso richiamando il principio di diritto consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità secondo il quale la mancata allegazione di svolgimento di un’attività lavorativa non costituisce condizione ostativa all’applicabilità della misura alternativa alla detenzione «trattandosi di parametro apprezzabile unitamente agli altri elementi sottoposti alla valutazione del giudice di merito, nell’ottica di un conclusivo giudizio prognostico favorevole al reinserimento del condannato nella società» (Sez. 1, sent. n. 26879 del 18 giugno 2009, COGNOME, Rv 244735).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è meritevole di accoglimento.
Va premesso che l’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.), è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire ad una già avviata risocializzazione e prevenire così il pericolo di ricaduta nel reato. Primo presupposto per l’ammissione al beneficio è, quindi, il fatto che il processo
di emenda sia significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già
conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, NOME, Rv. 202413), tanto che, ove il presupposto dell’emenda non sia riscontrato, o non lo sia nella misura reputata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena – diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47 ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare – misura alla quale, come detto, il COGNOME è in atto sottoposto – alla sola condizione che sia scongiurato il pericolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745).
Il giudizio in merito alla concessione del beneficio di cui all’art. 47 ord. pen. s fonda sull’osservazione dell’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale: è infatti consolidato, presso la giurisprudenza di legittimità, l’indirizz ermeneutico secondo cui «in tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non potendo prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e dai procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la condotta successivamente serbata dal condannato» (Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S., Rv. 273985), in tal senso deponendo il tenore letterale dell’art. 47, commi 2 e 3, legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui condiziona l’affidamento al convincimento che esso, anche attraverso le prescrizioni impartite al condannato, contribuisca alla sua rieducazione ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
Tra gli indicatori utilmente apprezzabili in detta ottica soccorrono allora la considerazione dell’assenza di nuove denunce, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17 settembre 2018, S., Rv 273985).
Tra gli elementi positivi che possono legittimare un giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova nell’ottica di prevenzione del pericolo di recidiva rientra, ancora, lo svolgimento di attività lavorativa da parte del condannato in stato di libertà o, per chi sia privo di opportunità di inserimento nel mondo del lavoro, anche l’ammissione ad un idoneo servizio di volontariato oppure ad un’attività di pubblica utilità senza rennunerazione nelle forme e con le modalità di cui agli artt. 1, 2 e 4 del decreto del Ministero della giustizia del 26 marzo 2001, come stabilito dal comma 2 bis dell’art. 47 ord. pen. introdotto dal legislatore con d.l. n. 92/ 24 convertito dalla I. 112/24.
Lo svolgimento di un’attività lavorativa non si configura, però, come requis indefettibile per l’accesso alla misura (Sez. 1, n. 26789 del 18/6/2009, Genn Rv. 244735), ma costituisce solo uno degli aspetti idonei a concorrere a formazione del giudizio prognostico.
GLYPH Il confronto con i principi appena enunciati palesa, ad opinione di quest Corte, la patente inadeguatezza della motivazione dell’ordinanza impugnata.
Nel suo corpo, infatti, il Tribunale di sorveglianza, dopo aver anzitutto richia i precedenti penali sofferti dal COGNOME, aver poi evidenziato l’assenza di annotaz nel certificato dei carichi pendenti ed aver da ultimo operato un sintetico richi al contenuto delle relazioni delle forze dell’ordine, nelle quali si attest condannato non ha violato la misura cui è sottoposto e non ha mantenuto frequentazione con soggetti di interesse operativo, ha però conclusivament fondato il proprio giudizio sull’assorbente considerazione della manca prospettazione di attività lavorativa.
Così facendo ha trascurato di operare la prescritta valutazione sintetica di si dato alla luce di tutti le altre acquisizioni al compendio, ha omesso, cio apprezzare se queste ultime integrino o meno la valenza di indicatori positivi possano legittimare un giudizio prognostico di buon esito della prova e valutarne, comunque, il peso specifico rispetto all’unica circostanza di oggetto di apprezzamento.
Quanto appena illustrato impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Lecce per un nuovo giudizio, libero nell’esito ma emendato dal segnalato profilo critico.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Lecce.
Così deciso il 29 ottobre 2025
Il Co igliere est sore js
Il Presidente